Milano può crescere senza l’Italia?

scritto da il 19 Febbraio 2017

Milano vive il suo momento di gloria. Ha beneficiato in questi anni di una pioggia di denaro pubblico (non sempre ben speso) ed è tornata in auge. Milano attrae studenti stranieri, lavoratori, è polo di eccellenza (l’unico?) per le startup, ecc. Milano però non sembra in grado di tornare ad essere cinghia di trasmissione per il Paese, non riesce né a sciogliere il nodo del futuro dell’area Expo né a disegnare chiaramente il modello di sviluppo da perseguire. Mentre festeggiamo i recenti ed innegabili successi è forse il caso di porsi (e di porre al resto d’Italia che più di Milano dovrebbe interrogarsi) qualche domanda scomoda.

L’effetto EXPO
Va bene, l’effetto Expo si sente. Milano è riuscita grazie all’intuizione ed agli sforzi della Moratti a ritagliarsi un ruolo ed una visibilità internazionale. Non dimentichiamo però che non è riuscita ancora a valorizzare l’area. Tutto pare ancora fermo, supremo memento dell’incapacità delle élite cittadine a supportare il mercato. Questo è un aspetto dimenticato, che dovrebbe invece costituire un importante segnale di allarme.

La forza delle università
Le nostre università rappresentano in molti casi l’eccellenza nazionale ed hanno saputo aprirsi per tempo alle imprese. Forse il problema è che si parlano poco tra di loro facendo fatica a contaminarsi, non riuscendo a fare percorsi di studi misti tra economia ed ingegneria, tra economia e chimica ecc. ma questo è un altro discorso. L’innovazione è spesso contaminazione e questo lo si dimentica.

Milano si scopre turistica
La città attrae investimenti esteri e si riscopre turistica. Le tanto vituperate palme e banani di Starbucks altro non sono che il simbolo di un nuovo target turistico. Penserete mica che si siano decisi ad aprire a Milano per vincere la sfida con il cappuccino e le brioches calde della pasticceria sotto il mio Studio (quelle alla crema sono meravigliose)? Starbucks apre a Milano per contagiare i milanesi certo ma soprattutto perché è convinto di poter contare su un fiume di turisti stranieri che vogliono in qualche modo sentirsi a casa anche all’estero. Poi i Milanesi per un po’ si innamoreranno e fingeranno di essere a Nuova York. Non critico, ci mancherebbe, sono stato paninaro ed ho amato anche io Burghy. L’importante è raccontarci le cose come stanno, dimenticando per un attimo lo storytelling.

L’ecosistema startup
Prima di gran moda, oggi il fenomeno startup pare sia affrontato con maggiore concretezza e razionalità. Si intravedono realtà interessanti, solide, di respiro internazionale. Milano oggi appare il polo italiano dell’innovazione per eccellenza. Molto deve essere fatto, molto si potrà fare grazie a quanto si è costruito fino ad ora. Se sapremo guardare in faccia la realtà al di là di come troppo spesso viene raccontata.

Tra cultura ed imprese
Milano ha una vita culturale vivace ed è forse la città che più di altre ha saputo metterla a reddito. Mobile ed arredo, design, moda sono settori a cui è facile associare Milano ed il Made in Italy. Milano cresce con le sue imprese, cresce con le sue fiere, cresce con la Triennale ed i suoi teatri.

La domanda che abbiamo paura a farci
Milano può crescere senza Italia? In una recente intervista pubblicata sulla newsletter di Assolombarda il professor Rosina, professore ordinario di Demografia nella facoltà di Economia dell’Università Cattolica, risponde cosi: «Non è chiaro se giocherà da sola o se costruirà un modello di sviluppo di connessione con grandi città europee o se si farà portavoce avanzata del contesto nazionale. Se sarà capace di trascinare dietro il resto dell’Italia, il che è verosimile, ci saranno conseguenze positive per tutto il Paese».

Milano cresce perché è capace di attrarre capitali stranieri, perché ha beneficiato dei fondi pubblici per Expo, perché attrae investimenti italiani. Sono investimenti incrementativi o li sottrae al resto d’Italia? La domanda che facemmo sui flussi turistici di Expo non era poi così diversa. La risposta non fu troppo rassicurante, per la verità.

Milano cresce perché Roma è in crisi. Milano cresce, ma per quanto? Quanto sono solide le basi della sua crescita?

Chissà se avrebbe ancora senso riproporre oggi la famosa trasmissione “Milano/Italia” di Lerner, chissà se Milano saprà tornare a fare cinghia di trasmissione con la sua Brianza, con il Veneto, con il Piemonte. O se il futuro sarà dialogare con Londra, San Francisco e Francoforte.

Chissà se tornare a disinteressarci di politica nazionale non si rivelerà un pericoloso boomerang per le nostre imprese soffocate da fisco e burocrazia. Chissà.

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