Chi trova un amico (occupato) trova un lavoro

scritto da il 08 Luglio 2015

Pubblichiamo un post di Lorenzo Cappellari, professore di Economia all’Università Cattolica, Milano

CHI TROVA UN AMICO (OCCUPATO) TROVA UN LAVORO
di Lorenzo Cappellari

With a Little Help from My Friends? Quality of Social Networks, Job Finding and Job Match Quality” è il titolo di una ricerca pubblicata sulla European Economic Review e che ho condotto insieme a Konstantinos Tatsiramos, dell’Università di Nottingham. La ricerca si basa sui micro-dati del British Household Panel Survey rappresentativi della popolazione britannica nel periodo 1991-2008 e sfrutta un’informazione piuttosto rara nelle indagini campionarie, ovvero lo stato occupazionale degli amici dell’intervistato. Sulla base di queste informazioni, abbiamo quantificato l’effetto che essere amici di persone occupate (piuttosto che disoccupate) esercita sulla probabilità di trovare un lavoro.

I risultati dicono che l’effetto è significativo. Come mostra il grafico qui sotto (fonte: British Household Panel Survey 1991-2008), separatamente per uomini e donne, chi è disoccupato e appartiene a una cerchia di amici disoccupati (ovvero ha zero amici occupati) ha una probabilità del 10% di trovare lavoro nel giro di un anno. Tale probabilità diventa 30% quando tutti gli amici del disoccupato hanno un lavoro. I ricercatori mostrano che esiste un rapporto di causa-effetto tra la numerosità degli amici occupati e la probabilità di uscire dalla disoccupazione.

Tassi di uscita: proporzione dei disoccupati dell'anno t che sono occupati nell'anno t+1, media 1991-2008. Numero di amici occupati nella cerchia dei 3 migliori amici del'intervistato -

Tassi di uscita: proporzione dei disoccupati dell’anno t che sono occupati nell’anno t+1, media 1991-2008. Numero di amici occupati nella cerchia dei 3 migliori amici dell’intervistato

Da cosa dipende questo risultato? Si è sviluppata una consistente letteratura negli ultimi 20 anni che studia gli effetti delle interazioni sociali nel mercato del lavoro. L’intuizione principale è che in un mercato del lavoro in cui l’informazione sulle opportunità di lavoro disponibili circola in modo imperfetto, la rete di relazioni sociali svolge un importante ruolo compensativo, veicolando tali informazioni verso i disoccupati. Migliore il network in cui si è inseriti (ovvero maggiore il tasso di occupazione all’interno del network) maggiore il numero di informazioni sui posti di lavoro disponibili che pervengono al disoccupato.

Ciò avviene sia perché gli amici occupati sono a più stretto contatto con le aziende e quindi sanno quando ci sono posti vacanti nella loro o in altre aziende del settore, sia perché per gli amici occupati queste informazioni sono spesso inutili (appunto perché loro un lavoro lo hanno già) e le inoltrano ai loro amici disoccupati. La novità del nostro studio è di avere fornito per la prima volta una quantificazione di questo effetto sulla base di informazioni sul tasso di occupazione nel network di amicizie.

Tuttavia non tutti i network portano buone occupazioni. In particolare, se anziché basarsi sul network di amicizie il disoccupato si basa sui propri parenti per ottenere informazione sui posti disponibili, il lavoro che trova risulta essere di peggiore qualità, in particolare paga stipendi più bassi. Ciò dipende dal fatto che gli amici in senso stretto conoscono meglio dei parenti le caratteristiche produttive dell’individuo disoccupato e sono in grado di fargli trovare il posto di lavoro che meglio vi si adatta.

Questi risultati mostrano come esista una sorta di moltiplicatore sociale per le politiche attive del lavoro. Un intervento di politica attiva che favorisca l’uscita di un individuo dalla disoccupazione può, alla lunga, esercitare un effetto positivo anche sullo stato occupazionale dei suoi amici, in quanto aumenta il tasso di occupazione nella rete di relazioni sociali. Ovviamente l’effetto opera anche al contrario, ovvero può amplificare tramite il network gli shock negativi che colpiscono il mercato del lavoro, circostanza particolarmente preoccupante in periodi di elevata disoccupazione.

Lorenzo Cappellari, Università Cattolica del Sacro Cuore

Konstantinos Tatsiramos, Università di Nottingham