Bezos, giornalismo, innovazione ed il saper tornare a fare impresa

scritto da il 14 Gennaio 2017

Mi ha molto colpito il recente articolo del Sole24Ore “Miracolo Bezos per il Washington Post (che guadagna e assume)”. Mi interesso per lavoro e per passione un po’ di editoria e vi ho visto poche idee, chiare ed immagino ottimamente perseguite.

Si perché è questo che spesso manca, non l’idea ma la qualità dell’esecuzione. Per questo il titolo, facendo storcere il naso ai puristi, associa le parole giornalismo e impresa. Perché in questo settore forse più di altri prigioniero di logiche politiche, corporative ed agevolazioni pubbliche (che sono utili ma di certo non agevolano il cambiamento) sono necessari investimenti (forse meno di quanto si creda visto anche l’attuale spreco di risorse) e coraggio di innovare. La sfida infatti non è soltanto per giornalisti e sulla qualità del nostro giornalismo ma anche e molto per imprenditori e management. Il punto vero è avere la forza di definire e perseguire un progetto editoriale costruendo una organizzazione interna coerente. Le resistenze al cambiamento sono spesso forti e ben radicate.

Mi permetto di citare l’articolo con maggiore disinvoltura del solito perché giochiamo in casa (Econopoly è un blog del Sole24Ore) e perché credo che alcuni spunti siano davvero interessanti e forniscano una piccola guida da seguire a chi si occupa di editoria:

Investire nelle competenze tecnologiche per esaltare il lavoro dei giornalisti
“Vennero tra l’altro assunti almeno un’ottantina di figure tecniche: programmatori, web analyst, big data analyst, web designer e video editor. Tutti piazzati nell’enorme newsroom per lavorare fianco a fianco con i giornalisti, in modo da costruire storie sempre più multimediali, in grado di catturare nuovi pubblici (con linguaggi e contenuti innovativi) e moltiplicare i contatti sulle piattaforme distributive più eterogenee. E con i contatti, gli abbonamenti. E con gli abbonamenti, la pubblicità.”
Molto interessante e molto differente da quanto fatto spesso in Italia. Molto spesso chiediamo ai giornalisti di imparare ad usare le nuove tecnologie e le nuove tecniche di comunicazione non per consentire loro di meglio interfacciarsi con degli specialisti ma per inventarsi il lavoro degli specialisti. Il risultato è stato spesso un arroccarsi dei professionisti più anziani su inutili ed anacronistiche posizioni difensive e dall’altra parte di vedere il giornalista svilito a produttore massivo di contenuti di bassa qualità spammati un po’ ovunque.

Fondamentale il mobile e la velocità del sito
“La versione mobile dei siti è stata resa ultraveloce – lavorando assieme a Google – sulla base dell’assunto che i lettori scelgono l’informazione digitale anche considerando la rapidità a essere caricata su smartphone.”
Inutile dirlo, bisogna investire in tecnologia senza dimenticare che molto spesso nuove realtà si dimostrano più dinamiche di testate tradizionali perché al posto di spendere di più si è deciso di spendere meno e meglio utilizzando piattaforme disponibili gratuitamente on line e con costi di aggiornamento molto ridotti. Certo non pretendo che questa sia la via da seguire per i “giornaloni” ma sia chiaro che la tecnologia è spesso una trappola mangia soldi, che porta a concentrarsi su aspetti sbagliati dimenticando le priorità del progetto: essere letti facilmente e con interesse, senza inutili corse al click. Prima o poi di questo si accorgeranno anche le agenzie pubblicitarie che sono spesso complici e parti in causa delle difficoltà della nostra editoria.

Verticalità dei contenuti
“Sono state lanciate 62 differenti newsletter per distribuire i contenuti“.
Pensate le straordinarie potenzialità per un giornale economico, una redditività sostenuta dalla vendita di banche dati e formazione. La possibilità di sviluppare analisi per singoli settori economici (food, energy, ecc) oltre che per professione (finanza, commercialisti, ecc.). La forza incredibile di community sviluppate su questi interessi sia per generare business sia per fidelizzare il lettore. Non sto raccontando nulla di nuovo in realtà. È necessario innovare per riscoprire l’antico.

Tornare a fare giornalismo
“Il bello è che Bezos e Fred Ryan (ceo del Washington Post), per quanto tech, credono profondamente nel giornalismo d’inchiesta, quello di qualità.”
Pian piano sta emergendo la consapevolezza che il tempo ha un valore, esattamente come ha un valore l’informazione di qualità. Significa che il lettore maturo tornerà (evidentemente in America sta già tornando) a volere leggere articoli di qualità pretendendo che la testata giornalistica smetta di produrre tonnellate di articoli (per soddisfare la fame pubblicitaria di click) per tornare ad essere garante di qualità e sintesi. Quante volte sulla stessa testata a distanza di pochi giorni troviamo titoli discordanti sull’andamento dell’economia che un giorno pare in crisi e nel successivo pare destinata ad una ripresa economica? Non mi dilungo perché il tema è stato da me più volte trattato su queste pagine.

Ora smetto di saccheggiare l’articolo dell’ottimo Enrico Marro per porre un problema troppo sottovalutato: la difficoltà a gestire organizzazioni complesse nella via del cambiamento. Questa credo sia la difficoltà maggiore perché le organizzazioni tendono, soprattutto in assenza di successi immediati, ad assumere posizioni conservative anche quando il progetto aziendale è condiviso.

Il progetto deve essere sostenibile nel tempo. Risorse e struttura organizzativa devono essere coerenti. La componente organizzativa è la più complessa, la meno raccontata e fatemi dire forse la più importante. Più ancora della tecnologia stessa. Le tensioni interne all’organizzazione spesso sono carsiche e difficilmente contrastabili. Per questo resta essenziale la capacità di misurare i risultati e adattarsi velocemente. Non è un caso che i leader digitali siano così interessati alle metriche, soprattutto a quelle che analizzano il comportamento e l’esperienza del cliente: per non perdere la bussola in un mare agitato come quello in cui opera chi fa impresa resta essenziale la capacità di misurare i risultati e adattarsi velocemente.

Misurare, misurare, misurare. E velocità di azione. Per aggiustare la rotta ma anche per difendere con risultati concreti il percorso intrapreso. Servono bravi manager, serve tornare ai fondamentali, serve saper fare impresa. Non è solo un problema di giornalisti, forse non lo è mai stato.

Twitter @commercialista