Bollette smartphone a 28 giorni, la scelta è fra concorrenza e diktat legislativi

scritto da il 14 Novembre 2017

Nel corso degli ultimi due anni tutti i principali operatori di telefonia mobile hanno iniziato a introdurre modalità di rinnovo automatico delle offerte ricaricabili ogni 28 giorni (base quadri-settimanale) anziché su base mensile. Successivamente tale pratica è stata seguita nelle offerte di telefonia fissa, e da ultimo anche dal principale operatore di pay-tv (Sky Italia).

Questa condotta e la sua diffusa e parallela adozione da parte dalle maggiori compagnie di telecomunicazioni (Wind, Vodafone, TIM e Fastweb) hanno suscitato forti proteste da parte dei consumatori, sono state oggetto di delibera da parte dell’Autorità per le comunicazioni (Agcom) e di multe da parte dell’Antitrust (Agcm). Più recentemente, anche lo stesso Governo ha preso una posizione molto netta, appoggiando le richieste di stabilire per legge l’obbligo di rispettare una periodicità di fatturazione non inferiore al mese in tutti i servizi di pubblica utilità.

Di conseguenza, diversi parlamentari hanno presentato proposte di legge o emendamenti con l’obiettivo di cristallizzare il limite alla frequenza di fatturazione, estendendolo a tutti i servizi di pubblica utilità (anche se in concreto il problema finora si è posto per le sole tlc e pay-tv). Il Governo a sua volta si è detto disponibile ad accogliere tali modifiche normative nell’ambito della conversione parlamentare del decreto fiscale. A partire da domani, quindi, l’emendamento presentato in Commissione Bilancio del Senato lo scorso 24 ottobre dal Sen. Esposito (esponente del Partito Democratico) inizierà il suo iter in Aula per essere approvato.

Al di là delle migliori intenzioni, un intervento legislativo di questo tipo fraintende completamente il problema, senza tenere conto del contesto generale del mercato delle tlc. Il rischio maggiore è quello di irrigidire le modalità operative (la frequenza di fatturazione) in tutti i servizi di utilità pubblica dimenticandosi dell’aspetto concorrenziale (la trasparenza delle offerte e la dinamica del mercato).

Come ricordato in un recente focus, pubblicato dall’Istituto Bruno Leoni, all’interno di un mercato ben liberalizzato, come quello delle telecomunicazioni, la concorrenza risulta essere la principale fonte di protezione per il consumatore. Osservando i dati più recenti pubblicati dalla stessa Agcom si può notare, ad esempio, come tra giugno 2001 e giugno 2017, i consumatori italiani abbiano potuto godere di una diminuzione dei prezzi al consumo nelle telecomunicazioni pari a -43,4 punti percentuali.

Se si analizzano, poi, i dati relativi ai principali paesi dell’Unione Europea, possiamo constatare che, in Italia, abbiamo assistito ad una variazione dei prezzi maggiore rispetto a quella fatta registrare in Francia, Germania, Spagna e Regno Unito. Nell’intera Unione Europea i prezzi generali delle telecomunicazioni sono calati del 20 per cento. Al tempo stesso, nell’anno solare giugno 2016 – giugno 2017 (periodo in cui aziende come WIND, Vodafone e TIM promuovevano già offerte con fatturazione a 28 giorni anziché su base mensile), i prezzi per i servizi nelle tlc sono calati di circa il 2,4% in Italia e dell’1,3% nell’Unione Europea.

Grafico 1: Dinamiche dei prezzi in Europa 2001 – 2017 – Fonte Osservatorio sulle comunicazioni Agcom n.3/2017 (vedi nota 6). Studio Istituto Bruno Leoni
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Tutti questi dati non solo confermano gli effetti positivi della liberalizzazione delle telecomunicazioni nel nostro paese, ma mostrano anche come i consumatori sappiano trarne vantaggio. Se questo è vero, allora la politica dovrebbe stimolare in modo maggiore la concorrenza tra le imprese anziché appesantire la regolamentazione ingessando proprio quelle dinamiche competitive che, nel corso degli ultimi vent’anni, anche grazie al più ampio contesto Europeo, hanno prodotto i risultati che abbiamo visto.

Una vera tutela del consumatore la si ha, dunque, quando quest’ultimo riesce, attraverso una concorrenza sempre maggiore, ad usufruire di servizi sempre più innovativi e di prezzi sempre più bassi. A questo punto, occorre precisare che la maggiore frequenza di fatturazione non porta, di per se, ad uno svantaggio per il consumatore. Contrariamente a quanto si vuole lasciar intendere, l’introduzione di fatturazioni inferiori al mese non priva in alcun modo il consumatore dalla possibilità di comparare le offerte sul mercato e di scegliere liberamente il gestore che più si avvicina alle sue necessità. Inoltre, l’innovazione tecnologica e commerciale del settore delle tlc è stata assai rapida negli ultimi decenni. Questo è sotto gli occhi di tutti. È quindi lecito immaginare che, anche nel prossimo futuro, il cambiamento tecnologico di questo importantissimo settore continui. L’idea che il passaggio dalla mensilità ai 28 giorni sia – di fatto – una manovra contro il consumatore lascia davvero perplessi.

A maggior ragione, non si capisce per quale motivo la norma che approverà domani in Aula faccia riferimento a tutti i servizi di pubblica utilità, quali, ad esempio, acqua, gas, elettricità e trasporti urbani. Pure in questo caso, se l’emendamento Esposito fosse approvato, il governo introdurrebbe un vincolo di cui al momento non c’è alcuna esigenza, e che un domani potrebbe ritorcersi contro gli stessi consumatori. Quello di cui vi è esigenza, infatti, non è il termine fisso di fatturazione, ma la chiarezza con cui viene comunicato quale condizione contrattuale.

Per raggiungere questo scopo, il Governo, anziché incoraggiare misure dirigiste quanto inefficaci, dovrebbe attuare le norme più recenti (inserite nell’ultima legge sulla concorrenza, approvata lo scorso agosto) per garantire ai consumatori il diritto di recedere dalle offerte o cambiare fornitore attraverso procedure online. Semplificare le modalità per il cambio del gestore è il modo più efficace per consentire al consumatore stesso di “punire” il proprio fornitore per il cambio della frequenza di fatturazione, e trarre vantaggio dalle tante offerte presenti sul mercato. I consumatori, infatti, hanno bisogno di un mercato ancora più fluido, non di una regolamentazione più pervasiva.

Al contrario, l’intervento normativo che si propone consegnerebbe il paradosso di una ripristinata frequenza mensile di fatturazione, al lordo però degli aumenti. Il punto cruciale è il seguente: è meglio un mondo in cui il consumatore risparmia pur pagando una volta ogni 28 giorni, oppure un mondo in cui egli ha il contentino della fatturazione mensile (30 giorni) ma paga di più? La politica, la regolazione ed il governo, mettendo tutta l’enfasi sulla periodicità di fatturazione e ignorando l’obbligo di dare tempestiva attuazione a una norma appena approvata, sembra preferire la prima strada.

Twitter @cac_giovanni