I tagli alla Sanità non accorciano le liste d’attesa. Se ne può venire a capo, così

scritto da il 28 Settembre 2016

Di fronte alla discussione sulla legge di Bilancio che ancora una volta vede la Sanità come fonte di possibili risparmi e dopo 8 anni in cui il bilancio della spesa pubblica in sanità è in calo, in questo articolo proviamo a leggere uno dei temi più sentiti dai cittadini, le liste di attesa, con un approccio concreto e orientato ad una spesa pubblica più intelligente.

Prima di discutere i metodi per abbattere le liste di attesa bisogna capire bene come e perché si formano. Il motivo è semplice: per una determinata prestazione ci sono state più richieste rispetto alla disponibilità nei tempi precedenti a oggi. Se si verifica un flusso di richieste sistematicamente superiore alla capacità di risposta la lista di attesa si allunga.

In sanità, poi, la lista di attesa si stabilizza perché, a un certo punto, una quota di persone decide di rinunciare alla prestazione o di farla in altro modo, perché i tempi sono troppo lunghi.

1.Un unico database

Per avere quindi un controllo adeguato delle liste di attesa bisogna allineare domanda e offerta. Poiché la domanda è governata dalle richieste fatte da MMG (Medici di Base) , PLS (Pediatri di libera scelta), Medici Ospedalieri e altri convenzionati con diritto di fare ricette nel Sistema Sanitario Nazionale, avere tutte queste richieste in un unico database è la condizione necessaria per poter governare il processo. Quelle regioni in cui le prescrizioni non sono fatte in formato digitale e centralizzate in un unico database non potranno realisticamente governare bene le liste di attesa. Esiste poi un flusso di pazienti in arrivo da altre regioni, fenomeno importante in entrata per alcune regioni Italiane (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Toscana) e soprattutto per prestazioni ad alta complessità e quelle ad esse correlate.

Unificate le richieste in un unico database, avremo un’idea di quanto viene prescritto in ogni punto del territorio (potrebbe essere la residenza del paziente, ad esempio) e una idea statistica dei flussi dei fuori-regione. Attraverso modelli statistici georeferenziati che tengano conto di specializzazione e forza dell’offerta di ogni punto erogativo pubblico o privato convenzionato con l’SSN potremo avere quindi una stima molto realistica, giorno per giorno, di quante richieste si presenteranno a ciascun sportello. Molto semplicemente si deve quindi avere un’offerta di capacità produttiva uguale alla domanda.

2. Limitare la domanda

Laddove le risorse disponibili fossero inferiori a quelle necessarie per avere questo stato di cose non si deve lasciar crescere la lista di attesa, ma limitare l’afflusso di domanda con altri mezzi. Quali ad esempio:

  • Controllo rigoroso delle prescrizioni e regole più stringenti e orientate a dare a chi ha veramente bisogno risposte rapide
  • Creazione di percorsi clinico-diagnostici basati sulle patologie (soprattutto croniche) e sui protocolli internazionalmente accettati
  • Aumento del ticket nelle attività più a rischio inappropriatezza
  • Offerta privata di qualità a prezzi calmierati organizzata presso ospedali e ambulatori pubblici

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3. Offerta flessibile

La domanda ha per sua natura delle fluttuazioni nella settimana, e nei mesi. L’offerta deve quindi adattarsi a queste fluttuazioni. È chiaro ad esempio che nel periodo primaverile le allergie portano a richiedere più visite allergologiche e prick-test. In quei mesi si dovranno quindi avere agende molto più copiose. Questo significa che una parte del budget può essere speso su posizioni a tempo pieno tutto l’anno e una parte deve essere spesa per comprare dal mercato prestazioni di medici che permettano di rispondere al surplus di domanda di quel periodo. Le ASL possono quindi avere contratti con erogatori privati che possono essere accesi nel momento del bisogno.

La Regione Emilia-Romagna ha fatto il passo fondamentale di far pagare chi non si presenta alle visite senza avvertire, mettendo mano al problema della mancanza di serietà dei cittadini che potevano produrre buchi nelle agende. Così dovrebbero fare tutte le regioni d’Italia.

4. Migliorare i processi produttivi

Questo processo di gestione delle code ha senso se si è lavorato bene sui processi produttivi. In pratica significa lavorare sui colli di bottiglia e sulla qualità percepita dei pazienti.

Ad esempio, non è possibile limitare il numero di ore di disponibilità di una sala operatoria a causa degli accordi sindacali sul personale delle pulizie. O, ancora, non è possibile accettare di chiudere una risonanza alle 15 del pomeriggio perché i dipendenti radiologi o tecnici di radiologia non vogliono avere orari oltre quel limite. O ancora, non è possibile avere fermi macchina oltre alle poche ore a causa della mancanza di contratti di manutenzione che permettono l’immediata rimessa in opera.

Capire cosa infastidisce i pazienti e fare in modo di migliorare la loro esperienza utente è poi la via maestra per poter mettere mano a tutti i processi produttivi. Non sono i medici i clienti del sistema sanitario ma i pazienti. E quindi lavorare per il loro bene e la loro soddisfazione è quello che un sistema sano dovrebbe fare.

In fondo la gestione delle liste di attesa è un problema molto simile alla gestione di una qualsiasi catena di produzione industriale. Con l’importante differenza che di mezzo c’è la vita e la salute delle persone e che quindi il livello di qualità deve essere superiore e non inferiore rispetto alla produzione di un’automobile.

Twitter @lforesti