Dal Qe più una bolla (doppia) che coriandoli

scritto da il 30 Aprile 2015

Durante una delle più noiose e grigie conferenze stampa di sempre della Bce, appena prima che inattesi coriandoli giungessero a colorarla, Mario Draghi ha lasciato entrare nella sala un fantasma:

“I timori relativi ad una scarsità di titoli sono prematuri e non supportati dall’evidenza”

Una frase rivelatrice di un problema che non sta solo nelle fantasie degli osservatori più acuti, ma che – sebbene sia “prematuro”- è una questione reale, concreta. Il piano di acquisto di titoli della Bce, il Quantitative Easing, è iniziato da poco più di un mese e proseguirà per almeno altri diciassette, ma la presenza di un compratore forte e “obbligato” sta spingendo i prezzi di tutti i titoli in alto ed i rendimenti sempre più in basso, verso lo zero.

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Anzi sottozero, in molti casi: i titoli tedeschi presentano rendimenti negativi (fino ad un paio di giorni fa persino sulle scadenze di 9 anni) e molti di essi, sempre di più, escono dal perimetro dei titoli comprabili dalla Banca Centrale, che si è impegnata a non acquistare titoli con rendimento inferiore al tasso ufficiale di deposito (attualmente -0,2%).

Che sia un’astuzia per garantirsi l’appoggio tedesco per un eventuale ulteriore taglio dei tassi? Facezie a parte, l’intervento non convenzionale della Bce è arrivato così tardi che si rivela più funzionale per i mercati e per le speculazioni che non per i cittadini ed il rilancio dell’economia reale. La causa di questo, però, va ricercata nello schema farraginoso su cui è costruita l’Europa e nei meccanismi che stanno dietro le nomine nella Bce: il Consiglio Generale riunisce i banchieri centrali nazionali, che sono governati dai governi dei loro paesi, mentre i membri del Consiglio Direttivo vengono scelti dal Consiglio d’Europa, ma i singoli governi nazionali possono opporre un diritto di veto.

Le dinamiche politiche nazionali, che sottendono a interessi locali ed obiettivi elettorali di politica interna, giocano dunque un ruolo cruciale in un’istituzione che dovrebbe essere ispirata totalmente da principi comunitari. L’inefficiente lentezza con cui siamo giunti a questo QE non è dunque un’eccezione, ma l’espressione della “normalità operativa” della Bce, almeno finché non si ridurrà la sua dipendenza dalle politiche dei singoli paesi membri.

Tornando alla questione della rarità dei titoli disponibili, il contesto attuale induce gli operatori ad assumere un atteggiamento “chiudi gli occhi e compra tutto ciò che respira” nella prospettiva di un bilancio Bce destinato a gonfiarsi ancora e ancora.

Confidando nell’efficacia del QE comprano anche titoli trentennali con rendimenti inferiori al 2%. Ma chi confida nel QE sa che proseguirà finché l’inflazione non tornerà a quel 2% e non può non considerare che quando esso riuscirà nel suo intento quei titoli trentennali saranno titoli da scaricare velocemente: chi li compra è un “folle” che spera che qualcuno ancora più “folle” li compri a prezzi ancora più alti (ovvero a rendimenti ancora più bassi). Tutti i partecipanti a questo gioco sanno, insomma, che alla fine qualcuno resterà col proverbiale cerino in mano.

Contemporaneamente i tassi così ridotti e la timida silhouette di una ripresa economica stanno inducendo le banche a concedere credito con più facilità, situazione che in Italia -con l’introduzione da giugno di una bad bank – dovrebbe ulteriormente accelerare. Da parte delle banche italiane c’è anche, forte, l’esigenza di alienare i tanti immobili che per effetto della crisi si sono ritrovate a pignorare. A questo scopo i principali istituti di credito hanno confezionato delle società interne ad hoc di Real Estate, che si faranno veicolo della domanda di mutui. Il credito facile, si sa, dopo una prima fase di spinta positiva per l’economia, si tramuta facilmente in una “bolla del credito”.

E’ assolutamente presto (vien da dire “prematuro” pensando a Draghi) per preoccuparsene concretamente, ma il rischio che stiamo correndo, con queste politiche ultra-espansive necessarie a superare la crisi, è che la bolla finanziaria che è già in corso e quella creditizia che è in via di formazione arrivino a scoppiare insieme tra qualche tempo.

Per evitare che si formino occorre accompagnare le necessarie agevolazioni monetarie con una regolamentazione del mercato del credito progressivamente più attenta, così che alla fonte della voglia di dar credito del settore bancario si abbeverino i meritevoli, ché quando negli Stati Uniti il credito è stato concesso ai Ninja (Not Income Nor Job or Assets) abbiamo già visto com’è andata.

Twitter @AndreaBoda