Tra proroghe e Jannacci, che sconfitta

scritto da il 16 Giugno 2016

Eh, eh, eh, ma se me lo dicevi prima
Eh, se me lo dicevi prima
Come prima
Ma sì se me lo dicevi prima
Ma prima quando
Ma prima no
Eh, si prendono dei contatti
Faccio una telefonata al limite faccio un leasing
Se me lo dicevi prima

Enzo Jannacci

14 giugno ore 17, la notizia della proroga dei versamenti delle imposte (Unico 2016) viene comunicata sul canale telegram del Ministero, rimbalzando un tweet che rimanda ad un comunicato stampa (lascio ai giuristi ogni commento sulla gerarchia delle fonti).

È la conclusione di una lunga trattativa tra MEF e Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili che ha visto schierarsi Ordini locali, sindacati di categoria, il vice ministro Zanetti ed un imprecisato numero di colleghi.

Non spetta certo a me individuare colpe e meriti in una vicenda che ha offerto una triste immagine del Paese. Francamente non mi interessa neanche entrare nel merito se la proroga fosse dovuta o meno. Chi lavora nel settore ha già le idee abbastanza chiare e gli altri ne risulterebbero solo annoiati o rimarrebbero con le loro convinzioni.

Mi sottraggo così (abilmente fatemelo dire) a polemiche e conflitti di interessi con un semplice (ma fermo) richiamo allo Statuto del contribuente.

Quello su cui però tutti gli attori in commedia sono concordi è che il sistema cosi non funziona. Le imprese che pagano le tasse sono oberate di imposte e di adempimenti ormai insopportabili, chi non le paga non è toccato da nulla.

Abbiamo norme sempre più complicate scritte (spesso male) da una burocrazia che trova proprio nella complessità di questi adempimenti la propria legittimazione. Abbiamo, non nascondiamocelo, professionisti che storicamente da una parte si sono sempre lamentati della complessità crescente del sistema salvo poi vivere con terrore ogni possibile riduzione di adempimenti e del proprio fatturato. Oggi un cambio di rotta è palese, ma più per disperazione che per maturità della categoria.

Quello che manca è la visione politica. Può sembrare un paradosso e ciò mi attirerà le antipatie di molti ma è necessario cambiare completamente obiettivi:

1 – Lo Stato deve dimagrire riducendo burocrazia pubblica e privata.

2 – Non abbiamo tempo, non abbiamo più tempo da perdere in interpretazioni fiscali ad orologeria, nel seguire orientamenti contrastanti in giurisprudenza su argomenti spesso di scarsa rilevanza e che trovano la loro complessità solo nella pigrizia del legislatore che tarda a far chiarezza. Non sono imprese e professionisti a dover elemosinare interpretazioni ufficiali come se fossero tecnicamente incapaci di leggere una norma. È lo Stato che deve scrivere poche leggi e chiare. Lo Stato deve tornare ad essere al servizio del contribuente e non viceversa.

3 – Le imprese oggi devono crescere dimensionalmente, devono studiare marketing e finanza, devono conoscere il loro settore ed internazionalizzarsi. Noi professionisti dobbiamo accompagnarle in questo percorso e dobbiamo farlo in fretta perché il mondo è cambiato. Le energie di tutti devono essere focalizzate su innovazione e rinnovamento. Non su altro.

4 – Gli investitori esteri devono essere incentivati e non parlo di riduzioni di imposte per le solite tribù (grandi imprese, startup, ecc). Possibile che in questo Paese vengano decisi aumenti dell’IVA in un fine settimana? Avete idea cosa significa anche solo il semplice adeguamento tecnico per una multinazionale? Possibile che non si sappia quando pagare le imposte e a volte nemmeno il nome esatto dell’imposta?

5 – L’informatica sta moltiplicando gli adempimenti. “Nata per liberarci dagli adempimenti amministrativi ci sta facendo diventare amministrativi a tempo pieno” scriveva tempo fa Riccardo Ruggieri, ex top manager FIAT. Possibile che si abbia tutta questa fretta nel far partire (male) l’operazione dichiarazioni precompilate quando sarebbe bastato automatizzare l’invio delle imposte sugli immobili per offrire in modo semplice un immediato sollievo da adempimenti sostanzialmenti inutili?

Abbiamo bisogno di buona politica che sposti gli obiettivi, i buoni tecnici ci sono ma vanno messi a lavorare su obiettivi nuovi. E questi obiettivi vanno politicamente difesi.

Alfonso Fuggetta (ceo e direttore scientifico di CEFRIEL, docente del Politecnico di Milano) credo che abbia individuato bene il problema in un paio di recenti tweet:

Schermata 2016-06-16 alle 09.41.41

Schermata 2016-06-16 alle 09.41.53

Una pubblica amministrazione efficiente porterebbe:

– Maggior gettito per le casse dello Stato (fatturazione elettronica, incrocio di banche dati, controlli automatizzati, ecc.);

– Imprese più libere di operare sul mercato e di crescere dimensionalmente;

– Una crescita della domanda di servizi innovativi aprendo un mercato oggi troppo limitato.

Abbiamo assistito all’ennesima sconfitta dello Stato perché da decenni ormai manca la visione e la forza politica di realizzarla e quel vuoto è stato occupato malamente da strutture che al massimo possono suggerire come migliorare le attuali procedure ma non hanno alcuna capacità di ridisegnarle. Operazione complessa, difficilissima ma necessaria.

Lo Stato oggi si comporta come quelle aziende che a fronte di un crollo di fatturato al posto di domandarsi come tornare a crescere si valutano sui tagli al personale e agli investimenti. Lavoro più facile certo ma è inutile che vi suggerisca la fine della storia.

E comunque grazie per la proroga ma se me lo dicevi prima… ma prima quando?

Ma prima, no…

Twitter @commercialista