L’export tedesco rallenta: una buona notizia per l’Europa (e l’Italia)?

scritto da il 28 Agosto 2018

L’autore di questo post è il professor Enrico Colombattodocente di Economia all’università di Torino, autore di L’Economia Che Serve. Il post è stato pubblicato su GIS Reports  – 

Incolpare i tedeschi per la forza del loro export è uno sport in voga ormai da anni. Secondo l’argomento tipico, un’eccedenza commerciale significativa è il segnale che i tedeschi risparmiano troppo, e quindi che la domanda interna è relativamente debole. Se i tedeschi consumassero di più, è il ragionamento, le loro importazioni dal resto dell’Europa aumenterebbero, rafforzando l’economia degli altri Paesi del continente. È una linea di pensiero che presenta diversi punti deboli.

Entrare nei dettagli non è lo scopo di questo articolo, ma penso sia sufficiente sottolineare un punto: risparmi più alti si traducono in investimenti maggiori, non in una domanda più debole, ed è esattamente questo il tratto distintivo dell’economia tedesca. Le aziende dell’Unione Europea possono prendersela solo con se stesse se non riescono ad attirare fondi tedeschi, o se i clienti tedeschi non riescono a trovare nell’area Ue quello di cui hanno bisogno e che vogliono comprare.

La verità è che l’eccedenza commerciale tedesca dimostra che i prodotti made in Germany sono competitivi, e questo spiega la forza dell’export teutonico. Al contempo, la relativa debolezza dell’euro spinge ulteriormente le esportazioni e rallenta le importazioni. Pertanto, chi è convinto che i commerci tedeschi siano «squilibrati» dovrebbe affermare anche che un tasso di cambio più realistico sarebbe intorno a 1,50 dollari per euro (il tasso attuale è intorno agli 1,16 dollari per euro); chissà se i produttori dell’Eurozona sarebbero così felici di un euro più forte e direbbero che il «problema» tedesco è stato risolto.

Un indicatore sottile
Le lamentele sui livelli di produttività e risparmio in Germania non trovano ascolto a Berlino, e giustamente. Produttori competitivi e consumatori prudenti non prestano molta attenzione a quelli che sostengono che un’Europa dove competitività e squilibri commerciali verrebbero «armonizzati» sarebbe un’Europa migliore. La cancelliera tedesca Angela Merkel non ha tempo per fare speculazioni su quale dovrebbe essere il tasso di cambio d’equilibrio dell’euro, o per spiegare a certi politici europei perché le aziende del loro Paese se la cavano relativamente male.

Invece di lamentarsi della capacità di esportazione delle aziende tedesche, gli europei farebbero meglio a preoccuparsi per il futuro delle esportazioni tedesche, che sembrano mostrare segnali di difficoltà. I dati relativi al primo trimestre del 2018 mostrano che i flussi dell’export sono calati dell’1 per cento, per la prima volta in otto anni. Uno o due trimestri non sono abbastanza per definire una tendenza, e un calo dell’1 per cento non è in grado di esercitare un effetto depressivo rilevante sulla crescita. Se questa tendenza si mantenesse, il prodotto intorno lordo della Germania scenderebbe di circa lo 0,3 per cento su base annua. Un calo importante, ma non esattamente devastante.

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GRAFICO: Esportazioni tedesche 2013-2018
Fonte: Tradingeconomics.com, Ufficio statistico federale
I dati riguardanti il primo trimestre del 2018 dimostrano che i flussi di esportazioni sono calati dell’1 per cento, per la prima volta in otto anni (Macpixxel per il GIS)

Pericoli gemelli
Cosa più importante, bisogna considerare che il calo delle esportazioni tedesche arriva in un momento in cui le stime di crescita vengono riviste al ribasso. Mentre all’inizio di quest’anno si prevedeva che la crescita avrebbe raggiunto quasi il 3 per cento in Germania, le previsioni attuali pronosticano un ritmo più lento, tra il 2,1 e il 2,3 per cento. Due fenomeni sono all’origine di questo trend: il primo è che il mercato del lavoro è in salute (il tasso di disoccupazione in Germania è circa il 3,5 per cento e la disoccupazione giovanile gravita intorno al 6 per cento) e i produttori incontrano sempre più difficoltà a trovare la forza lavoro che gli serve per espandere la produzione. A meno che la produttività e gli investimenti non risalgano di parecchio, le speranze di una crescita sostenuta significativamente superiore al 2,2 per cento in futuro potrebbero essere eccessivamente ottimistiche.

In secondo luogo, visto che le esportazioni rappresentano quasi la metà della produzione tedesca, è evidente che se le prospettive di una guerra commerciale a tutto tondo dovessero aggravarsi l’economia tedesca sarebbe gravemente a rischio. L’industria automobilistica è particolarmente vulnerabile, ma anche altri settori si ritroverebbero esposti a pesanti pressioni.

Di questo rallentamento i tedeschi quasi non si accorgerebbero. Se le esportazioni dovessero stabilizzarsi (o rallentare la crescita), la loro economia non si contrarrebbe. Per il resto dell’Unione Europea, invece, la risposta dipenderebbe dallo sviluppo futuro dei due fenomeni summenzionati, le condizioni della produttività e del mercato del lavoro da un lato e la crisi commerciale mondiale dall’altro. Tenendo a mente questa prospettiva, si possono prefigurare due possibili scenari.

Implicazioni per l’Ue
Se la crescita della produttività rimarrà bassa e la carenza di manodopera continuerà a essere l’ostacolo principale alla crescita tedesca, un calo delle esportazioni difficilmente sarà conseguenza di una minore competitività. Dal momento che i dati mostrano una certa solidità della domanda interna e dell’ottimismo delle imprese, l’andamento delle esportazioni potrebbe essere il segnale che le aziende tedesche stanno dedicando più attenzione a soddisfare i consumi interni e la domanda di investimenti, mantenendo stabili le loro quote di mercato all’estero.

Se questa visione fosse corretta, i produttori europei si troverebbero ancor più sotto pressione: per la maggior parte delle economie dell’Unione, la Germania rappresenta il principale mercato d’esportazione. Se i produttori tedeschi dovessero scegliere di concentrarsi sul mercato interno, le esportazioni europee verso la Germania ne soffrirebbero e le economie per cui la Germania rappresenta un mercato importante ne avvertirebbero le conseguenze in termini di crescita del Pil. La contrazione dell’eccedenza commerciale tedesca sarebbe una brutta notizia per molti esportatori europei, perché pochi fra loro sono nella posizione per sfidare e rimpiazzare i tedeschi nei loro tradizionali mercati di esportazione. Se questa tendenza continuerà, quindi, dovremmo aspettarci un calo della crescita in tutta l’Unione Europea.

La minaccia della guerra commerciale
Tutto questo vale per il breve periodo. A medio e a lungo termine, le carenze di manodopera in Germania porteranno a un aumento del costo del lavoro, che potrebbe ripercuotersi sulla competitività tedesca. Ciò creerà occasioni per gli esportatori europei? Non necessariamente. I produttori tedeschi stanno già reagendo alla difficoltà di reperire personale aumentando i loro investimenti all’estero, e quindi accrescendo la loro capacità produttiva in Paesi dove il costo del lavoro è più basso e la normativa meno gravosa che nell’Unione Europea. Possiamo prevedere che le esportazioni tedesche in futuro rimarranno stabili, mentre aumenteranno le importazioni tedesche da produttori nazionali fuori dalla Germania. Ancora una volta, i produttori europei avranno pochi motivi per festeggiare.

E le guerre commerciali? Non è un mistero per nessuno che la Germania ha molto da perdere in una guerra commerciale con gli Stati Uniti. Gli autoveicoli in questo momento rappresentano un’importante fonte di ricavi per gli esportatori tedeschi, e anche se possono aver tratto profitto dal recente rafforzamento del dollaro, l’aumento delle tensioni con l’amministrazione americana rappresenta un motivo di preoccupazione. Queste preoccupazioni sono ancora maggiori per quanto riguarda il resto dell’Unione Europea, i cui esportatori probabilmente sono ancora più vulnerabili a una guerra commerciale di quelli tedeschi.

Le esportazioni tedesche sono di miglior qualità, e quindi ben posizionate per soddisfare la domanda dei consumatori anche in presenza di barriere tariffarie più alte. Inoltre, la struttura dell’export tedesco è fortemente radicata in Cina e nei Paesi in rapida crescita, che probabilmente si rivolgeranno alla Germania per le importazioni se le loro relazioni commerciali con gli Stati Uniti dovessero deteriorarsi. Infine, un tratto distintivo è dei produttori tedeschi è da sempre l’impegno per sviluppare la loro produzione manifatturiera fuori dalla Germania. Se le guerre commerciali rimarranno locali, la strategia di investimenti esteri diversificati darà i suoi frutti.

Scenari
Riassumendo, se confermato (e sottolineo il se), il recente calo delle esportazioni tedesche non è un problema reale per la Germania. Potrebbe comportare tuttavia problemi per il resto dell’Ue, o perché le aziende tedesche dedicheranno maggiore attenzione al mercato interno, mettendo fuori gioco i rivali esteri, o perché sarebbe il segnale di tensioni nei commerci mondiali, che rendono vulnerabili molti Paesi Ue.

In questa situazione, gli europei farebbero bene a osservare come reagirà la Germania alle sue carenze di manodopera. Se i costi di produzione in Germania dovessero salire, il resto del vecchio continente potrebbe trovare più facile potenziare le esportazioni, specialmente in settori dove il prezzo ha maggior rilevanza. Tuttavia, nel medio-lungo termine, i produttori tedeschi potrebbero reagire all’aumento del costo del lavoro incrementando i loro investimenti in patria o al di fuori dell’Ue, e magari potenziando la produttività: in tal caso, la crescita tedesca avrebbe un’accelerazione mentre molte aziende europee che esportano verso la Germania si ritroverebbero tagliate fuori.

Un saldo commerciale più basso della Germania non porterebbe benefici alle aziende dell’area Ue. Questo richiama l’attenzione su una lezione fondamentale, che molti policymakers europei rifiutano cocciutamente di recepire: un andamento positivo dell’economia tedesca è una buona notizia per quelli che sono nella posizione di soddisfare la domanda tedesca; eventuali problemi della Germania, invece, si trasformano rapidamente in una sfida per il resto dell’Unione: una sfida che molti Paesi sono incapaci di raccogliere, e ancor meno di volgere a proprio vantaggio.

Twitter @Colombatto

(Traduzione di Fabio Galimberti)