Una settimana di Econopoly (quella del Pil tornato a zero)

scritto da il 04 Novembre 2018

Come avesse capito che dal Governo e dalla sua manovra dal sapore pre-elettorale una vera spinta non potrà venire, l’economia italiana si è inchiodata. Lungi dal lasciar presagire galoppate gloriose (per dire, le stime del Tesoro sul 2019 – +1,5% – sono ritenute un esercizio di fantasia da qualunque ufficio studi della galassia) le scelte di politica economica sono pensate per accontentare le rispettive basi elettorali e per scontentare le menti dotate di minimo raziocinio. Che poi, a ben vedere, dalla manovra sono magicamente scomparsi due dei provvedimenti che massimamente avrebbero dovuto caratterizzarla, ovvero il reddito di cittadinanza e la riforma della della riforma Fornero. Un segnale chiaro che dalle parti di Palazzo Chigi non si sa bene che pesci prendere, per trovare la quadra. Ai protagonisti dell’economia tutto questo non può bastare e non è bastato nei mesi scorsi a disegnare traiettorie di sviluppo sufficienti a fare girare il motore della Corporate Italia. Come un tempo sospeso, per capire dove si andrà a parare.

Ha scritto Alberto Orioli sul Sole 24 Ore:

Passi il fatto che la manovra taglia gli investimenti quattro volte più della spesa corrente (1,6 miliardi contro 440 milioni); ma se il Governo scrive, nero su bianco, nel Documento programmatico di bilancio inviato agli arcigni valutatori europei che il moltiplicatore medio usato per rendere congruo il quadro macro economico è di 0,5 per il primo anno, rende l’operazione crescita un po’ più fragile.

Significa che, per ogni euro speso, tornano al sistema 50 centesimi. In realtà quel coefficiente è coerente con la natura composita delle azioni di bilancio, concentrate in gran parte nei trasferimenti diretti alla cittadinanza e, in misura minore, in investimenti veri e propri… Ciò che conta è che – sempre stando alla relazione inviata a Bruxelles – nel triennio per ogni euro speso si avrà un ritorno di 35 centesimi al Pil (il calcolo che fanno gli economisti è dato dal rapporto tra il deficit aggiuntivo cumulato e l’aumento cumulato del Pil atteso nel triennio, vale a dire tra 1,4 e 4 che dà come risultato il moltiplicatore 0,35, vale a dire 35 centesimi ogni euro speso che ritornano al Prodotto interno lordo).

Ecco, i numeri, così cari a Econopoly, parlano chiaro. Gli imprenditori lo sanno. Come sanno che

Peggio di un deficit costoso
c’è solo un deficit inutile o dannoso

È il titolo del secondo pezzo più letto della settimana su questo blog, firmato da Maurizio Sgroi. “Pochi dubiteranno del costo salato che l’Italia ha affrontato, e soprattutto dovrà affrontare in futuro, per portare avanti la sua politica di espansione del deficit pubblico”. Tra i pochi, purtroppo, ci sono quelli che decidono. E che pensano, per fare un esempio, di punire i giornali che osano criticare il loro operato. È, questo ruolo, uno dei fondamenti di ogni sana democrazia. Qualche anticorpo deve essere rimasto in circolazione, fortunatamente, se il pezzo più letto è stato quello firmato da Alessandro Magnoli Bocchi:

I cinque errori della democrazia
e perché puntare sul merito vuol dire salvarla

La democrazia rischia di soccombere. L’idea che la  democrazia sia l’unico sistema possibile (e l’autoritarismo superato) ha perso plausibilità. Anche le democrazie più consolidate – in affanno nel gestire globalizzazione, disuguaglianza e immigrazione – sono a rischio sopravvivenza. Il mondo è in “recessione democratica”, è l’incipit del post. Che merita di essere letto.

Si conferma da podio il pezzo più letto della settimana precedente, di Andrea Guarise. Al terzo posto infatti troviamo:

Sei un proprietario immobiliare?
Benvenuto tra i nuovi poveri

Una provocazione che non lo era, se è vero che “la ricchezza delle famiglie è allocata (per l’87%) in un’asset class che per propria natura è tra le più illiquide sul mercato, su valori ipotetici, non di mercato, mentre tassazione e imposte sono certe e reali, e possibili patrimoniali non sono oggi da escludere”. E insomma, conclude Guarise, “quello che è ritenuto un tesoretto, in realtà a guardarlo bene, tanto tesoretto non è”. Che ne pensate?

Ed ecco gli altri post più letti negli ultimi “magnifici sette” giorni:

La Bce come una bad bank? Cosa hanno detto (davvero) Savona, Di Maio e Salvini – di Francesco Mercadante

Lo spread, l’austerity e il vero problema della manovra, al di là degli zero virgola – di Francesco Lenzi

La lezione di Bankitalia al governo. “Prediche inutili”? Speriamo di no – di Beniamino Piccone

Reddito di cittadinanza? Non prima di un buon mercato del lavoro. Ecco perché – di Alessandro Capocchi

Le grandi agenzie di comunicazione hanno un futuro? – di Enrico Verga

A chi conviene la pace fiscale? – di Costantino Ferrara

Il Sud nella legge di bilancio c’è ma senza un’idea di sviluppo – di Francesco Bruno

Buona lettura e rilettura!

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