Fintech, così la finanza storica si allea con le piccole e medie imprese

scritto da il 05 Luglio 2018

Di fintech ormai si discute tutti i giorni. Lo storytelling (concedetemi questo inglesismo) vede la solita “startup giovane e intraprendente” che cresce, rosicchiando quote di mercato alle grandi banche che lavorano con le aziende. Ormai molte banche tradizionali stanno abdicando al ruolo “tradizionale” di supporto finanziario alle Pmi. E se la storia della “giovane fintech” sembra essere appannaggio delle startup, esiste un processo ben più complesso e, spesso, meno visibile, che sta avendo luogo in grandi realtà, che hanno forgiato la storia finanziaria contemporanea.

Se le startup hanno, dalla loro, un approccio giovane e innovativo, con una visione operativa che parte da zero per “conquistare il mondo”, le grandi realtà finanziarie (carte di credito, money transfer etc.) hanno dalla loro un network mondiale di clienti consolidati, una visione internazionale, la capacità di fare leva sulla propria rete di contatti e uffici per offrire servizi personalizzati (b2b) “umani” che le startup, pur competendo con soluzioni equivalenti digitali, non possono sempre offrire.

Difficile dire se esista un effettivo vincitore. È più facile immaginare che i grandi player possano comprare, o semplicemente adottare, le fintech o le loro strategie. Il concetto di innovazione “nativa”, cioè interna ad una grande azienda, è già stato tracciato negli ultimi anni da numerose testate. Per comprendere come questo processo (in gergo inglese chiamato digital disruption) stia interessando i grandi gruppi, che operano nella finanza, ho pensato di evitare le “banche” vecchio stile e concentrarmi su due realtà che, nel loro Dna, hanno molti degli elementi di una banca pur non essendo riconosciute come tali.

Western Union, per esempio, ha di recente aperto un centro per ricerche tecnologiche mirate al miglioramento dei suoi servizi digitali per le imprese (una versione lunga per dire Fintech). All’annuale Forum sulla Finanza Operativa organizzato dal yourCFO Group a Napoli, che aveva come focus fintech e medie imprese, ho avuto la possibilità di discutere con Andrea Povero (Head of Relationship Managers di Western Union Business Solutions, filiale italiana).

“In italia la Pmi è spesso sotto capitalizzata e ha legami molto forti con il sistema bancario preesistente. Per questo motivo, per tutti i pagamenti, viene considerato “normale”, per la Pmi, rivolgersi alla banca di riferimento. La nostra strategia è di intaccare la relazione che esiste tra la Pmi e la banca di riferimento portando un valore aggiunto: la fintech. Abbiamo digitalizzato una serie di processi che oggi ci permettono di offrire servizi impensabili per le normali banche nazionali: possiamo raggiungere corridoi valutari con pagamenti in oltre 130 divise. Le grandi aziende nostre clienti possono, per esempio, pagare in Cile in pesos negoziando in tempo reale il tasso di cambio del pagamento.”

Quindi siete concorrenziali anche verso i servizi offerti dalle startup fintech?

“Con la crescente proiezione delle aziende italiane verso il commercio internazionale, siamo in grado di fornire strumenti di copertura e pagamenti per piccoli e grandi importi (10-15 mila euro) in corridoi valutari estremamente complessi o secondari, oltre a quelli più utilizzati. Le fintech hanno ancora margini piccoli e vivono di soldi raccolti, hanno prospetti positivi ma tutta una storia (e relative relazioni) da costruire; noi siamo già operativi e con una storia di oltre 160 anni”

In quali realtà si può applicare la vostra visione di fintech?

“Consideriamo, per esempio, i tour operator. Da sempre sono una realtà proiettata verso l’estero. Molti tour operator italiani lavorano con noi e, tra questi, alcuni tra i più grandi player del mercato italiano. Per questi gruppi siamo loro partner su tutta la linea di pagamenti valute estere. Grazie alla nostra rete e alle recenti innovazioni fintech, che abbiamo integrato nel nostro dna, siamo in grado di fare pagamenti veloci in giornata in dollari e molte altre divise. Inoltre, riusciamo a interfacciarci automaticamente con tutti i principali sistemi di tesoreria. Ovviamente ci sono anche casi specifici, che un normale operatore o una giovane fintech non potrebbero gestire, per cui si creerebbe la necessità di trovare un nuovo fornitore. Per esempio ci siamo trovati a gestire pagamenti o coperture in dollari figiani (delle isole Figi) o altri corridoi valutari “esotici”. Per quanto questo caso possa fare sorridere, per un tour operator si parla di una destinazione standard che, se non presidiata dal suo fornitore di servizi finanziari, implica un ulteriore sforzo per trovare un fornitore dedicato, allinearlo all’interno della matrice di gestione pagamenti, con ulteriore aggravio per il tour operator.”

Dato che non esiste solo il mondo del turismo vediamo un altro caso più estremo,

“Per i gruppi media che si avvalgono di reporter in zone critiche oppure per Ong/Onlus” continua Western Union “abbiamo sviluppato soluzioni di ritiro di denaro. Il problema nelle aree critiche è la disponibilità di contante. Sia per i giornalisti che hanno bisogno di cash (dato, per esempio, il fallimento della locale rete di denaro virtuale) o per i migranti (penso al caso Grecia Turchia di un paio di anni fa) o per le Ong che seguono progetti in zone geopoliticamente complesse. Le nostre soluzioni permettono a costi contenuti di supportare tali esigenze, ritirando denaro presso la rete WU locale messo a disposizione attraverso un pagamento dalla nostra piattaforma da parte della ONG o della società per le quali i liberi professionisti prestano la loro attività”, conclude Andrea Povero di Western Union.

Se sul fronte money transfer la realtà fintech sta già prendendo piede, un’altra sfida è quella delle carte di credito. In tal senso ho pensato di dialogare con la più antica carta di credito del mondo. Diners affronta due sfide. Da un lato come integrare le dinamiche fintech all’interno del suo dna, dall’altro come rilanciare il suo brand in un contesto molto “affollato” che vede da un lato i suoi competitor classici, dall’altro le realtà delle giovani fintech. Il caso Diners è forse il più interessante scenario di una realtà storica che sta rigenerando se stessa dall’interno sviluppando nuove soluzioni per le imprese. Il fintech infatti, non riguarda solo la customer experience lato consumer ma l’innovazione prende piede e si sviluppa anche nel mondo delle aziende con potenziali riflessi profondi nella gestione delle stesse. E si va da strumenti esistenti presentati in forma innovativa e digitale, a strumenti nuovi che una volta provati prenderanno la via della digitalizzazione. La sfida digitale e fintech di molte imprese è simile a quella di Diners.

“La nostra sfida” mi spiega Giglio Del Borgo, direttore generale di Diners Club Italia, “è di portare sul mercato nuovi servizi per aiutare le aziende a sviluppare il loro business”.

Ed è proprio dalle aziende che passa la strategia di rilancio in Italia dello storico marchio Diners, con una soluzione B2B disegnata per ottimizzare la gestione del circolante. È bene ricordare che vi sono differenti esigenze, nel mondo delle carte di credito: nel mondo anglosassone ed in particolare in Nordamerica il B2B si presenta come una soluzione di efficienza in un mondo finora poco sofisticato dal punto di vista degli strumenti di pagamento, che consente di creare economie di scala. In Europa, dove si è già raggiunta una certa sofisticazione negli strumenti di pagamento, e dove sono maggiormente presenti tensioni nel rispetto delle tempistiche di pagamento, Il B2B risponde maggiormente ad un bisogno di miglioramento del circolante disponibile, andando ad influire su cicli attivi e passivi. Se guardiamo alla filiera delle relazioni fra clienti e fornitori, secondo uno studio della School of Management del Polimi, in Italia i tempi medi di incasso sono di 98 giorni e di 124 giorni i tempi di pagamento verso i fornitori. schermata-2018-07-03-alle-12-36-51Questa situazione fa del mercato potenziale del Supply Chain Finance italiano, stimato in 637 miliardi, il più grande d’Europa, indirizzato solo per il 23% da soluzioni specializzate, ancora prevalentemente di tipo tradizionale.

“Per noi di Diners” dice Del Borgo “questa è un’opportunità straordinaria, perché di fatto il mercato è ancora del tutto vergine. Abbiamo sviluppato soluzioni” continua il manager “che permettono alle imprese di liberare risorse, immobilizzate nel circolante, che possono essere reimmesse nel ciclo produttivo per accelerare la crescita. Si tratta di soluzioni di pagamento che, attraverso l’emissione di carte di credito virtuali, consentono di ampliare i tempi di pagamento e offrono una serie di vantaggi aggiuntivi: diversificare le fonti di finanziamento, mantenere intatte linee di credito bancarie, lasciare invariato il rating creditizio e migliorare i processi di acquisto e gestionali.

“Le aziende” dice ancora Del Borgo, “avendo vissuto negli scorsi anni un ciclo economico che le ha messe a dura prova, hanno capito che la gestione del cashflow è l’elemento chiave, oltre che per lo sviluppo, anche per la stessa sopravvivenza. È ovvio che la strada in Italia, per noi che facciamo innovazione, non è in discesa: l’indole e la spinta al cambiamento resta una delle criticità delle nostre aziende, in particolare nelle scelte finanziarie. Tuttavia i segnali che vedo sono molto incoraggianti e ci confermano che stiamo andando nella direzione giusta”, conclude Del Borgo.

Due realtà storiche che stanno “cambiando pelle” evolvendosi. Il percorso di disruption che l’era digitale sta imponendo a tutti i settori industriali non poteva evitare di toccare il settore finanziario. Ora resta da comprendere come le medie aziende, vera (a mio avviso) spina dorsale dell’economia italiana, recepiranno queste novità.

Twitter @EnricoVerga

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