Lavorare è studiare. Dieci mosse per un apprendimento continuo davvero efficace

scritto da il 27 Aprile 2017

Se un tempo la vita consisteva in due fasi, l’apprendimento e poi il lavoro, oggi la vita consiste in una fase sola: apprendimento e esperienza concreta sempre. I ragazzi a scuola devono alternare l’apprendimento con esperienze lavorative (scelta che incrementa in modo consistente la loro capacità di entrare poi nel mondo del lavoro). E chi ha finito gli studi formali deve continuamente imparare, per tutta la vita. La quota di tempo che deve essere dedicata all’apprendimento è più grande di quella dedicata al lavoro (inteso qui in senso lato come azioni che creano valore per gli altri).

Mentre nelle istituzioni formalmente deputate a questo l’apprendimento è guidato (e in questo sta una parte dei problemi di scuola e università) dopo non si ha più nessuna guida e quindi si è costretti a creare un proprio percorso. Ciò che le aziende offrono come apprendimento è solo parziale e spesso non risponde alle esigenze di conoscenza della persona, dove ovviamente ognuno è diverso dall’altro.

Ho trovato spesso grandi difficoltà ad affrontare il problema. Provo qui a indicare quelle che sono le regole che seguo ormai da tanti anni con buona efficacia:

1. Mi interessa maggiormente ciò che è in contrasto con quanto già conosco

Cerco attivamente ogni fonte di idee e fatti che mettono in crisi ciò che penso del mondo e li approfondisco fino a che:
–  cambio idea perché i nuovi fatti risultano più credibili dei precedenti. È un evento doloroso perché porta con se molto spesso un duro lavoro di ridefinizione di molti aspetti della propria visione del mondo, non solamente quel singolo fatto o idea. Ogni nodo di una rete di conoscenze è collegato logicamente con altri nodi e quindi cambiarne uno significa toccarne altri
– dimostro a me stesso che quella idea o fatto è fallace, ha dei difetti fondamentali e quindi non va presa in considerazione. Nel processo sviluppo anche tutti gli argomenti che mi permettono un domani di dialogare con altri e spiegare il perché della mia scelta.

2. Voglio conoscere sempre la fonte. Non mi fido mai di nessuna informazione riportata

Vado alla ricerca della fonte e studio come originariamente è stata comunicata quella informazione, idea, fatto. Nel gioco del telefono dell’informazione la divulgazione delle idee altrui deforma sempre l’originale perché ognuno ha un interesse specifico da difendere e, quindi, porta a versioni peggiori e meno fedeli dell’originale,

3. Divido fatti e opinioni, dando valore 10 ai fatti e 1 alle opinioni

Le opinioni sono generalmente rumore di fondo in un segnale riconoscibile nei fatti, dati duri. Schermarsi intellettualmente dalle opinioni non supportate da fatti logicamente ben valutati permette di avere una propria autonomia di pensiero. Autonomia che va allenata continuamente, accettando di fare affermazioni che si possono poi rivelare sbagliate.

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4. Parlo con gli esperti

Quando voglio imparare bene qualcosa non c’è niente di meglio che dotarsi di una tonnellata di buone domande e dialogare con un esperto. Dialogare, ovvero ragionare assieme all’esperto fino a quando non ho la percezione di avere capito gli elementi fondamentali.

5. Cerco di fare previsioni sul futuro

La miglior dimostrazione di competenza è essere capaci di prevedere cosa accadrà. È anche il miglior modo per capire i propri buchi di conoscenza e rimettersi continuamente in discussione. Ogni volta che non azzecco non mi fermo e cerco di ripercorrere esattamente il ragionamento fatto per fare la previsione, individuando dove stava il buco, che  può essere:
– Uno o più dati sbagliati inseriti nel ragionamento
– Un passaggio logico errato
– Un calcolo probabilistico sbagliato
– Valori di importanza ai diversi pezzi del ragionamento rivelatisi sbagliati
– Una previsione su un tema intrinsecamente impossibile da prevedere (hubris intellettuale)

6. Dialogo con chiunque abbia voglia di ragionare in modo costruttivo su temi interessanti

Il dialogo con le altre persone è lo strumento più potente con il quale pensare, a causa del fatto che sono dotati di conoscenze e punti di vista diversi e che quindi ci costringono continuamente a zigzagare sui temi, facendoci uscire sempre dalla nostra zona di comfort. Devono essere dialoghi, non recite in cui si cerca di avere ragione contro un altro.

7. Google o Wikipedia molte volte al giorno

Ogni volta che mi passa per la mente qualcosa che non so la cerco e cerco di capirne gli elementi fondamentali. Se il tema è complesso e mi interessa passo ad un tomo, tipicamente preso su Amazon Kindle e messo nella pipeline di cose da leggere.

8. Social network come fonte dell’opinione pubblica e raccolta randomizzata di temi

Nonostante i social creino delle bolle umane in cui si frequentano soprattutto persone simili a noi, rimangono però una fonte inesauribile di temi che allargano il proprio spettro di conoscenze e che ci danno un’indicazione di quanto interessano agli altri. I difetti fondamentali sono due:
– Sono addictive
– Si perde una marea di tempo perché le informazioni interessanti sono diluite in mezzo ad una marea di spazzatura intellettuale.

9. Corsi online

Oggi, gratuitamente, si possono fare corsi online con i migliori insegnanti del mondo. MIT, Harvard, Udemy, etc. etc. mettono a disposizione su moltissimi argomenti lezioni strutturate e ben fatte. Ogni tanto, su temi difficili, è il miglior approccio per imparare oggi

10. Conflitti

I conflitti sono i migliori strumenti per mettere in luce la nostra preparazione su un tema e i nostri bias psicologici, i pregiudizi che ci schermano da una reale conoscenza. Quindi, invece di sfuggire i conflitti, chi vuole apprendere continuamente deve imparare ad amarli, abbracciarli e viverli fino in fondo

Il modello di conoscenza in cui mi riconosco di più è quello della razionalità limitata di Herbert Simon. Da wikipedia:

La razionalità limitata è il concetto o idea secondo la quale, durante il processo decisionale, la razionalità di un individuo è limitata dalle informazioni che possiede, dai limiti cognitivi della sua mente, e dall’ammontare finito di tempo che egli ha per prendere una decisione. È stata proposta da Herbert A. Simon come base alternativa per la modellazione matematica del processo decisionale, come usata in economia e discipline correlate; essa integra la razionalità vista come esclusivamente ottimizzazione, che vede il processo decisionale come un processo pienamente razionale di ricerca di una scelta ottimale date le informazioni disponibili

Secondo questo modello quello che so è che la mia capacità di capire qualcosa dipende da quanto già so e che un obiettivo continuo è allargare l’insieme di conoscenze e competenze.

Come si può dedurre da questo post l’apprendimento continuo è molto più complicato dell’apprendimento scolastico. Ma è anche l’unica strada che abbiamo davanti a noi come società se vogliamo sopravvivere alla nostra stessa crescita.

Twitter @lforesti