Se la crisi commerciale frena la crescita globale sono dolori anche per l’Italia

scritto da il 17 Agosto 2018

Pubblichiamo un post di Mario Angiolillo, direttore dell’Osservatorio Relazioni EU-UK-USA di The Smart Institute. Esperto di tematiche geopolitiche e di relazioni internazionali, svolge attività di advisory per diverse società con particolare riferimento agli impatti e alle opportunità offerte da Brexit –

La crisi commerciale globale innescata dalla guerra dei dazi, dalla svalutazione dello yuan cinese, dall’incertezza sulle future relazioni tra Unione Europea e Regno Unito nel dopo Brexit, e dalle difficoltà nel portare a compimento alcuni importanti Free Trade Agreement in fase di negoziazione, rischia di mettere a repentaglio un periodo di crescita attesa dell’economia globale. Con notevoli ricadute anche sull’economia italiana.

È questo ciò che traspare da una analisi dei dati del rapporto annuale dell’ICE.

La crescita nell’economia globale
Il 2017 ha rappresentato un anno di ripresa per l’economia globale, con un incremento complessivo del 3,2 per cento rispetto all’anno precedente, trainata in primo luogo dalla crescita dei Paesi emergenti, Cina e India su tutti, ma anche da una crescita, seppur più contenuta, delle economie avanzate, in primo luogo gli Stati Uniti, con un incremento su base annua del Pil pari al 2,3 per cento e con un sostanziale trend di crescita attesa per il 2018.

Anche nell’area Euro il 2017 è stato caratterizzato dalla ripresa della crescita, pari al 2,3 per cento su base annua, pur perdurando le sperequazioni tra gli Stati membri, con Germania e Spagna a fare da traino e Italia e Francia con una crescita sotto la media.

I fattori della ripresa sono stai molteplici: se per Cina e India ha inciso l’ulteriore incremento delle esportazioni nette, anche per effetto degli investimenti legati al progetto Belt and Road Initiative del governo Cinese, per gli Stati Uniti ha avuto un effetto positivo l’incremento dei prezzi delle materie prime, e nell’area Euro l’incremento della domanda interna sostenuta da una ripresa del credito al consumo.

Il traino alla crescita globale da parte delle economie emergenti, secondo le stime del FMI, dovrebbe essere confermato anche nel prossimo biennio.

Grafico 1 – Contributi alla crescita del PIL mondiale

schermata-2018-08-17-alle-10-54-44
La ripresa della crescita economica ha determinato un incremento degli scambi commerciali di merci e servizi su scala globale, con un tasso di crescita complessivo del 4,9 per cento nel 2017 e con una previsione di crescita nel 2018 al 5,1, facendo registrare un notevole incremento rispetto alla media del periodo 2012-2016, quando l’indicatore era fermo al 3,1 per cento, seppur con tassi di crescita sensibilmente inferiori ai livelli ante crisi del 2008. È da rilevare come la ripresa del commercio mondiale faccia registrare una crescita superiore alla crescita del PIL.

Grafico 2 – Produzione e commercio mondiali
schermata-2018-08-17-alle-10-54-58
L’analisi degli scambi di merci e servizi mostra una crescita al di sopra della media mondiale sul mercato asiatico, una crescita positiva ma leggermente al di sotto della media in Unione Europea e nell’America settentrionale e una decrescita sostenuta nel Medio Oriente, principalmente per effetto dell’andamento del prezzo del petrolio.

Anche nel 2017 i primi Paesi sia per merci esportate che per merci importate sono stati nell’ordine Stati Uniti, Cina e Germania. Ma mentre per Cina e Germania la bilancia commerciale ha un saldo attivo, per gli Stati Uniti è in deficit.

Grafico 3 – Esportazioni e importazioni di merci nel 2017 per area geografica
schermata-2018-08-17-alle-10-55-09
I valori dell’Italia

In questo contesto sono state positive anche le performances per l’Italia. Il 2017 si è chiuso con un tasso di crescita del PIL all’1,5 per cento, dato sostanzialmente inferiore alla media europea, ma superiore alle previsioni.

È stato invece registrato un incremento delle esportazioni, in termini quantitativi, pari al 5,4 per cento, indicatore superiore alla media dell’area Euro per la prima volta dal 2011.

Il saldo della bilancia commerciale è attivo, pur facendo registrare un lieve deficit nei servizi tuttavia ampiamente compensato dal surplus nello scambio di merci.

La crescita dell’export è stata principalmente determinata dagli scambi con mercati extra UE, in primo luogo la Cina con una crescita delle esportazioni del 22 per cento su base annua e Russia e Brasile con il 19 per cento. Le stime del FMI relative al permanere di tassi di crescita positivi per i paesi emergenti nel prossimo biennio sostengono pertanto prospettive di consolidamento per l’export italiano.

I settori in cui l’export è cresciuto maggiormente, talvolta al di sopra della media dell’Eurozona, sono stati la farmaceutica, la gioielleria, gli autoveicoli, la chimica ed i prodotti alimentari.

La crescita delle esportazioni è stata caratterizzata da un doppio incremento. È incrementato il valore medio per impresa delle esportazioni (margine intensivo) ed è incrementato il numero delle imprese che esportano prodotti (margine estensivo).

Grafico 4 – margine estensivo e intensivo delle esportazioni italiane
schermata-2018-08-17-alle-10-55-27
È da segnalare che, nonostante l’incremento delle esportazioni, il surplus commerciale italiano è diminuito rispetto al 2016, in conseguenza dell’aumento del prezzo delle materie prime all’importazione. Sul valore complessivo della riduzione del surplus italiano hanno inciso maggiormente il disavanzo con il Medio Oriente, e nell’area Euro, il disavanzo con la Germania.

Le tensioni sui mercati internazionali
A mettere a rischio il consolidarsi di questa fase di crescita dell’economia e del commercio globale sono le tensioni delle ultime settimane sui mercati internazionali.

Se dall’inizio della crisi del 2008 si è assistito ad un incremento delle misure di difesa commerciale, incluse le barriere non tariffarie, in parte assorbite dai mercati, un cambio di paradigma con ulteriore inasprimento delle barriere si è avuto con l’avvio delle politiche di dazi commerciali istituite dall’amministrazione Trump sulla base della sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962 e motivati come una misura necessaria per ricomporre lo squilibrio nella bilancia commerciale statunitense.

Tali misure, rivolte anche ad alcuni beni provenienti dai Paesi dell’Unione Europea, si sono andate ad aggiungere ai dazi antidumping, per quei prodotti stranieri che vengono immessi nel mercato statunitense ad un prezzo più basso di quello applicato sul mercato domestico di provenienza, e ai dazi compensativi, che vanno a contrastare le misure a favore dell’export messe in campo da Paesi esteri per favorire la penetrazione del mercato Usa, già da tempo applicate e rivolte principalmente ai produttori di merci provenienti dal mercato Cinese.

L’avvio della politica dei dazi, cui hanno fatto seguito le contromisure adottate dal Governo Cinese e dall’Unione Europea con l’inasprimento o l’introduzione di dazi sui prodotti provenienti dal mercato USA e con la svalutazione dello yuan, si inseriscono in un contesto caratterizzato da una fase di stallo nella realizzazione di negoziati commerciali multilaterali.

L’esempio principale è dato dal forte rallentamento dei negoziati per la realizzazione del Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), ma al momento non si riesce a giungere a conclusione o a rendere operativi neanche il partenariato trans-pacifico (CPTPP), il Trade in Services Agreement (TISA) per la liberalizzazione degli scambi di servizi, o l’Environmental Goods Agreement (EGA) relativo al commercio di beni ambientali.

Grafico 5 – Accordi commerciali preferenziali attivi, notificati all’OMC, per anno di entrata in vigore e cumulati
schermata-2018-08-17-alle-10-55-43
Il rallentamento nei negoziati per la realizzazione dei Free Trade Agreement è dovuto anche alle difficoltà interne all’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), che da tempo sconta una perdita di efficienza, con allungamento dei tempi, nella risoluzione delle controversie portate innanzi all’Appellate Body, e che con il nulla di fatto dell’undicesima conferenza di Buenos Aires ha sostanzialmente aperto il dibattito sulla riforma dei regolamenti sul commercio globale e forse sulla propria stessa Governance.

A questo, sul versante europeo, bisogna aggiungere le tensioni e le incertezze nei negoziati su Brexit, sia per quanto attiene all’accordo di recesso ai sensi dell’art. 50 del trattato sull’UE sia agli accordi sulle future relazioni tra Unione Europea e Regno Unito, con il White Paper presentato dal Governo di Theresa May come soluzione equilibrata in grado di garantire il mantenimento di strette relazioni tra le parti pur permettendo ad entrambe di perseguire un’autonoma politica commerciale potendo sottoscrivere liberamente accordi con Paesi terzi, che sta riscuotendo valutazioni contrastanti sia sul versante britannico che da parte della Commissione Europea.

Prospettive
Tale situazione di crisi ed incertezza induce a pensare che bisognerà rilevare una sensibile variazione al ribasso delle stime di crescita previste per il prossimo biennio.

Le attuali tensioni sui mercati internazionali rappresentano evidentemente un tentativo di contemperare nuovi interessi dei principali attori presenti a livello globale, in particolare con l’attivismo dell’Amministrazione Trump finalizzato a riportare in equilibrio la bilancia commerciale statunitense.

Si scontano inoltre le tensioni interne all’Unione Europea sia per quanto attiene alla gestione degli accordi su Brexit, sia per quanto riguarda le frizioni interne su alcuni dossier, tra cui quello relativo alla gestione dei fenomeni migratori.

Sarà quindi essenziale ritrovare un equilibrio sui mercati commerciali internazionali, e a tal fine sarebbe auspicabile proseguire nel dibattito su una riforma, con conseguente rilancio, del WTO, in grado di dare nuova linfa al sistema dei Free Trade Agreement sui mercati internazionali, a partire dalla ripresa del dialogo per la realizzazione della Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), e creare così le condizioni per il consolidamento della crescita dell’economia e del commercio globale i cui primi segnali di ripresa si sono visti nel 2017.

Twitter @DottAngiolillo