La ripresa non è una fake news, ma la vedranno in pochi. Ecco perché

scritto da il 29 Maggio 2017

Pubblichiamo un post di Fedele De Novellis, partner ed economista senior di REF Ricerche 

Nel corso degli ultimi mesi si sono moltiplicate le indicazioni di rafforzamento della congiuntura europea. I segnali, evidenti già a inizio anno, hanno trovato conferma anche nelle tendenze più recenti. E’ quindi iniziata una fase di graduale revisione in senso migliorativo delle previsioni. Tra le diverse prese di posizione, significativa quella del presidente della Bce Mario Draghi che, in un discorso tenuto la scorsa settimana all’università di Tel Aviv, ha affermato che:

Crisis is now behind us; Euro area recovery is resilient, increasingly more broad-based.

Nonostante ciò, in Italia sono in molti a non riconoscersi in un quadro congiunturale più favorevole. Questo è dovuto a diversi fattori: innanzitutto, i numeri della crescita italiana restano per ora inferiori a quelli degli altri paesi dell’area euro; in secondo luogo, una ripresa che si produce dopo una fase di ampia contrazione dei livelli produttivi tende a incidere in maniera graduale sul mood degli operatori; terzo, negli ultimi anni l’Italia ha registrato più volte delle “false partenze”, ovvero avvii di ripresa rivelatesi poi degli episodi circoscritti temporalmente. Tutto questo sembra dunque invitare alla prudenza, e a valutare con attenzione tutti i fattori di rischio degli scenari.

A questi elementi, se ne accosta uno di natura più sostanziale, rappresentato dal fatto che il recente abbrivio della congiuntura appare molto differenziato dal punto di vista della composizione della domanda, e questo si ripercuote sulle performance delle aziende. In alcuni casi vi è quindi percezione della ripresa perché le cose stanno andando veramente per il verso giusto, mentre in altri non vi è contezza del miglioramento, semplicemente perché la situazione non sta migliorando affatto.
Per rendere conto della varianza dei comportamenti vi sono diversi aspetti che è utile sottolineare.

Il primo è che la ripresa recente è strettamente legata all’andamento delle esportazioni, dovuto al rafforzamento della domanda internazionale. Questo di per sé determina una divergenza nelle performance, a tutto vantaggio dei comparti dell’economia con una maggiore vocazione all’export, a fronte di un quadro meno positivo per i settori più legati alla domanda interna.

L’evoluzione più lenta della domanda interna italiana rispetto ai principali partner è del resto in corso da almeno cinque anni, e questo sta quindi modificando la nostra struttura produttiva, penalizzando i produttori orientati al mercato interno.

L’effetto della ripresa delle esportazioni ha implicazioni differenti in base alla dimensione d’impresa, visto che con minore frequenza ne beneficiano le imprese piccole, ovvero quelle che beneficiano della ripresa dell’export solamente in seconda battuta, attraverso la produzione di intermedi per gli esportatori.

Allo stesso modo la ripresa export-led presenta una specifica articolazione territoriale, data la concentrazione degli esportatori soprattutto al Nord. L’industria del Sud, più legata alla domanda interna, registra una ripresa meno vivace di quella delle altre regioni. Anche le inchieste congiunturali presso l’industria evidenziano come le valutazioni sull’attuale momento ciclico si rivelino più prudenti fra le imprese piccole e quelle del Mezzogiorno, mantenendo il gap che ha caratterizzato gli ultimi cinque-sei anni.

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La minore esuberanza della domanda interna è a sua volta anch’essa esito di andamenti divergenti delle diverse componenti.

Negli ultimi due anni l’aumento dei consumi, già di per sé non eccezionale, è stato per lo più concentrato sulla domanda di autovetture. Questo ha determinato un impulso alla crescita del settore dell’auto.

Altri segmenti della domanda delle famiglie in ripresa sono quelli legati al comparto dei turismo, per effetto dell’innovazione nei prodotti legata a Internet (con la diffusione delle case vacanza e bed&breakfast associata a siti come Booking o Airbnb) e all’aumento dell’attrattività dell’Italia rispetto a diverse destinazioni del Nord Africa (Tunisia, Egitto) a seguito del difficile quadro politico di questi paesi.

Un altro segmento che ha iniziato a evidenziare una maggiore vivacità è quello dei produttori di macchinari, sia per la quota destinata all’export, che per qualche primo accenno di ripresa del mercato interno, legato anche agli incentivi fiscali di Industria 4.0.

Se in questi comparti sono abbastanza evidenti i segnali di una ritrovata vivacità della congiuntura, lo stesso non può dirsi per altri segmenti dell’economia.

Innanzitutto, al netto dell’auto e dei servizi turistici il resto dei consumi registra per lo più una crescita molto lenta. E’ l’altra faccia della medaglia della stagnazione salariale, che migliora la posizione competitiva, ma mette sotto pressione il potere d’acquisto delle famiglie.

Negli ultimi mesi la frenata dei salari si accosta a una ripresa della dinamica dei prezzi perché il quadro meno favorevole dal lato del prezzo del petrolio ha portato l’inflazione dei prodotti energetici ad accelerare.

Il risultato è che i salari reali si stanno riducendo.

A ciò si aggiunge la decelerazione dell’occupazione, una volta terminato l’effetto degli sgravi contributivi in vigore sulle nuove assunzioni del 2015.

Non è quindi motivo di sorpresa se l’andamento del clima di fiducia delle famiglie anticipa una crescita modesta anche nei prossimi mesi. Di fatto, i consumi crescono poco, e quel poco è concentrato su spese turistiche e rinnovo del parco auto. E’ anche per questo che all’idea di un recupero del ciclo guardano con scetticismo i produttori di beni tradizionali, oltre che la distribuzione commerciale. Fra i distributori, quelli dei comparti specializzati nei prodotti sui quali sono in crescita le quote di Amazon probabilmente la ripresa non la vedranno affatto. Anche in questo caso si tratta di un universo popolato da molte piccole imprese.

Resta inoltre in crisi tutta la parte dell’economia legata alla domanda pubblica, fra cui i settori legati alle opere pubbliche.

Infine, per le costruzioni siamo ai minimi storici, ma in questo caso va detto che diversi indicatori, come le compravendite di case, segnalano la possibilità di un recupero nei prossimi trimestri.

La ripresa segnalata dagli indicatori congiunturali non è quindi un miraggio, ma certamente, a fronte di parti dell’economia che stanno andando bene, vi sono altre aree del tessuto economico che per ora restano al palo, e che quindi non possono avere percezione diretta del cambiamento del ciclo economico.

In poche parole, se volete parlare di ripresa, rivolgetevi a un’impresa esportatrice di dimensioni medio-grandi del Nordest, ma quando incontrate un piccolo commerciante del Sud forse è meglio se fate finta di niente.

Twitter @fdenovellis1 @REFRicerche