L’analisi (mal fatta) del merito di credito, vero detonatore per le banche in crisi

scritto da il 14 Dicembre 2017

Di recente è uscito un volume sulla vita di Amadeo Peter Giannini, fondatore di Bank of America (al momento della fondazione il nome era Bank of Italy), che oggi capitalizza circa 277 miliardi di dollari. Per avere un ordine di grandezza, Intesa Sanpaolo, la più grande banca italiana, ne vale in borsa circa 47. L’autore, Guido Crapanzano – numismatico di fama – ci guida a scoprire la vita di Giannini, il cui padre emigrò in America dall’entroterra ligure nell’Ottocento alla ricerca di miglior vita.

“Amadeo P. Giannini, il banchiere che investiva nel futuro” (Graphofeel editore), ci lascia in eredità degli insegnamenti sempiterni. Uno su tutti, la fondamentale importanza dell’analisi di merito di credito. Quando il 17 ottobre 1904 aprono gli sportelli dell’appena nata Bank of Italy, il principio cardine nell’erogazione creditizia era il seguente: la banca presta a tutti coloro che sono onesti e hanno un progetto valido.

Merito di credito, anche per gli emigrati volenterosi e capaci che non avevano garanzie. Si devono chiedere referenze alla comunità di appartenenza del soggetto imprenditore. Crapanzano scrive: ”Giannini esaminava ogni richiesta, valutandola personalmente e dedicando a queste attività gran parte del suo tempo” […]. “Il prestito è garantito dalla parola di chi lo riceve e come garanzia valgono i calli delle mani”.

E’ verissimo che l’economia italiana ha attraversato la crisi più grave del Novecento, ma il cittadino si chiede come mai il Credito Emiliano abbia un rapporto sofferenze lorde/impieghi nell’intorno del 4% e Popolare di Vicenza nove volte tanto, nell’intorno del 35%.

Nel paper “Come gestire razionalmente gli NPL delle banche italiane in maggiore difficoltà. I casi di MPS, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca”, il banchiere di lungo corso Giuseppe Grassano invita a riflettere: “Un’analisi orientata ad identificare i fattori di anomalia che hanno innescato la crisi non può che trarre spunto da una considerazione basilare; per contenere il volume di rischio del credito erogando è indispensabile che l’istruttoria della pratica di fido sia, a partire dalla domanda iniziale del cliente, supportata da tutta una serie di indicazioni tali da far comprendere alla struttura deputata alla formulazione di un parere, prima della sottoposizione agli organi deliberanti, non solo le “reali” motivazioni alla base della richiesta, ma soprattutto, la dimensione prospettica del rischio che la banca andrà ad assumere marginalmente con la nuova operazione”.

Ci si chiede, peraltro, se le strutture aziendali deputate ai controlli – audit, rischi e compliance – abbia funzionato a dovere. Secondo Grassano, queste strutture devono avere al vertice “un manager dotato di forte tenuta caratteriale… atteso che l’operato impatta in modo rilevante sui risultati di bilancio”. Torna in mente Ernesto Rossi, secondo cui «non sono tante le persone colte che mancano nel nostro paese. Mancano gli individui che hanno una spina dorsale, ed è molto più facile aumentare la cultura che formare i caratteri».

 

Gianni Zonin, ex  presidente della Banca Popolare di Vicenza

Gianni Zonin, ex presidente della Banca Popolare di Vicenza

Le diverse operazioni di finanziamento di progetti immobiliari finanziati da Veneto Banca e Popolare di Vicenza gridano vendetta anche perché non è stata seguita una regola aurea: pagare ad avanzamento lavori. Se si finanzia tutto e subito con in garanzia un prato verde, le sofferenze arrivano dal giorno dopo. Se poi si finanziano improvvisati immobiliaristi come ex calciatori (Roberto Bettega, Vincenzo Iaquinta, foraggiati da Popolare Vicenza), siamo in default a momento t con zero.

Grassano scrive: “E’ necessario valutare il frazionamento del rischio stesso per settore e ramo di attività economica e per importo erogato, l’adeguatezza delle garanzie sottostanti ed il loro valore di mercato (da verificare in continuo nel tempo), il mantenimento di un corretto rapporto tra credito a breve ed a medio-lungo e la capacità di generazione di adeguati cash-flow delle iniziative imprenditoriali finanziate”.

Fantascienza per alcune realtà e ne abbiamo visto le conseguenze.

Un altro insegnamento di Amadeo P. Giannini è valido ancor oggi: a nessun funzionario o dirigente sarà permesso di prendere a prestito un solo centesimo. Siamo ben lontani dal mondo di oggi costellato di debitori di riferimento. Questa superba definizione la dobbiamo a Sergio Siglienti, banchiere vero. Nel suo mirabile “Una privatizzazione molto privata” (Mondadori, 1996) definì debitori di riferimento i membri dei consigli di amministrazione delle banche a loro volta finanziati dalle banche stesse: “Quando una decisione è affidata (anche a livello di comitato esecutivo) a esponenti di imprese clienti della banca, essa può trovarsi a essere di fatto controllata dai suoi debitori” (p. 95).

Ecco il busillis. Per anni in Italia abbiamo avuto “debitori di riferimento”, invece che seri “azionisti di riferimento”. Senza contare il fatto che Giannini rifiutò emolumenti esagerati mentre oggi i banchieri vengono foraggiati con stipendi fuori da ogni logica. Enrico Cuccia, per dire, morì lasciando agli eredi sul conto corrente 300 milioni di lire, al conio di oggi circa 155mila euro, lo stipendio di venti giorni dell’amministratore delegato attuale di Mediobanca.

Twitter @beniapiccone