Uber, senza definizione del mercato rilevante si diventa dei romantici

scritto da il 16 Giugno 2015

Da giovedì scorso l’utilizzo dell’app UberPop è inibito su tutto il territorio nazionale. Il Tribunale civile di Milano ha così respinto il ricorso della società californiana contro il blocco dell’app stabilito da una precedente decisione che imputava a Uber la violazione di norme di natura pubblicistica e la conseguente integrazione di condotte di concorrenza sleale. L’imputazione degli atti di concorrenza sleale presuppone che le imprese coinvolte siano concorrenti. Nella prassi antitrust, si direbbe che le imprese operano su uno stesso mercato rilevante. Nell’ambito delle controversie che riguardano la concorrenza, la definizione del mercato rilevante è condizione necessaria per accertare il legame concorrenziale tra le imprese coinvolte e, di conseguenza, appurare la sussistenza di presunte condotte a danno di consumatori e concorrenti.

Per i più “radicali”, il problema neanche esiste. Per questi, Uber è una mera piattaforma di intermediazione che, in quanto tale, risolve di per sé la definizione del mercato rilevante. Sarebbe però semplicistico ignorare il carattere di essenzialità della piattaforma nell’organizzazione e sviluppo dell’attività sottostante. Aspetto che anche la Commissione Europea, nell’indagine che presto dovrebbe avviare per dare una soluzione al caso Uber, sembra non volere ignorare.

L’identificazione del mercato rilevante si basa su analisi tese a individuare un insieme di servizi o prodotti che siano in grado di esercitare una vicendevole pressione concorrenziale. Nel caso in questione, si tratterebbe di stabilire se tassisti e driver che si appoggiano a UberPop esercitino un reciproco vincolo concorrenziale oppure operino su mercati rilevanti distinti.

Quote di mercato degli operatori, prezzi, caratteristiche della domanda e dei processi produttivi, modalità e costi di offerta del servizio, sono tutti dati necessari alla definizione del mercato rilevante. Informazioni in larghissima parte confidenziali che, non essendo disponibili pubblicamente, non possono permettere affermazioni che vadano oltre mere speculazioni o domande.

Qualche spunto sulla definizione del mercato rilevante arriva dalla recente segnalazione dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti, a Governo e Parlamento, su possibili modifiche alla legge 21/1992 che disciplina i servizi taxi e NCC (noleggio con conducente).

Secondo l’Autorità, tra il 2006 e il 2014, a fronte di un aumento medio dei prezzi al consumo del 15%, le tariffe taxi sono aumentate del 37% a Roma, del 29% a Firenze, e del 23% a Milano.  Inoltre, “si registra una correlazione positiva tra tariffe e reddito medio della popolazione residente, a indicazione che il servizio di taxi soddisfa principalmente taluni segmenti” del mercato: “Popolazione con reddito medio-alto, dell’utenza business e, in parte, quello legato al turismo”.

Il dato sull’aumento delle tariffe, unito alle caratteristiche della domanda servita dai taxi, induce a chiedersi se questa non renda poco significativa una eventuale pressione concorrenziale di UberPop. La clientela business e di medio-alto reddito potrebbe essere poco sensibile a eventuali aumenti tariffari, la cui entità peraltro è difficilmente percepibile dai consumatori. Inoltre, qualora lo fosse, è possibile che questi segmenti di clientela abbiano rivolto la propria domanda non tanto verso UberPop quanto verso Uber Black il servizio premium di Uber.

Altre informazioni utili, potrebbero provenire dall’analisi delle quote di mercato per fasce orarie e per tratta. Attraverso dati sulle caratteristiche della clientela UberPop per tragitto coperto, si pensi ai percorsi città-aeroporto, si potrebbe magari concludere che UberPop fa concorrenza, su certe tratte, non ai taxi ma a treni o bus. Specie se la app è sfruttata in comitiva risultando particolarmente vantaggiosa a livello individuale.

Un elemento di complessità nella definizione del mercato rilevante deriva dal confronto dei prezzi. Le modalità di determinazione delle tariffe taxi e dei corrispettivi di UberPop sono infatti molto diverse in virtù della diversa struttura di costi e dei diversi obiettivi che la remunerazione dei due servizi ambisce a soddisfare.

Un’ultima domanda la suggeriscono i tassisti di Milano e Bologna che hanno lanciato l’offerta del servizio tramite app. Questa innovazione potrebbe forse spingere a considerare taxi e conducenti UberPop come operatori di uno stesso mercato rilevante anche se a usufruire della app, lato offerta, saranno i titolari di licenza e di tutti gli altri requisiti richiesti a fini pubblicistici.

Molte domande sono aperte. Non rimane quindi che attendere le risposte del Parlamento, della Commissione europea e delle authority competenti. L’importante è che nel rispondere si ricorra ai dati. “Se non si conoscono i dati, allora si eccede nelle descrizioni, e si diventa per forza dei romantici”.*

Twitter @SimoBenedettini 

*La citazione è tratta dal libro “S’è fatta ora” di Antonio Pascale.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono esclusivamenteall’autrice e non riflettono necessariamente quelle delle organizzazioni con cui collabora.