Brexit, l’opportunità milanese

scritto da il 14 Luglio 2016

Dopo due settimane di gestione della sindrome post traumatica (la mia gatta ha perso la voce per lo shock) mi sento in grado di parlare di Brexit. Specialmente dopo l’omicidio della giovane parlamentare pro “Bremain”, Jo Cox, avrei scommesso che l’indole “politicamente corretta” degli inglesi li avrebbe spinti, sconvolti da tale violenza, verso un voto di continuità. Temo di aver sottovalutato la propensione isolazionista, isolana e, in generale, un poco posh (leggasi snob) dei britannici. Dopo tutto persino la regina, sotto sotto in modo molto elegante, ha fatto intuire che a lei di stare con quei continentali buzzurri non gli piaceva più di tanto (leggasi europei).

Al netto della tragedia greca referendaria che si è consumata nel Regno Unito mi domando cosa se ne possa trarre di beneficio per l’Italia, o perché no, semplicemente per Milano. Se alcune istituzioni della finanza europee, i loro uomini e relative famiglie, fossero forzate a trovarsi un’altra città a vocazione finanziaria nella UE dove potrebbero andare?

Come riportato dall’Indipendent (già il nome del giornale dovrebbe essere una garanzia!) circa 80.000 londinesi potrebbero diventare migranti extra comunitari. Considerando i loro stipendi, famiglie, cani, gatti, criceti, se un 20% fosse spinto (seguendo i loro datori di lavoro) a Milano credo che sarebbe un grande beneficio per la città della Madunina.

Le capitali finanziarie europee, tolta Londra, sono poche: Francoforte, Parigi e Milano.
Ho avuto il piacere di visitarle tutte e 3 (caso vuole che abbia deciso di abitare nell’ultima). Francoforte è una città pulita, ordinata, dove la sera diventa tragico trovare vita sociale. Una città teutonica, oserei dire prussiana. Che qualità della vita possa offrire a un cittadino abituato a Londra lo ignoro. Parigi è adorabile, a parte i parigini, una città di cultura non meno ricca di fascino imperiale di Londra. Certo la cucina lascia un po’ a desiderare (troppe salse). Milano è la capitale indiscussa (salvo chiederlo ai parigini) della moda e del design. Expo ha avuto modo di “rilanciare” l’immagine di Milano. È auspicabile, e non così remota, la possibilità che alcuni londinesi vengano a stabilirsi qui. Ho pensato di discutere il tema con il professor Giavazzi: in tempi remoti (maggio) lui già ipotizzava questo futuro per Milano.

“Molte banche ora a Londra considerano lo spostamento in Europa.
Le istituzioni, come il Comune guidato dal sindaco Sala, hanno pensato all’EBA (European Banking Authority). Vi sono tre caratteristiche che possono determinare la decisione a riposizionarsi a Milano: regolamentazione della realtà finanziaria, aspetto fiscale, servizi e qualità della vita. L’immagine di Milano, rilanciata di recente grazie all’Expo, ha riposizionato la città nella lista delle metropoli più interessanti d’Europa. Da questo punto di vista spostarsi a Milano rispetto a Francoforte e Parigi può essere attraente”.

“Dobbiamo migliorare i servizi: avere scuole per stranieri, e servizi in generale che possano essere equiparabili a quelli londinesi. Il tema fisco è l’aspetto più delicato: io proponevo un intervento simile a quello che si fa per i ricercatori che tornano dall’estero. La regolamentazione è un altro tasto delicato. Non parlo tanto di regole in sé ma dell’enforcement. La Consob, l’istituzione responsabile di applicare le regole, non è la più efficiente delle istituzioni italiane. Le cose – conclude Giavazzi – accadranno molto velocemente. È sicuramente una grande opportunità bisogna vedere se le istituzioni italiane avranno l’abilità e la voglia di coglierla e implementarla”.

unicreditperbrexit

Per non farmi mancare nulla ho pensato di chiedere un secondo parere ad un immobiliarista. Cesare Maggi, con il suo gruppo, ha una mano ferma sul settore. Operando spesso a contatto con fondi immobiliari ha una visione operativa delle possibilità immobiliari per Milano.

“La realtà della Londra opulenta, gli antichi tenutari, la Londra posh dei vecchi ricchi ha votato per uscire. Questo per chiarire il concetto che la qualità della vita dei ricchi di Londra (i landlords) è decisamente differente da quella dei giovani arricchiti della finanza. I landlords volevano uscire perché vedevano troppe tasse uscire dalle proprie tasche e ben pochi vantaggi. Che a loro si sia allineata una serie di altri gruppi sociali (dai cosidetti ‘vecchi ignoranti suburbani’ agli abitanti del countryside) è un altro fattore che meriterebbe uno studio più approfondito”.

“Milano si pone come potenziale meta di una parte degli emigranti della City. Non mi aspetto grandi numeri, ma si deve prendere atto che possa essere una fascia alta di lavoratori con esigenze che una grande città come Milano potrebbe esaudire. La credibilità di Milano rilanciata da Expo, e dalle grandi operazioni immobiliari come quella di Porta Nuova ha di certo raggiunto l’immaginario di una classe sociale raffinata e in cerca di qualità della vita come quella londinese. I prezzi degli immobili, vi è da aggiungere, sono decisamente un affare, se paragonati con le altri capitali finanziarie. L’unico neo che vedo è la tassazione, poco favorevole per chi è abituato a Londra”.

Un altro settore che, seppur differente da quello strettamente finanziario, potrebbe trovare in Milano terreno fertile è quello delle startup e affini.

Il concetto è piuttosto semplice: solo tra il 2011 e il 2015, l’European Investment Fund (EIF) ha movimentato circa 2 miliardi di euro verso i 144 (circa) venture capital inglesi. Una somma considerevole che i VC inglesi hanno valorizzato creando un panorama di startup variegato e dinamico. Non è certo un segreto che con la Brexit questi soldi non arriveranno più. Il rischio, più che un rischio una certezza, è che molte startup e fondi debbano valutare i prossimi passi: restare nel Regno Unito o entrare nella UE per avere ulteriore accesso ai fondi. Tra le città che offrono maggiori vantaggi alle startup Milano si posiziona tra le prime. La recente normativa che non richiede più l’utilizzo di un notaio per aprire una startup, è l’ultima di una serie di approcci costruttivi che rende Milano una realtà appetibile per i giovani in cerca di una scalata, e i fondi in cerca di uno scenario dove investire (soldi altrui sic).

L’Eif ha pianificato, dalla fine del 2015, circa 10 miliardi di euro per venture capital e fondi di private equity. Un potenziale economico a cui ora le realtà inglesi non potranno più avere accesso. I tedeschi, con Berlino come capofila, si sono già messi a corteggiare le società innovative inglesi. Come riporta Business Insider edizione UK un piccolo van si muove allegro per le vie di Londra, pubblicizzando le opportunità che la capitale dell’impero prussiano offre ai gruppi inglesi. Lo stesso Ceo di TransferWise ammette che sta valutando altri scenari per il posizionamento della sua sede londinese.

Anche in questo caso la palla è tutta nelle mani della città di Milano e delle sue istituzioni. Poter trascinare all’ombra della Madonnina la finanza “classica”, la finanza venture e, perché no, un gruppo di startup porterebbe nelle casse pubbliche un vantaggio economico. E tutta Milano ne trarrebbe giovamento.

Twitter @enricoverga