La propaganda della Commissione europea e i cinque scenari per il 2025

scritto da il 24 Maggio 2017

Ho letto il “Libro bianco sul futuro dell’Europa”. Lo definirei come un foglietto propagandistico della Commissione Europea per il proprio obiettivo super-statale. La parte interessante di questa autopromozione è la presentazione di cinque scenari su come potrà essere l’Europa del 2025. Chiaramente il fine è mostrare che non è il caso di lasciare la UE così come è, né di tornare indietro in modo più o meno marcato, bensì è opportuno aspirare alla massima integrazione (leggi appunto: super-Stato). Voglio guardare un po’ più in dettaglio questi scenari, perché dicono qualcosa del punto di vista della Commissione, ma non solo.

1. Nello scenario Avanti così resta una sostanziale divisione tra Membri e UE, benché gli obiettivi comuni siano gli stessi. La politica monetaria mantiene obiettivi “reali”. Si crea una prima struttura di difesa UE e di controllo della “frontiera comune”. La UE è una potenza diplomatica unica e rilevante – a volte la più importante – in materia di clima e di solidarietà internazionale.

Permanendo la dicotomia Membri-UE e gli attuali processi decisionali, il contesto è sempre vulnerabile alle tensioni interne: questo può inficiare l’efficacia dell’azione comunitaria, da cui un consenso altalenante, come accade già oggi. La dicotomia di fondo implica anche uno svantaggio per transazioni/spostamenti tra Membri rispetto a transazioni/spostamenti infra-Membro (un indotto home bias di consumi e investimenti, in pratica).

juncker_sad2. Nello scenario Il solo mercato unico sostanzialmente frana tutta l’impalcatura, salvo il mercato unico. La struttura normativa inter-europea è essenzialmente un intreccio di accordi bilaterali. Non esiste più una unica voce europea nella diplomazia internazionale. Le spinte centrifughe sono tali da mettere in pericolo anche la moneta unica, e non garantiscono quindi l’esistenza dello stesso mercato unico nonché di standard europei, il che implica un grado di balcanizzazione economica.

3. Lo scenario Chi vuole di più fa di più rappresenta sostanzialmente un futuro “a più velocità”. Lo scenario è simile al primo, con aggiunta una integrazione più stretta tra i Membri che applicano le possibilità di “cooperazione rafforzata”, per cui varrà un sostanziale diritto civile, commerciale e penale unico o quasi.

L’area comunitaria incrementa la sua disomogeneità giuridica, il che può complicare il processo decisionale.

4. Nello scenario Fare meno in modo più efficiente gli ambiti di intervento UE vengono selezionati: alcuni sono sostanzialmente abbandonati (sviluppo regionale, lavoro e altre politiche sociali), e le risorse convergono sugli altri progetti per incrementarne velocità e qualità di realizzazione (R&D e infrastrutture specifiche, controllo delle frontiere comuni). Il principio fondamentale è la dimostrazione dell’efficacia della UE, al costo di ridurre il suo spazio.

L’attività della UE è ora meglio monitorabile dal basso. I veri problemi stanno alla base, cioè nel consenso alla cernita dei progetti da rinforzare e di quelli da abbandonare.

5. Lo scenario Fare molto di più insieme è il gran finale tanto agognato, il sostanziale super-Stato: all’esterno la UE è un unico soggetto militare diplomatico e commerciale. SI realizza l’unione economica finanziaria e di bilancio, con l’ESM definitivamente trasformato in Fondo Monetario Europeo a sostegno dei grandi progetti infrastrutturali comuni, a compensazione degli shock economici asimmetrici, e come veicolo del maggior donatore di aiuti internazionali.

Resta – o si inasprisce – la ragione delle tensioni nazionali sul tema della ancora maggior sovranità ceduta.

Propongo alcune osservazioni e punti di attenzione:

juncker-1* Le differenze tra i paesi sono concepite dalla Commissione come un fattore di instabilità o caos, non vi è cioè alcun riconoscimento dell’utilità della diversità – evidentemente il concetto di concorrenza fiscale-amministrativa era e resta estraneo agli organismi comunitari (la loro natura è in effetti naturalmente antitetica all’idea stessa di disomogeneità). La Commissione è comunque conscia del fatto che l’accentramento dei poteri (oggi sono chiamati “sovranità”) porta inevitabilmente con sé un avverso fronte nazionalista (“sovranista”), indipendentemente dalla fondatezza o meno delle istanze presentate. La Commissione ha inoltre l’obiettivo di rendere la UE un primario riferimento della diplomazia internazionale, per questo deve poter parlare con una unica voce (l’autonomia dei Membri in tema di politica estera è quindi un problema); inoltre, strumentale a questo obiettivo, è la leadership negli aiuti economici internazionali che a sua volta deve essere a guida UE (bloccando quelle antagoniste dei singoli Membri). Stanti questi “obiettivi e valori di fondo”, lo scenario del super-Stato diventa automaticamente l’optimum per la Commissione.

* Lo scenario 3) è sostanzialmente quello proposto dalla Merkel, o meglio una delle possibili conseguenze dell’accettazione del “metodo intergovernativo” stante la base giuridica-organizzativa portata avanti dalla Commissione. Ma nulla vieta che resti l’unica struttura di coordinamento tra i paesi qualora l’impalcatura della UE per qualsiasi motivo crollasse (avremmo nel caso un misto degli scenari 2 e 3).

* Lo scenario 4) è quello che ho auspicato già su queste pagine come conseguenza desiderabile della Brexit. Visto in una luce più hayekiana (ad esempio nella prospettiva di cui ho scritto qui e nei post seguenti) lo scenario proposto prende la forma del seguente programma: ridurre il numero di obiettivi a quelli più facilmente realizzabili, rinunciare a certi ambiti di normazione su cui quindi agirà una forma di concorrenza amministrativa tra Membri, e muoversi verso una comune politica estera e difesa. Il problema vero è che già ogni Membro è incapace a limitare i propri ambiti di intervento su economia e società domestiche, figuriamoci se lo può fare la UE!

* Ritengo che idealmente il 4) sia uno scenario combinabile con il 3): una cernita degli spazi operativi UE, nei quali sotto-gruppi di Membri possono decidere uno scatto in avanti. Va detto che la conseguenza più probabile di questa evoluzione sarebbe una disomogeneità giuridica comunitaria fortissima, da cui una complicatezza dei processi decisionali comunitari insormontabile fino all’insorgenza di una mini-UE molto stretta tra i paesi “core” avente come satelliti ampiamente slegati gli attuali Membri più “periferici”.

junker-sfotte-660x330* Lo scenario 5) presuppone necessariamente un bilancio fiscale unico e gli Eurobond, o più propriamente Unionbond, magari passando per gli European Safe Bonds (ESBies di cui anche qui, dove gli autori non sembrano però aver colto il passaggio riguardante il bilancio unico europeo suggerito dal Libro Bianco). In ogni caso, basta rileggere Hayek per capire quanto questo scenario sia più “instabile e pericoloso” di quanto ritenga la Commissione (un super-Stato è sempre uno Stato con i problemi di coordinamento economico di uno Stato… però più grande).

Il messaggio che voglio trasmettere è che questo Libro bianco dice moltissimo degli obiettivi della Commissione, e dice molto delle singole spinte governative. D’altra parte, se questa pubblicazione è paragonabile a una azione, vale il fatto che l’azione è in genere rivelatrice gli schemi di preferenza. E questa “azione” rivela anche che la Brexit non ha portato ad una decisa svolta verso una “Unione più stretta” o verso la sua totale disintegrazione, bensì ne è seguito un ventaglio di prospettive latu sensu intermedie, compresa la mia proposta – al tempo ampiamente minoritaria ma oggi presente con pari dignità pari in mezzo alle altre.

Qui si rivela infine che la Commissione, almeno come strategia di medio periodo, potrebbe cercare un compromesso con le istanze “intergovernative” (trasposte nella cornice “a più velocità”) almeno per evitare lo scenario “disastroso” che – evidentemente, in quanto rappresentato – è ancora nelle possibilità.

Ci vorrà una bussola per capire in quale strada ci stiamo ficcando.

Twitter @LBaggiani