Una proposta a Tria per riformare l’Irpef

scritto da il 12 Settembre 2018

Come riformare il sistema contributivo italiano e, in particolare, l’IRPEF? Come rendere la tassazione più equa nei confronti dei lavoratori autonomi? Come combattere evasione e precariato? Sono tutti temi centrali della campagna elettorale e dell’attuale compagine di governo: la proposta della flat tax da parte della coalizione di centro-destra e il ddl dignità del ministro Di Maio sono due esempi lampanti. Perciò è importante approfondire quali siano le problematiche e quali possano essere le possibili soluzioni per combattere questi fenomeni.
In occasione di Hackitalia, un evento organizzato il primo febbraio 2018 da Tortuga, diversi esperti dell’economia italiana hanno incontrato numerosi studenti universitari, intenti a formulare proposte concrete per migliorare il nostro Paese. Il team che ha lavorato sul tema della finanza pubblica ha provato a dare una risposta ancora rilevante, che riproponiamo in forma estesa. Le esigenze principali sono tre: razionalizzare il sistema fiscale, proteggere le fasce più deboli e combattere l’evasione.

Rimodulazione delle aliquote IRPEF

Fig.1: Distribuzione del Reddito per Fascia d'Etá, Dati ISTAT 2017

Fig.1: Distribuzione del Reddito per Fascia d’Età, Dati ISTAT 2017

Come possiamo apprendere dai dati ISTAT nel grafico, pensionati (>64) e giovani (18-34) sono le categorie più svantaggiate nella distribuzione dei redditi in Italia. Perciò, la maggior parte delle detrazioni e delle deduzioni dell’IRPEF sono concentrate nel sostenere principalmente queste due fasce d’età: spese sanitarie, figli a carico, redditi da pensione e molte altre. In molti hanno definito questo sistema di detrazioni e deduzioni una vera e propria giungla e si è spesso invocata la necessità di sfoltirlo per ottenere una maggiore chiarezza ed efficienza.  Perciò, con il fine di razionalizzare il sistema e proteggere le fasce più deboli, una prima proposta consiste nella rimodulazione sostanziale delle aliquote IRPEF, basate non solo sul reddito, ma anche sull’età anagrafica. Ciò consentirebbe di mantenere una progressività sostanziale e di efficientare il sistema fiscale, riducendone le problematiche.

Un abbassamento delle aliquote e una rimodulazione degli scaglioni permetterebbe di inglobare l’effetto delle agevolazioni semplificando il sistema dell’IRPEF e riducendone i costi amministrativi. La giustificazione economica per adottare un’imposta che tenga conto dell’età anagrafica è, secondo il professor Micheletto[1], determinata da tre fattori: l’elasticità dell’offerta di lavoro, la posizione nella distribuzione dei redditi e le incertezze sulle prospettive future di reddito. Infatti, il professor Micheletto conclude: “ciascuno di questi elementi tende a variare a seconda della fase del ciclo vitale e dunque ciò è una prima ragione a favore dell’introduzione di imposte differenziate in ragione dell’età”. Insomma, ad ogni età, la sua tassa.

Ciononostante, una rimodulazione simile potrebbe non rispettare il principio costituzionale di uguaglianza tributaria, secondo l’opinione del professor Stevanato: “per giustificare una progressività “di vantaggio” per i giovani, occorrerebbe dunque dimostrare una diversa capacità contributiva dei redditi percepiti da contribuenti con differente età anagrafica”. Tuttavia, è possibile determinare una base teorica per giustificare una simile politica fiscale. La giovane età è sempre di più un fattore di rischio e di debolezza sociale, come documentano diversi studi e come dimostra la straordinaria incidenza di povertà assoluta sulle fasce più giovani della popolazione.

Inoltre, secondo il professor Weinzierl di Harvard, è importante considerare che un venticinquenne e un cinquantenne con redditi annui di 100.000 euro avranno, nel futuro, prospettive profondamente differenti nella capacità di aumentare il proprio reddito. Il ragazzo avrà molte più probabilità di aspirare ad un aumento salariale nel futuro prossimo, poiché all’inizio della sua carriera lavorativa. Al contrario, il lavoratore cinquantenne ha molte meno probabilità di incrementare sostanzialmente il suo reddito. Perciò considerare una tassazione che tenga conto di queste differenze non è importante solamente per i giovani, ma anche per pensionati e lavoratori più anziani.

Concretamente, questo potrebbe tradursi nel rimodulare le aliquote, mantenendo i cinque scaglioni IRPEF, per ognuna delle tre fasce d’età. Per i primi la fascia più bassa sarebbe portata da 15 000 a 10 000 €, per i secondi invece sarebbe aumentata a 18 000 €. A ciò seguirebbero per i giovani aliquote nettamente più basse per tutti gli scaglioni, con la fascia più alta tassata al 37% contro il 43% attuale, mentre gli anziani avrebbero risparmi sostanziosi sugli scaglioni più bassi, da 0 a 55 000 €. Insomma, la rimodulazione delle aliquote potrebbe avvenire secondo uno schema ad U: nella distribuzione anagrafica, giovani e pensionati avrebbero un incentivo, esattamente come succede per gli abbonamenti dei trasporti urbani.

Questo sistema, apparentemente più complesso, permette invece di sfoltire la giungla delle deduzioni e delle detrazioni che rendono il nostro sistema tributario una chimera.  Eliminare le deduzioni e detrazioni, a favore di un sistema simile, potrebbe apportare una decisa semplificazione rispetto alle regole attuali.

Lavoro autonomo

Fig. 2: Lavoratori autonomi, Itinerari previdenziali 2016

Fig. 2: Lavoratori autonomi, Dati Itinerari Previdenziali 2016

I lavoratori autonomi sono circa 7,5 milioni (Dati CENSIS, 2017), ma i dichiaranti sono 5,457 milioni, di cui solo 2,8 milioni presentano redditi positivi (Itinerari previdenziali, 2016). Inoltre, il 60,99% dei lavoratori autonomi dichiara redditi inferiori a 15.000 euro o negativi (Dati ISTAT, 2017): secondo Cottarelli questo è un chiaro segnale di evasione. Il gettito dell’IRPEF per i soli lavoratori autonomi è di 9,62 miliardi, il 5,7% del gettito totale e solo il 14,60% degli autonomi (797 mila cittadini) paga imposte sufficienti a finanziarsi la sanità. Tra i giovani sotto i 34 anni, gli autonomi sono il 19%: ci sono diverse distorsioni per quanto riguarda questa categoria. Infatti, il reddito medio del lavoratore autonomo è stimato a 35.750 euro (Dati ISTAT, 2017), a fronte delle ben più modeste retribuzioni di pensionati e dipendenti. C’è quindi un grave problema per i lavoratori autonomi con un reddito dichiarato compreso tra 0 e 15.000 euro. Inoltre, come spiega Stefano Liebman, ordinario di Diritto del lavoro alla Bocconi, l’etichetta di self-employed nasconde spesso condizioni diverse: dalla disoccupazione ai rapporti di lavoro classificati come autonomi pur essendo, nei fatti, subordinati. «Non dimentichiamo che buona parte di questi self-employed sono “finti” – dice – perché si parla di rapporti di subordinazione mascherati o di persone che ripiegano sull’autoimpiego».

Inoltre, come racconta il professor David Weil all’Harvard Business Review, sottolineando le tematiche del suo libro “The Fissured Workplace”, negli Stati Uniti – come in Italia e in Europa -, sta avvenendo un’esternalizzazione progressiva del lavoro. Le imprese subappaltano funzioni chiave ad altre imprese: la pulizia delle stanze negli alberghi, la cucina nei ristoranti, l’assistenza legale negli studi legali. Spesso, i lavoratori si trovano con contratti precari, sottopagati e figurano proprio come lavoratori autonomi. Quest’ultimi, pur mantenendo un rapporto di lavoro tipico del lavoro dipendente, non condividono gli stessi diritti e le stesse garanzie, generando un problema grave ed inquietante. È importante definire chi ha un reale bisogno di sostegno al reddito e chi, invece, cerca di sotterrare una condizione migliore.

Altra categoria importante è quella dei lavoratori autonomi, soggetta sia a una forte incertezza dei guadagni sia a un’alta evasione. Secondo uno studio di Carlo Cottarelli, circa il 60% dei lavoratori autonomi dichiara redditi inferiori al 15 000 €. Una percentuale impressionante, che impone riflessioni.

La soluzione non può essere aumentare il carico fiscale sui lavoratori autonomi che dichiarano un reddito più alto, ma introdurre un credito d’imposta per questa categoria, dell’ammontare di 1000 € annui.

Per ricevere il credito di imposta sarà necessario presentare una dichiarazione dettagliata di tutte le attività economiche e del reddito personale dell’individuo, per evitare che parte del reddito sia nascosto dall’imposizione fiscale. Inoltre, le amministrazioni avranno più poteri per verificare lo stato fiscale della persona richiedente. In questo modo, si incentivano le persone che hanno una reale necessità di presentare la propria condizione fiscale in toto e di ricevere il credito. Allo stesso modo, chi vuole mantenere una certa privacy sulla propria condizione fiscale non potrà ricevere il credito e sarà maggiormente individuabile dall’amministrazione: insomma, i controlli sui lavoratori autonomi potranno essere più specifici ed efficienti.

Per riceverlo, però sarà necessario presentare tutti i documenti legati all’attività economica e i bilanci. Il vantaggio è duplice, infatti da una parte gli autonomi in difficoltà potranno ricevere un aiuto concreto, essendo incentivati a presentare la propria posizione, dall’altra chi rifiuta di fornire la documentazione sarà più facilmente individuato e punito se evasore. In questo modo, l’amministrazione pubblica potrà avere un sistema specifico per individuare i lavoratori autonomi a rischio e i lavoratori autonomi evasori.

Evasione fiscale

Infine, per combattere l’evasione si propone un piano di controlli preventivi a livello centrale, ma effettuati in sinergia con le amministrazioni locali, una maggiore tracciabilità tramite dichiarazioni precompilate per concentrare i controlli sulle categorie più a rischio e infine l’ampliamento degli obblighi di fatturazione elettronica dal pubblico al privato, per favorire la digitalizzazione del sistema. Imporre una digitalizzazione del sistema, per evitare truffe ed evasione, può essere molto utile, come sottolineato dall’OECD in un report del 2017[2]. L’utilizzo di strumenti analitici, di raccolta dati e di piattaforme digitale può trasformarsi in un alleato prezioso nella battaglia all’evasione fiscale. Come sottolinea il report: “Queste tecnologie offrono una soluzione win-win: una migliore rilevazione delle frodi, un maggiore recupero delle entrate e sinergie che rendano più semplici gli adempimenti fiscali per le imprese e la pubblica amministrazione”.

Conclusione

La finanza pubblica nostrana conta diverse problematiche: l’iniquità dell’imposizione fiscale su alcune fasce d’età e l’estrema complessità del sistemale, problematiche legate al lavoro autonomo, alla povertà e al precariato e, infine, l’evasione fiscale. Sono temi prioritari, e l’Italia ha bisogno di idee e di proposte per affrontare queste tematiche. Non è facile proporre la medicina perfetta a questi mali ma vorremmo fornire questo contributo come punto di partenza.

Twitter @Tortugaecon

[1] http://www.lavoce.info/archives/45959/eta-la-sua-tassa/

[2] https://www.oecd.org/tax/crime/technology-tools-to-tackle-tax-evasion-and-tax-fraud.pdf