Lo ius soli è morto, viva lo ius soli. L’obiettivo è l’integrazione (servono nuovi Traiano)

scritto da il 28 Dicembre 2017

Il caso è noto.  Il 6 marzo 2013, Singh Jatinder – indiano sikh immigrato in Italia nel 2010 – viene fermato dalla polizia davanti alla scuola elementare di Goito (Mantova). Alla cintola ha un pugnale di 18,5 centimetri, il kirpan (coltello sacro). All’intimazione di consegnare l’arma, oppone resistenza. Secondo lui, sta adempiendo ai precetti della sua fede. Secondo la polizia, sta creando un problema di ordine pubblico. La vicenda finisce in Corte di Cassazione, la cui sentenza[i] (del maggio 2017) stabilisce che ha ragione la polizia: in Italia il valore della sicurezza limita quello della libertà di culto. In altre parole, non si possono creare – né tantomeno proteggere – diritti ad hoc per le minoranze.

Nei prossimi anni ci saranno molti casi simili. Per capire come gestirli, bisogna “quadrare il cerchio”, riconoscendo – al contempo – tre verità: a. l’immigrazione è un fenomeno strutturale, inarrestabile, con cui conviveremo a lungo; b. l’“immigrazione-senza-integrazione” porta all’isolamento culturale ed erode la coesione sociale; e c. l’Europa e l’Italia hanno bisogno di immigrati.

a. Per decenni a venire, gli influssi migratori si potranno regolare, ma non contenere. Le migrazioni fanno parte della storia dell’umanità. Stando ai dati ufficiali, che senz’altro sottostimano il fenomeno: 1) a livello globale, se la popolazione immigrata crescesse al tasso registrato negli ultimi 20 anni, passerebbe dai 214 milioni del 2009 a 405 milioni nel 2050; 2) nell’Unione Europea (UE) vivono oggi 35,1 milioni di immigrati[ii] (più o meno il 7 per cento del totale); dal 2002, i flussi di immigrazione netta sono quasi triplicati, a circa 2 milioni di persone all’anno; entro il 2050 arriveranno altri 35 milioni di migranti, e più del 15 per cento della popolazione[iii] dell’UE sarà di origine straniera; e 3) in Italia risiedono più di 5 milioni di stranieri (quasi il 9 per cento degli abitanti), di cui circa 2 milioni sono arrivati negli ultimi dieci anni[iv]. Nel 2065, tra meno di cinquant’anni, quasi un terzo della popolazione italiana sarà di origine straniera[v].

b. L’immigrazione senza regole crea problemi. Gli influssi non regolamentati degli ultimi decenni hanno creato problemi economici e sociali che avrebbero potuto essere evitati. Nei paesi ospitanti, i cittadini più deboli hanno sofferto: 1) un abbassamento dei salari e un peggioramento delle condizioni di vita – la cosiddetta “guerra tra poveri[vi] o “competizione verso il basso[vii]; 2) un minore accesso all’assistenza, a causa di una maggiore competizione per buoni pasto, sussidi, case popolari, et alia; 3) un minore accesso al sistema di protezione sociale (istruzione, sanità pubblica, pensioni)[viii] – in specie per coloro non in grado di pagare tutele privatistiche; 4) il nascere di quartieri ad alta concentrazione di immigrati – i cosiddetti “quartieri-ghetto”, in cui il ripristino di usi e costumi dei paesi di origine ha creato: a) “comunità chiuse”, frammentate per etnie; e b) un aumento del tasso di criminalità[ix] (e la conseguente diminuzione del prezzo degli immobili); e 5) “conflitti culturali” dovuti a differenze inconciliabili sui principî di convivenza. Di conseguenza, l’ostilità contro le minoranze (etniche, religiose e non) è in aumento[x], sospinta da affermazioni razziste di politici di estrema destra. Senza regole chiare, la tolleranza verrà meno e aumenteranno le tensioni sociali.

c. Se ben gestita, l’immigrazione contribuisce alla crescita. L’Europa ha bisogno di immigrati. Nel 2016: i) la popolazione dell’UE è aumentata solo grazie all’immigrazione[xi]; e ii) in Italia 2,4 milioni di immigrati hanno prodotto 130 miliardi di valore aggiunto (l’8,9 per cento del prodotto interno lordo), più di quanto abbiano prodotto Ungheria, Slovacchia e Croazia. Fossero un’economia a sé stante, sarebbero la 17a in Europa. Entro il 2050, senza immigrati la popolazione tedesca e italiana[xii] si ridurrebbero rispettivamente del 18 e del 16 per cento[xiii]. I lavoratori immigrati contribuiscono allo sviluppo economico e sociale perché apportano: 1) manodopera nei settori in cui c’è carenza; 2) gettito fiscale e contributi previdenziali[xiv] – seppure di entità contenuta[xv]; 3) spirito di sacrificio e laboriosità; e 4) eterogeneità culturale e creatività.

Che fare? L’obiettivo è l’integrazione, promossa con regole chiare e illuminate. Per integrare gli immigrati si deve sviluppare “convivenza” e non mera “compresenza”. Se l’immigrato resta “estraneo”, la xenofobia – e lo spirito di rivalsa che ne consegue – sviluppano odio sociale. Se l’immigrato si integra, invece, diventa fonte di ricchezza economica e culturale. È necessario un approccio concreto e coerente per gestire l’immigrazione e promuovere l’integrazione.

Regola 1: fare scelte coraggiose (imparando dalla Storia). Nel I secolo, l’Impero romano – trovatosi in seria difficoltà[xvi] – rimediò con coraggio. Scioccando i più, l’imperatore Nerva scelse il proprio successore in base al merito, e non per diritto di sangue. Per la prima volta nella storia di Roma, il designato a diventare “Imperator Caesar Augustus non era cittadino romano. E nemmeno italiano[xvii]. Nerva adottò (istituendo così il “principato elettivo”, a scapito di quello ereditario) un hispanicus, Traiano – un militare che, pur non essendone cittadino, aveva fatto suoi i principî fondanti di Roma. Si rivelò la scelta giusta[xviii]: Traiano si mise al servizio dell’Impero – che portò alla sua massima estensione territoriale – e governò in maniera illuminata e tollerante, con inappuntabile senso del dovere. Fu dichiarato dal Senato optimus princeps, “il miglior leader” ed è considerato uno dei migliori imperatori della storia di Roma.

Regola 2: esigere il rispetto delle regole della società ospitante. Non possono esserci zone franche, in cui gli immigrati – in nome del loro attaccamento all’identità d’origine – possano anteporre i propri valori a quelli autoctoni. Per integrarsi, un immigrato deve: 1) conformare i propri valori a quelli della società che lo accoglie; e 2) rispettarne le regole – il che implica verificare ex-ante la liceità dei propri comportamenti rispetto all’ordinamento giuridico locale. Per esempio, l’immigrante in Europa – se di cultura machista e teocratica – deve rispettare i diritti umani (di donne e minori su tutti) e accettare la laicità dello Stato (i.e.: la separazione tra politica e religione).

Regola 3: costruire una società plurale, non multiculturale. La priorità è l’integrazione, non la multiculturalità, specie se quest’ultima – favorendo la “compresenza” – previene la “convivenza” (che è il vero obiettivo sociale). Nella società plurale (la “società aperta” teorizzata da Karl Popper) convivono più minoranze culturali, dialoganti anche se diverse, che mantengono l’identità d’origine ma hanno l’obbligo di identificarsi nei valori della società ospitante e di rispettarne i principi fondamentali e il quadro normativo. In breve, si integrano.  Nella società multiculturale, invece, sono compresenti più minoranze culturali, diverse tra loro e spesso non dialoganti, che non si identificano nei valori della società ospitante e non ne rispettano né i principi fondamentali né il quadro normativo. In breve, non si integrano[xix].

Lo ius soli è scelta coraggiosa e necessaria … Come Nerva con Traiano, l’Europa e l’Italia devono prendere decisioni forti, con visione e senza paura. La democrazia non può essere “esclusiva”. Una “società aperta” e plurale deve saper assorbire l’eterogeneità culturale e favorire l’inclusione[xx]. L’integrazione delle generazioni successive alla “prima che immigra” è un tema da affrontare con coraggio. È ora di adottare lo ius soli[xxi] come base incondizionata per l’attribuzione della nazionalità, e di accantonare l’anacronistico ius sanguinis[xxii].

… ma le regole della società ospitante vanno rispettate. Il limite invalicabile è costituito dalla legge, che deve essere uguale per tutti. Secondo Sartori, “Entrare in una comunità pluralistica è, congiuntamente, un acquisire e un concedere”.  L’acquisizione della cittadinanza implica un “concedere”, i.e. l’accettazione del quadro normativo, che cristallizza i valori e i principî della società ospitante in diritti e doveri. In altre parole, in una società plurale l’integrazione è garantita dal rispetto della legge.

Si allo ius soli, no al multiculturalismo: abbiamo bisogno di nuovi Traiano. Insomma, ‘si’ all’immigrazione, alla “convivenza”, al pluralismo. ‘No’ alla “compresenza” che genera “guerra tra poveri”, xenofobia e odio sociale. E soprattutto ‘si’ a un quadro normativo forte, che crei l’obbligo di identificarsi nei valori della società ospitante e di rispettarne i principi fondamentali.

 

Note

[i] Con sentenza 24084 del 15 maggio 2017 la Corte di cassazione  ha stabilito che “la decisione di stabilirsi in una società in cui è noto, e si ha la consapevolezza, che i valori di riferimento sono diversi da quella di provenienza, ne impone il rispetto”.

[ii] Al 1° gennaio 2016, il numero di persone nate al di fuori dell’UE-28 e dimoranti in uno Stato membro dell’UE era di 35,1 milioni, mentre erano 19,3 milioni le persone nate in uno Stato membro dell’UE diverso da quello in cui risiedevano.

[iii] Stimata a 449 milioni nel 2050.

[iv] In Italia, tra il 2007 e il 2016 la popolazione straniera residente è aumentata di 2.023.317 unità, per un totale di 5.359.000 persone. I dati si riferiscono alla presenza straniera regolare (residenti di origine straniera con una qualche forma di permesso di soggiorno).  Alcuni dati importanti: i) la cifra è quasi identica a quella degli 5.383.199 italiani residenti all’estero; ii) i residenti stranieri con permesso di lungo periodo sono la maggioranza (63 per cento); iii) a Milano e a Roma circa 500 nuovi nati al mese hanno genitori stranieri; e iv) in quanto alle appartenenze religiose, tra gli immigrati persiste la prevalenza dei cristiani (53 per cento), tra i quali la maggioranza è ortodossa (circa 1,5 milioni), seguiti dai cattolici (quasi 1 milione) e dai protestanti e altre comunità cristiane (250mila). L’incidenza dei musulmani è pari a un terzo dell’intera presenza straniera (1,6 milioni).

[v] Secondo le previsioni demografiche dell’Istat, nel 2065 su un totale di 53,7 milioni i residenti stranieri potrebbero essere 14,4 milioni e i cittadini italiani di origine straniera 7,6 milioni. Tuttavia, ci sono segni di un’inversione di tendenza. Nel 2017, il numero di stranieri in Italia potrebbe diminuire, per: a) acquisizione di cittadinanza (nel 2016 hanno preso la cittadinanza italiana 184 mila persone); b) emigrazione dopo l’acquisizione della cittadinanza (verso Svizzera, Svezia, Norvegia o Germania); e c) calo dei tentativi di sbarco, soprattutto nel canale di Sicilia (nel 2017 gli arrivi via mare sono diminuiti di più di 50 mila unità).

[vi] Il 33,9 per cento delle famiglie straniere – e il 12,4 per cento di quelle italiane – vive al di sotto della soglia di povertà. Il 36,7 per cento degli stranieri – e il 9,9 per cento degli italiani – vive in condizioni abitative di sovraffollamento. La dimensione media delle abitazioni per gli immigrati è di 68 metri quadrati, quella degli italiani di 103.

[vii] Gli immigrati accettano salari bassi, lavori più umili, precari, e senza tutele, e vivono in alloggi sovraffollati e malsani. Di conseguenza, i cittadini meno professionalizzati si vedono costretti ad accettare minori salari e peggiori condizioni di lavoro e di alloggio.

[viii] Il sistema, gravato da troppi assistiti, non e’ in grado di garantire a tutti le prestazioni di welfare e ha maggiori costi per l’assistenza sanitaria, per gli asili nido, per l’assistenza sociale (e.g.: case popolari, pensioni sociali a familiari residenti) e per la sicurezza (e.g.: forza pubblica, attività giudiziaria, carceri).

[ix] Nel 1990, gli stranieri erano pari al 2,5 per cento del totale degli imputati, e sono cresciuti al 24 per cento nel 2009, spinti da: i) mancanza di lavoro; e ii) una maggiore propensione al rischio. Secondo i dati Eurostat, il tasso di criminalità per 100mila abitanti è più basso tra gli stranieri che tra gli italiani. Nel periodo 2008-2015, secondo Eurostat, le denunce contro italiani sono aumentate del 7,4 per cento e quelle contro stranieri sono diminuite dell’1,7 per cento.

[x] Gli atteggiamenti aggressivi verso ebrei e musulmani sono sempre più diffusi. Secondo Amnesty International, i musulmani soffrono un aumento di: 1) aggressioni alle moschee; 2) reati violenti spinti dall’odio (“violent hate crimes”) contro coloro che sono percepiti come musulmani (per esempio donne con l’hijab, il velo); e 3) discriminazione al momento dell’impiego. In più: a) la Svizzera vieta i minareti nelle moschee; b) in Catalogna, i musulmani pregano in strada a causa della resistenza locale alla costruzione di moschee; e c) in Lombardia, a Pontoglio (una città di circa 7.000 abitanti, di cui 1.160 – il 16 per cento – sono nati stranieri), cartelli stradali invitavano  “chi non intende rispettare la cultura occidentale e le profonde tradizioni cristiane” ad andarsene. In Irlanda, diverse moschee e centri culturali musulmani hanno ricevuto lettere di minaccia. Una delle lettere affermava: “I musulmani non hanno il diritto di essere in Irlanda. Il popolo irlandese non è contento della vostra presenza nel nostro paese, che appartiene al vero popolo irlandese”. Nel 2015, il primo ministro ungherese Viktor Orbán affermo’ che “gli europei diventeranno minoranze nei loro paesi” “Europeans will become minorities in their own countries”.

[xi] Nel 2016, la popolazione dell’UE è cresciuta a un totale di 511,8 milioni – nonostante il numero delle nascite sia stato pari a quello delle morti (5,1 milioni) – grazie a un saldo migratorio netto di 1,5 milioni.

[xii] Secondo l’ultimo censo, tra il 2001 e il 2011  la popolazione di cittadinanza italiana è diminuita (di oltre 250 mila individui; -0,5 per cento) mentre la popolazione straniera residente in Italia è triplicata, aumentando di 2.694.256 unità, passando da poco più di 1 milione e 300 mila persone a oltre 4 milioni.

[xiii] Secondo Eurostat, tra oggi e il 2050 solo in Irlanda, Francia, Norvegia e Regno Unito la popolazione potra’ crescere anche senza immigrazione.

[xiv] In Italia, gli immigrati contribuiscono alla sostenibilità del sistema di protezione sociale. Secondo il presidente dell’ Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (Inps), Tito Boeri, gli immigrati compensano “il calo delle nascite nel nostro Paese, la minaccia più grave alla sostenibilità del nostro sistema pensionistico”. Infatti, arrivano “150mila contribuenti in più ogni anno” e sono sempre più giovani: “la quota degli under 25 che cominciano a contribuire all’Inps è passata dal 27,5 per cento del 1996 al 35 per cento del 2015”. Chiudendo le frontiere per il 2040 rischiamo “73 miliardi in meno di entrate contributive e 35 miliardi in meno di prestazioni sociali destinate a immigrati, con un saldo netto negativo di 38 miliardi per le casse dell’Inps”.

[xv] Nel 2015 gli occupati stranieri hanno prodotto una ricchezza di 127 miliardi di euro, vale a dire l’8,8 per cento del Pil, ed hanno dichiarato in media redditi di 11.752 euro annui a testa, pari a un totale di 27,3 miliardi di euro. Hanno inoltre versato Irpef per 3,2miliardi, in media 2.265 euro a testa (gli italiani 5.178). Presentando il bilancio 2016, il presidente dell’Inps Tito Boeri ha sottolineato che, in Italia: 1) nel 2016 i pensionati non comunitari sono stati 43.830 su un totale di 14.114.464; in altre parole, l’incidenza degli stranieri sul totale degli assegni di pensione è dello 0,31 per cento; e 2) senza immigrati,  nei prossimi 22 anni (tra oggi e il 2040) le entrate contributive diminuirebbero di 73 miliardi, mentre le prestazioni pensionistiche si ridurrebbero di meno della meta’ (35 miliardi di euro), con una perdita netta di 38 miliardi di euro.

[xvi] La tirannide dell’imperatore Domiziano (ultimo rappresentante della dinastia flavia, la seconda dinastia imperiale romana) – caratterizzata da una gestione del potere autoritaria e dispotica, e da un duro asservimento degli intellettuali – aveva indebolito l’Impero sia all’interno (tensioni con il Senato e regime del terrore) sia in politica estera.

[xvii] Secondo lo storico della seconda meta’ del II secolo Cassius Dio, Traiano – nato in Hispania Baetica, l’odierna Andalusia – era “un iberico, non un italiano e neppure un italiota (i.e.: abitante della Magna Grecia)” – (“an Iberian, and neither an Italian nor even an Italiot”).

[xviii] Alla fine del I secolo, Tacito, in “Vita e costumi di Giulio Agricola” a proposito del Principato di Traiano scrive: “ora finalmente si ricomincia a respirare”  (“nunc demum revit anumus).

[xix] Secondo Giovanni Sartori, il multiculturalismo è “anti-pluralistico”; i suoi presupposti conducono alla “secessione culturale” e alla “tribalizzazione” in arcipelaghi culturali confliggenti.

[xx] Secondo Norberto Bobbio: “la democrazia è inclusiva, in quanto tende a far entrare nella propria area gli “altri” che stanno fuori per allargare anche a loro i propri benefici, dei quali il primo è il rispetto di tutte le fedi”; e “(…) Che poi non si possa includere tutti, così come non si può tollerare tutto e tutti, è un problema pratico che deve trovare soluzioni adatte alle diverse circostanze”.

[xxi] Ius soli: aquisizione della cittadinanza per luogo di nascita, come conseguenza del fatto giuridico di essere nati sul territorio di un dato Paese, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori.

[xxii] Ius sanguinis: trasmissione della cittadinanza dal genitore alla prole, per diritto di sangue, indipendentemente dal luogo di nascita.