Cari imprenditori, se volete avere successo leggete Cotrugli e l’Arte della Mercatura

scritto da il 11 Febbraio 2017

L’assenza di cultura storica nel mondo corporate è sempre fonte di errori strategici da parte dell’imprenditore, piccolo o grande che sia. Può venire in aiuto un testo – per la prima volta tradotto in inglese – di Benedetto Cotrugli, mercante ragusano (oggi Dubrovnik, in Croazia) del 1400. L’iniziativa è venuta da Ca’ Foscari – l’anno scorso ci eravamo soffermati sul Collegio Internazionale  – che ha deciso di investire importanti risorse affinché venisse realizzata (con il coordinamento dell’ex rettore Carlo Carraro) una pubblicazione – presso il prestigioso editore Palgrave McMillan – che raccoglie i manoscritti di Cotrugli. Il risultato finale è “The book of the Art of the trade” (Il libro dell’Arte della Mercatura, composto nel 1458 e pubblicato in una bella riedizione nel 1990 dall’Arsenale editrice di Venezia).

Marco Vitale, economista d’impresa – “sherpa delle idee” secondo la bella definizione di Fosco Maraini – ha spiegato in passato la grande importanza dei testi di Cotrugli, dove emergono, con chiarezza, alcuni filoni centrali:

– chiara consapevolezza del ruolo positivo della mercatura nella società ed orgoglio di tale ruolo;

– legittimazione della stessa per la sua utilità sociale (“mercatura è arte o vera disciplina intra persone legiptime giustamente ordinata in cose mercantili, per conservatione dell’humana generatione, con ispereanza niente di meno di guadagno”);

– piena armonia con la religione che deriva dal fatto che l’attività del mercante giova al bene comune e, per avere successo, deve esercitarsi nell’ambito rigoroso di uno stile di vita caratterizzato dalle virtù che sono proprie anche dei dettami della morale religiosa, della quale Cotrugli è sicuro conoscitore: operosità, frugalità, prudenza, onestà, moderazione, generosità. Fine dell’attività del mercante è di “acquistare con honore”;

– esiste incompatibilità tra esercizio della mercatura ed esercizio del potere politico;

cotrugli– l’arte della mercatura richiede una precisa conoscenza tecnica. Ma il suo know-how non si esaurisce qui. Si richiede anche un sistema di valori preciso e delle precise attitudini, per l’emersione delle quali l’ambiente è molto importante (“ch’egli è di bisogno che da puerizia il mercante inbeva li gesti, modi, costumi et conversationi mercantili, con facundia et gravità in ogni gesto et acto”).

– Cotrugli tratta anche il tema del passaggio generazionale, marcando con acume che se il figlio non ha inclinazione al business – basta osservare i suoi comportamenti da fanciullo – non bisogna indirizzarlo alla mercatura. Secondo il mercante ragusano il ragazzo da instradare non deve essere né “troppo vario e vagabondo” né propendere “ad acquisto d’onore o d’utile o di vincere le pugne”. Cari imprenditori, prendete nota, non è obbligatorio far lavorare i propri figli in azienda!;

– il mercante deve essere un buon cittadino. Proprio per questo sono essenziali i valori civili e religiosi. Il buon cittadino non nasce dalla mercatura. E’ piuttosto il buon mercante che nasce dal buon cittadino;

– il mercante non deve accumulare e basta. Vi ricordate il formidabile attacco di Giorgio Bocca inviato dal “Giorno” di Italo Pietra a Vigevano?: “Soldi, per fare soldi, per fare soldi: se esistono altre prospettive, chiedo scusa, non le ho viste”.

– Il mercante deve essere generoso ed impiegare positivamente quello che accumula. Ma proprio per questo deve essere anche molto diffidente, prudente e temperante, per non disperdere ciò che ha accumulato. Deve avere molti conoscenti e pochi amici e guardarsi in particolare da donne, gente di Chiesa, aristocratici, poveri ed in genere da chi è cattivo pagatore. La temperanza è una virtù cardinale dell’etica mercantile. Essa vuole dire il giusto mezzo, in ogni manifestazione, dallo spendere al bere, al mangiare, al vestire, al partecipare ad attività ludiche, alla moderazione nel parlare.

L’introduzione è di Niall Ferguson – probabilmente lo storico economico più famoso a livello internazionale, di cui segnaliamo il volume su Siegmund Warburg “High financier”  – che nella sua interessante introduzione definisce il libro “a marvelously illuminating self-improvement manual that reminds us not only that the world has changed very much since the 1400s, but also that the ethos of capitalism has changed very little. The ascent of money began longer ago than most of us think“.

Il volume di Cotrugli è importante anche perché il mondo anglosassone forse capirà che lo spirito imprenditoriale non deriva dal Protestantesimo. Questa è una favola tenace ma nulla più che una favola, come ha scritto Fernand Braudel (La dinamica del capitalismo, Il Mulino, Bologna 1977).

Cari imprenditori, imparate da Benedetto Cotrugli: il buon mercante è un uomo d’azione, ma anche di studio (deve sapere “tutto quello che può sapere un uomo”) e deve essere addestrato a “ricordarsi delle cose passate, considerare le presenti, prevedere le future”.

Se l’imprenditore si limita a lavorare a testa bassa, senza alzare lo sguardo e allargare gli orizzonti, l’impresa farà fatica a innovare, svilupparsi, perfino sopravvivere, in uno scenario sempre più competitivo.

Twitter @beniapiccone