Le proposte dell’Inps guidato da Tito Boeri andrebbero sostenute pancia a terra

scritto da il 05 Novembre 2015

Speriamo veramente che le proposte normative dell’Inps dirette a migliorare la struttura del sistema di previdenza e assistenza non facciano la fine – lettera morta – di quelle del commissario alla spending review Carlo Cottarelli. Il rapporto Inps – dal titolo significativo “Non per cassa, ma per equità” – dovrebbe essere letto (qui) da tutti gli italiani, anche se Tullio De Mauro sostiene che solo il 20% è in grado di capire quello che legge.

Le proposte della nuova gestione Boeri sono volte a impattare su due variabili chiave: l’aumento della povertà di chi è vicino al pensionamento (over 55) e il livello insostenibile della disoccupazione giovanile. E’ necessario a) ridurre le iniquità generate da decenni di provvedimenti pensionistici gestiti solo a fini clientelari, e b) abbassare il debito implicito sul groppone delle giovani generazioni. Una volta scomparso Ugo La Malfa (26 marzo 1979, due giorni dopo l’infame attacco della magistratura romana alla Banca d’Italia guidata da Paolo Baffi), nessun politico ha mai posto la domanda “Chi paga?” a fronte di misure pensionistiche clamorosamente insostenibili (baby pensioni, pensioni di anzianità, gestioni speciali…).

Siamo passati da una gestione Inps opaca ed immobile ad una trasparente e dinamica. Ricordiamo che fino a qualche tempo fa il presidente dell’Inps era Antonio Mastrapasqua, il quale mentre gestiva l’Inps aveva al contempo altri 30 incarichi, ed alcuni esecutivi, come per esempio la direzione generale dell’Ospedale Israelitico di Roma, per cui si trova ora agli arresti domiciliari per truffa al servizio sanitario nazionale.

Mentre Mastrapasqua sosteneva che non bisognava informare i futuri pensionati con la busta arancione per non causare “sommovimenti sociali”, Tito Boeri scrive che “la trasparenza sulle gestioni speciali (quelle che hanno generato iniquità fuori misura, basta leggere i rapporti di “porte aperte”, ndr) serve a cementare il patto intergenerazionale”. Alla trasparenza devono seguire atti di equità, si deve passare dal pensiero all’azione.

E l’Inps lo fa. Al termine di lucide analisi, include un articolato di legge di 16 articoli con le note tecniche a supporto. Un gran lavoro, chiaro e forte, che prevede anche l’istituzione di un sostegno (chiamato di inclusione attiva) al reddito per gli ultracinquantacinquenni disoccupati, i quali fanno molto fatica a essere reinseriti nel mondo del lavoro.

Nel rapporto Inps un fatto assurdo emerge con forza: i sussidi vanno anche ai ricchi. Mentre nel mondo si cerca di aiutare chi non sta bene, noi italiani – formidabili al contrario – diamo un sussidio ai ricchi. Sussidio significa aiuto, sostegno, supporto, contributo in denaro a fini assistenziali. A chi vanno i sussidi? Anche a “230.000 famiglie ad alto reddito (appartenenti perlopiù al 10% della popolazione con redditi più alti)” che, in caso di intervento, si vedranno (speriamo!) “ridurre trasferimenti assistenziali (sic!) loro destinati in virtù di una cattiva selettività degli strumenti esistenti”.

E non è finita. L’Inps ci informa che, se si intervenisse come auspicato, tra i potenziali perdenti ci sarebbero anche 250.000 percettori di pensioni elevate, legate in gran parte a gestioni speciali, non giustificate dai contributi versati. All’art. 12 – sia benedetto il cielo – dell’articolato si legge una parola bellissima: “Ricalcolo trattamenti in essere, inclusi i vitalizi”.

L’Italia è dominata da profonde iniquità intra e intergenerazionali. E’ venuto il momento di metterci mano una volta per tutte, anche per diminuire l’incertezza su prossimi interventi, che inevitabilmente dovranno essere attuati. Meglio agire subito.

P.S.: siamo certi che i sindacati si opporranno tenacemente a queste proposte. Infatti all’art. 16 – dal titolo “pensioni sindacali” – vengono previsti riduzioni agli abnormi benefici dei sindacalisti che hanno spremuto il sistema ai danni dei (veri) lavoratori.

Twitter @beniapiccone