Riforme strutturali nell’Europa meridionale: cosa abbiamo imparato dalla crisi

scritto da il 02 Febbraio 2018

Coautore di questo post, apparso su voxeu.org, è Dimitris Katsikas, Lecturer di Political Economy Europea , National and Kapodistrian University of Athens; e Head, Crisis Observatory, ELIAMEP –

Gli ingredienti di base delle prescrizioni di politica economica in risposta alla crisi del debito dell’area dell’Euro sono state abbastanza simili in tutta l’Europa meridionale. Questo articolo esplora i fattori economici, politici e istituzionali che hanno influenzato in modo diverso i risultati di queste prescrizioni da un paese all’altro. I tempi e l’ordine temporale delle politiche economiche, l’equilibrio tra consolidamento fiscale e le riforme strutturali, i vincoli esterni giocano tutti un ruolo cruciale. I futuri programmi di riforma dovrebbero essere calibrati sulle caratteristiche economiche, sociali e politiche dei singoli paesi.

La crisi del debito dell’area dell’Euro è stata, per lo più, una crisi della periferia europea, in particolare dei paesi del sud Europa. Alcuni paesi dell’Europa meridionale (Grecia, Portogallo e Cipro) hanno dovuto ricorrere ad accordi di salvataggio, che hanno comportato l’attuazione di ampi programmi di aggiustamento economico; La Spagna ha negoziato un pacchetto finanziario più limitato e mirato al suo settore finanziario in difficoltà. Anche i paesi che non hanno stipulato un accordo di aiuti, come l’Italia, sono stati sottoposti a forti pressioni per adeguare le loro economie, si pensi alla riforma delle pensioni attuata dal governo Monti. Il consolidamento fiscale e le riforme strutturali sono stati i due pilastri della strategia della zona Euro per gestire la crisi in cambio di fondi di salvataggio (Baldwin e Giavazzi 2015).

In un nuovo libro, Economic Crisis and Structural Reforms in Southern Europe: Policy lessons, abbiamo riunito contributi di economisti accademici e i applicati che descrivono le recenti esperienze dei paesi dell’Europa meridionale nell’affrontare le riforme strutturali durante gli episodi di maggior recessione dalla seconda guerra mondiale (Manasse e Katsikas 2018). I diversi capitoli coprono una vasta gamma di argomenti, dalle riforme bancarie in paesi come Cipro e Spagna, alle riforme del mercato del lavoro in Spagna e Portogallo, alle riforme del mercato dei beni in Grecia. Altri capitoli adottano una prospettiva comparativa, discutendo gli effetti delle riforme strutturali sul funzionamento del mercato del lavoro, il sistema bancario e le partite correnti, e analizzando anche i problemi di carattere politico emersi durante lo sforzo di riforma.

Benché gli ingredienti di base delle prescrizioni politiche imposte dalle istituzioni internazionali siano state abbastanza simili tra i vari paesi, le riforme sono state introdotte in ambienti economici, politici e istituzionali eterogenei, da governi con diversi gradi di impegno e competenza, e sono stati implementati da amministrazioni di diversa capacità tecnica. Alla fine, le riforme hanno incontrato diversi gradi di resistenza da parte dell’opinione pubblica e degli interessi particolari organizzati. Nonostante questa eterogeneità, il successo o il fallimento nell’attuazione delle riforme sembra ruotare attorno all’alchimia di un piccolo numero di ingredienti: il ritardo, la proprietà (ownership), i vincoli esterni, la tempistica, la sequenza temporale, ed infine l’equilibrio tra le riforme ed il consolidamento fiscale.

Questo articolo considera ciascuno di questi ingredienti.

Ritardo 

Le crisi economiche possono verificarsi all’improvviso, ma sono in genere il risultato di squilibri decennali, che politici miopi hanno costantemente ignorato. Abbondano esempi dal Sud Europa: la stagnante crescita della produttività in Portogallo e in Grecia; le istituzioni obsolete del mercato del lavoro in materia di contrattazione collettiva, assunzioni e licenziamenti in Portogallo, Grecia e Spagna; le elevate barriere all’ingresso nei mercati dei prodotti e gli ostacoli burocratici alla creazione di nuove imprese in Grecia e in Portogallo; una supervisione inefficiente, dei sistemi di governance delle imprese nepotistici e inefficienti, le forti interferenze politiche nei settori bancari di Cipro, Grecia e Spagna; attività governative ipertrofiche con alta interferenza politica in Grecia e Portogallo. Tanto più a lungo vengono ritardate le riforme, tanto più grandi diventano gli squilibri; più grandi sono gli squilibri, maggiore è il costo sociale associato alle riforme e più difficile diventa dividerlo tra le gli stake-holders, con conseguente ulteriore ritardo.

Proprietà (Ownership) delle Riforme
Il ritardo ha un’implicazione addizionale perversa di tipo “culturale” – spesso genera l’illusione nell’opinione pubblica che, avendo resistito per decenni, le istituzioni obsolete non rappresentino una minaccia e, cosa più importante, non abbiano la responsabilità delle attuali difficoltà, ma piuttosto che siano i riformatori a essere i responsabili. In effetti, una delle ragioni del (relativo) successo delle riforme nel settore bancario portoghese e nel mercato del lavoro in Portogallo e Spagna è stata che i governi e l’opinione pubblica di questi paesi erano consapevoli della necessità di una riforma, ed il fatto che questi paesi avevano una storia di riforme parziali. In Grecia, al contrario, la polarizzazione politica e l’instabilità hanno impedito qualsiasi consenso. A Cipro, il conflitto si è esteso alle istituzioni politiche, con la banca centrale e il governo apertamente in disaccordo sulle misure per ricapitalizzare il settore bancario in difficoltà. Infine, la ownership risulta importante non solo per implementare le riforme, ma anche per mantenerle nel tempo.

Vincolo esterno 

La capacità delle istituzioni internazionali di imporre le riforme a governi recalcitranti è limitata. I creditori internazionali possono minacciare in modo credibile di ritirare o non rinnovare linee di credito e di supporto della liquidità, come hanno fatto la BCE, la Commissione europea e il Fondo monetario internazionale in Grecia. Il capro espiatorio esterno può alleviare una parte della pressione politica interna da parte dei governi a rischio di riforma, come nel caso del Portogallo e, in una certa misura, della Spagna. Tuttavia, il caso delle risoluzioni bancarie in Grecia dimostra che esistono limiti agli interventi esterni, in particolare per quanto riguarda la fase di attuazione della riforma. D’altra parte, i casi di Cipro e Spagna forniscono illustrazioni degli effetti dannosi dell’assenza di un vincolo esterno. Inizialmente, le autorità cipriote hanno esplorato possibilità alternative di finanziamento (ad esempio la Russia), che esse speravano sarebbero arrivate senza vincoli o condizioni. Ciò ha solo ritardato le risoluzioni bancarie e reso più doloroso l’adeguamento richiesto. Allo stesso modo, in Spagna, è stato solo quando le istituzioni europee hanno forzato un salvataggio del settore finanziario che si è verificata una sostanziale ristrutturazione.

Congiuntura e riforme
È vero che le crisi economiche catalizzano le riforme? A questa domanda di vecchia data gli esempi discussi nel libro permettono di rispondere così: “dipende”. Quando l’economia si è notevolmente deteriorata, il raggiungimento di un consenso politico e sociale sulle riforme – e sulla necessità di non scardinarle – diventa praticamente impossibile. Il caso della Grecia è un chiaro esempio. L’incapacità delle istituzioni internazionali di affrontare tempestivamente la questione della ristrutturazione del debito, durante il primo piano di adeguamento, ha richiesto un rigido programma di consolidamento fiscale, che alla fine ha giocato nelle mani degli anti-riformisti. In larga misura, le istituzioni internazionali non hanno compreso, o non hanno voluto prendere in considerazione, l’importanza del vincolo politico interno, che limita la fattibilità del consolidamento fiscale e delle riforme strutturali. D’altra parte, gli esempi delle riforme del mercato del lavoro introdotte in Portogallo e Spagna suggeriscono che una crisi in arrivo può, in una fase iniziale, imporre un consenso sulla necessità di cambiamento, in particolare se c’è una storia di dibattito pubblico sulle riforme (vedere il precedente punto sulla ownership ), a condizione che l’economia non si sia già deteriorata troppo.

Equilibrio tra risanamento di bilancio e riforme strutturali
Negli esempi discussi nel libro il fantasma della stretta fiscale si aggira sempre sugli effetti delle riforme strutturali. L’analisi empirica mostra che le riforme del mercato dei beni in Grecia hanno avuto effetti positivi sull’occupazione e sui prezzi, ma che hanno impiegato un po’ di tempo per manifestarsi e sono stati retrospettivamente sommersi dagli effetti recessivi a breve termine dei tagli alla spesa e dagli effetti inflazionistici degli aumenti delle imposte. Inoltre, vi è convincente evidenza empirica sul fatto che il miglioramento della competitività dei mercati del lavoro e dei beni nell’area dell’Euro generi benefici a lungo termine, ma implichi costi di breve periodo. Mercati del lavoro più competitivi sono associati a una minore persistenza della disoccupazione e ad una ripresa più rapida a lungo termine, ma una maggiore flessibilità implica anche che il tasso di disoccupazione sia più sensibile agli shock di domanda nel breve periodo, così che le perdite di posti di lavoro aumentano di più durante una recessione. Pertanto, il consolidamento fiscale dovrebbe essere dispiegato gradualmente, per garantire che gli effetti positivi delle riforme strutturali non siano compromessi e per evitare una reazione politica contraria.

Sequenza delle riforme
Una ragionevole sequenza di riforme deve rispettare due vincoli politici interni. Il primo è che il “capitale politico” è una risorsa scarsa per il governo. Dovrebbe essere investito in alcune riforme cruciali che identificano i “colli di bottiglia” più rigorosi per la crescita economica (Rodrik 2016). Il capitale politico viene rapidamente dissipato se investito in programmi trasversali e, quando ciò accade, le riforme si arrestano. Il caso del Portogallo mostra che le autorità hanno sequenziato con successo le riforme partendo da quelle del mercato del lavoro, i cui effetti positivi hanno migliorato la ownership e la loro sostenibilità. Per contro, la Grecia ha dato priorità alle riforme che apparentemente presentavano le minori resistenza, ancora una volta quelle del mercato del lavoro, piuttosto che a partire da quelle del mercato dei beni, che erano politicamente più difficili. Questa strategia alla fine è fallita.

Il secondo vincolo politico è che la sequenza delle riforme economiche deve ridurre al minimo e distribuire “equamente” i costi di aggiustamento. In Grecia, il consolidamento fiscale e le riforme del mercato del lavoro hanno avuto la precedenza sulle riforme del mercato dei beni e sulle privatizzazioni. Di conseguenza, il calo della domanda aggregata è stato aggravato dalla riduzione delle retribuzioni nominali e reali (Manasse 2015). I lavoratori e le piccole imprese a corto di credito hanno sopportato l’intero costo dell’aggiustamento, e poi si sono ribellati eleggendo partiti avversi alle riforme.

Allo stesso modo, le riforme volte a innalzare la produttività totale dei fattori, ad esempio riducendo le barriere all’entrata nel mercato dei beni o decentralizzando la contrattazione salariale, sono risultate molto efficaci nel migliorare gli squilibri delle partite correnti, sebbene i loro effetti abbiano richiesto tempo per manifestarsi. Queste riforme quindi, dovrebbero avere la priorità.

Osservazioni conclusive
In sintesi, i contributi del libro dimostrano che molte delle problematiche progettuali e delle preoccupazioni di politica economica che accompagnano i programmi di riforma strutturale, in particolare durante una crisi, devono essere calibrate per le caratteristiche distinte dei sistemi economici, sociali e politici dei singoli paesi. Tuttavia, tali questioni e preoccupazioni non sono uniche per i singoli paesi, ma tendono a manifestarsi ripetutamente nei diversi paesi e circostanze. In ultima analisi a rivelarsi cruciale per determinare il successo o il fallimento delle riforme risulta sempre un piccolo insieme di ingredienti, la cui importanza relativa però varia caso per caso.

Twitter @pmanasse

NOTE BIBLIOGRAFICHE
Baldwin, R E and F Giavazzi, eds, (2015), The Eurozone Crisis: A Consensus View of the Causes and a Few Possible Solutions, VoxEU.
Manasse, P (2015), “What went wrong in Greece and how to fix it”, VoxEU, 12 June.
Manasse, P and D Katsikas (eds) (2018), Economic Crisis and Structural Reforms in Southern Europe: Policy Lessons, Routledge
Rodrik, D (2016), “The elusive promise of structural reform: The trillion-euro misunderstanding”,Milken Institute Review 18(2): 26-35.