I robot ci ruberanno il lavoro molto in fretta. Ma se saremo furbi non andrà male. Anzi

scritto da il 11 Novembre 2017

I robot mi ruberanno il lavoro?

Si. Se non cambieremo completamente il modo di apprendere e lavorare. E succederà molto più velocemente rispetto a quanto la maggior parte delle persone possa pensare.

La ragione di fondo è legata ai costi. Un sistema intelligente, con componenti hardware e software, non solo fa surfing sugli sviluppi della tecnologia, che sono largamente di tipo esponenziale, ma autoapprende, se immerso in un problema specifico che produce dati. Quindi ha anche una sua evoluzione in termini di efficienza (mentre sull’efficacia ci sono ancora molti step da percorrere) che tende a essere molto più veloce rispetto agli esseri umani.

I costi (per unità di prodotto) dei sistemi artificiali crollano in modo esponenziale. Mentre quelli che vedono un essere umano senza supporti artificiali sono di solito piatti, a volte in crescita, nel migliore dei casi (soprattutto lungo la curva di apprendimento) lievemente in calo. Ma sempre incomparabilmente lenti rispetto ai sistemi artificiali.

La prima legge che se ne ricava è quindi: “Se un processo produttivo può essere fatto da un sistema artificiale, verrà fatto da un sistema artificiale, tra non molto”.

La seconda legge è: “Poiché le persone pensano in modo lineare mentre i processi artificiali evolvono in modo esponenziale, le persone verranno sorprese dall’arrivo improvviso della dominanza dell’artificiale sull’umano su un dato processo”.

La terza legge è: “Poiché le persone hanno soprattutto un metodo di apprendimento storico (“so, forse, quello che mi è già successo”) non credono al cambiamento fino a che non avviene e, quando avviene, la sua velocità non lascia loro il tempo di adattarsi. Quindi reagiscono come nelle emergenze: male”.

Ci sono a mio parere due atteggiamenti che possiamo avere per rendere questa rivoluzione qualcosa di utile e potenzialmente fantastico per noi.

Il primo è accettare in pieno il paradigma secondo cui gli umani dovranno dotarsi di macchine al loro fianco che facciano la parte in cui sono migliori, mentre gli umani si terranno invece quella in cui superano le macchine. Le due parti, umana e artificiale, devono integrarsi in modo molto stretto. La regola fondamentale da seguire è: “Se un processo del mio lavoro può farlo una macchina devo al più presto farlo fare ad una macchina”.

Il secondo è nella lettura del futuro. Non basta più aspettare che le cose avvengano per poi studiare e adattarsi. Non ne avremo il tempo e spesso ci schianteremo. Dobbiamo leggere nelle evoluzioni dei processi le crescite esponenziali, prevedere più o meno quando arriverà l’onda e dobbiamo anticipare la strategia da applicare per gestire quell’arrivo. Dobbiamo usare il tempo che abbiamo a disposizione per capire cosa faremo. E al momento giusto farlo.

Nel concreto bisogna quindi capire tutti gli anelli della catena del valore del nostro lavoro e trattare ogni anello come un problema a cui applicare i ragionamenti fatti sopra.

Il problema può essere visto da quattro diversi punti di vista: il singolo, l’azienda, lo Stato, il mercato globale. Il singolo e l’azienda hanno davanti le scelte descritte in questo post. Se aspettano o addirittura rifiutano il cambiamento sono destinate ad uscire dal mercato.

Lo Stato può scegliere di legiferare e agire in modo da rallentare la transizione al suo interno, oppure legiferare e agire in direzione opposta, ovvero per spingerla il più rapidamente possibile. Se sceglie la prima strada, nel breve periodo potrebbe rendere la vita un po’ più facile alla parte più in difficoltà del mondo del lavoro, ma nel medio e lungo periodo costruirebbe un disastro assoluto, rendendo totalmente non competitivo il Paese.

Quando si guarda al mercato globale, quello che sta per avvenire è un cambiamento epocale rispetto alle dinamiche viste fino ad oggi. Fondamentalmente sta per diventare scarsamente rilevante il tema del costo del lavoro umano nell’allocazione degli investimenti. Conta molto di più la capacità di avere persone creative e che sanno costruire ecosistemi produttivi ad alta intensità di automazione.

In generale per la società gli obiettivi da perseguire dovrebbero essere:

1- Aumentare in modo consistente il tempo dedicato alla formazione delle persone

2- Cambiare in modo radicale come viene fatta la formazione andando nella direzione di formare ad auto-formarsi in un mondo esponenziale attraverso una comprensione profonda dei propri vantaggi competitivi rispetto alle macchine

3- Trasformare l’aumento immenso di produttività che ci daranno le macchine in tempo libero per ozio creativo

4- Mantenere una distribuzione dei redditi che permetta una democrazia forte

5- Spingere un cambiamento culturale che porti a capire cosa ci rende veramente umani e che porti le persone ad occuparsene (che io penso sia: le emozioni, i valori, la ricerca scientifica, artistica e tecnologica).

Twitter @lforesti