Caprotti ed Esselunga, una storia di famiglia

scritto da il 01 Ottobre 2016

Incredibile come un imprenditore “divisivo” come Bernardo Caprotti sia comunque considerato (almeno a Milano) uno di famiglia. Il cordoglio di amici ed avversari in queste ore è sincero.

Ieri sera ero a cena con mia moglie ed un sms di un caro amico imprenditore mi avvisa di quanto accaduto: “Pochi minuti fa è mancato Caprotti”.

La notizia mi ha colpito, solo pochi giorni fa si parlava di cessione di Esselunga, errori in un passaggio generazionale incompiuto, successi di uno straordinario imprenditore. Oggi tutto è ricompreso in una dimensione più umana.

È da qualche settimana che avrei voluto scrivere un articolo sul caso aziendale, sulla mancata successione in azienda del figlio Giuseppe, ma ogni volta il pudore mi ha impedito di affrontare una questione che più l’approfondivo più rivelava la prevalenza del lato umano su quello economico.

E che come tutte le questioni personali o le si conoscono molto bene oppure il silenzio è il modo migliore di affrontare la complessità. Forse questo però posso dirlo: uno giganteggia come imprenditore l’altro emerge come uomo. E forse il litigio è comunque un modo di cercarsi.

Ed è proprio alla parola famiglia che nel bene e nel male associo Caprotti, anche nel paradosso delle lotte interne alla famiglia stessa, nella mancata quotazione in Borsa perché Esselunga «è un’azienda familiare e resterà tale».

Perché il mio amico ha sentito il bisogno di mandarmi un sms a cinque minuti dalla scomparsa? Me lo sono chiesto subito, come mi sono chiesto come mai fossi rimasto cosi male alla notizia. E perché le stesse sensazioni coinvolgessero alcuni amici presenti.

Caprotti era un raro rappresentante di quella borghesia che non chiedeva permesso nel rivendicare i propri successi ma che non si è mai tirata indietro davanti ai propri doveri. È l’imprenditore che lavora duro, che non ammette errori, severo con se stesso e con gli altri ma sempre rispettoso del cliente. E questo i clienti glielo hanno sempre riconosciuto. È l’amico di Montanelli, entrambi con un brutto carattere come solo gli uomini di carattere possono avere.

Non l’ho mai conosciuto di persona ma come molti di quelli che hanno vissuto la nascita della Voce ho apprezzato il suo sostegno personale al grande Indro. Come molti ho ricevuto a casa il suo libro di denuncia. Come molti la domenica faccio la spesa nei suoi supermercati.

Per mio figlio fare la spesa è una festa ed oggi che ha cinque anni e si sente un ometto per darsi un tono e mostrare la sua confidenza la chiama semplicemente l’”Esse” lasciando cadere l’aggettivo. Credo sia il complimento più bello per chi fa impresa.

E no, a mio figlio oggi non glielo dirò che è mancato chi ha fondato l’”Esse”. È piccolo e sono certo ne soffrirebbe.

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