Imprenditori e consulenti han fatto a Pugni

scritto da il 26 Febbraio 2019

Venerdì scorso si è svolto il primo incontro dell’Accademia dei Pugni organizzato da Econopoly. Da tempo sentivamo il bisogno di alzare il livello del confronto uscendo dai social e prendendoci un pomeriggio per riflettere su alcuni dei temi più interessanti trattati su queste pagine. Davvero grazie (qui e solo qui parlo a nome di tutti noi econopolisti) agli amici che hanno voluto partecipare, ad Alberto Annicchiarico che ci ha creduto, ad Elena Villa per il supporto organizzativo ed al Sole24Ore che ci ha ospitato. Ad Alberto in particolare, ideatore e coordinatore di Econopoly, va il nostro applauso più sentito per il lavoro che lui fa da maratoneta ogni giorno per costruire quella che credo sia la più importante community su temi economici in Italia.

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Il primo incontro è stato finalizzato ad aprire un dibattito sul rapporto imprenditori/consulenti. Le PMI italiane oggi hanno poco spazio sui media e poca attenzione dell’accademia soppiantate dalle più sexy startup. Abbiamo voluto dare loro voce provando a riportarle al centro del dibattito.

Il tema era già stato trattato in due articoli. Uno mio, Bassa produttività, sarà mica colpa dei consulenti?, che partiva dall’analisi dei dati ISTAT sulla scarsa produttività dei servizi ed in particolare dei servizi professionali per provare a riflettere sulla capacità di innovare della consulenza ed uno, detonatore di ampio dibattito, di Enrico Verga Le grandi management consulting sono locomotive a carbone: belle e obsolete, a cui è seguita una precisazione di Assoconsult, La consulenza settore in salute, in Italia cresce da anni molto più del Pil.

Partendo dal presupposto che le PMI fanno fatica a crescere ed innovare abbiamo provato a farci delle domande:

Serve una nuova cultura imprenditoriale?

I servizi di consulenza sono adeguati?

Le due Italie, divise dal Frecciarossa?

L’incontro ben si inserisce in un mio personale percorso di ricerca sui temi della nuova imprenditoria e che culminerà nella prossima pubblicazione di un libro. Provo quindi a fornirvi quella che è la mia personale sintesi di quanto emerso venerdì.

Non è una sintesi oggettiva del dibattito sia chiaro, è un tentativo del tutto personale, di unire i puntini, di dare una lettura organica dei numerosi stimoli emersi anche sulla base della mia esperienza professionale e delle numerose interviste fatte in questi ultimi mesi ad imprenditori, professori universitari e consulenti. È in ultima analisi una mia chiave di lettura che spero stimolerà un ulteriore confronto sul tema.

La grande crisi ci costringe a farci delle domande
I radicali cambiamenti di questi anni hanno cambiato il modo di fare impresa ma forse non si è riflettuto abbastanza su quali riflessi ha avuto nel mondo della consulenza. Analizzando i dati ISTAT sulla produttività pare che il grande malato sia proprio il mondo dei servizi, dei servizi professionali in particolare. Credo sia giusto domandarsi se la consulenza contribuisca in maniera significativa fare evolvere il nostro sistema imprenditoriale o se in alcuni casi possa rivelarsi in qualche modo inadeguata. Per gli imprenditori un’occasione per riguadagnare il palco. Per noi consulenti una bella sfida.

Sono davvero mondi troppo diversi per analizzarli congiuntamente?
Sono mondi troppo diversi ed anche al loro interno le definizioni di consulenza e di PMI contengono tutto ed il contrario di tutto. Perché perder tempo a farli dialogare? Perché per crescere bisogna confrontarsi, perché l’innovazione molto spesso la troviamo nei settori attigui, la troviamo nei punti di contatto o sovrapposizione. O semplicemente perché non avendo risposte certe è sbagliato restringere il campo di ricerca.

La matrice
Non entro in una analisi dettagliata delle diverse tipologie di imprese e consulenti.
Certamente ci sono alcune criticità nel rapporto che sono irrisolte da tempo:

Il linguaggio e l’approccio diverso tra le due culture;

La scarsa propensione all’ascolto da parte di entrambi;

Scarsa propensione del consulente ad entrare in azienda e, come dico spesso io, a “sporcarsi le mani di grasso”;

L’attenzione dell’imprenditore ai risultati di breve periodo;

La scarsa disponibilità di budget per la formazione e la consulenza.

Tutto vero ma io credo che a tutto questo (francamente superabile faticando un po’ nella selezione del consulente) si siano aggiunte nuove criticità che riguardano soprattutto le imprese in forte crescita o comunque le PMI che si ritrovano a gestire dei momenti di discontinuità strategica o familiare (passaggio generazionale) con una frequenza ed una intensità a cui non erano abituate.

Ho provato a sintetizzare in una matrice i casi in cui la consulenza incontra le maggiori difficoltà nel rapportarsi con le PMI. La soluzione probabilmente sia per le imprese che per i loro consulenti è nella crescita dimensionale.

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È palese l’incapacità dei consulenti nel sollecitare gli imprenditori “assopiti”, quelli che si accontentano e non vogliono crescere più. Come attenuante forse possiamo dire che i consulenti in questo caso svolgono una funzione di supplenza, che è un compito che spetterebbe più al sistema Paese, ad una sana politica economica (o ad una sana assenza di politica economica come quella attuale).

La mancanza di concorrenza in molti settori e anni di generosa erogazione di credito a basso tasso di interesse (che ha consentito di perdonare molti errori imprenditoriali) rappresentano un potente disincentivo al cambiamento.

L’altro momento in cui vedo una criticità forte è nel rapporto con le PMI in forte crescita che in Italia esistono (abbandoniamo gli alibi) e che sono alla ricerca di una consulenza diversa, più specializzata, più veloce, capace anche di accompagnarle nella scelta del progetto di consulenza stesso. Molto spesso uno dei problemi è che l’imprenditore stesso ha difficoltà a sapere di che cosa ha bisogno. E su questo la consulenza deve riflettere, ampliando il dibattito, facendosene carico. Lavorando ad un nuovo approccio.

Imprese in forte crescita oggi spesso sono pioniere nel loro mercato e questo mette in crisi il modello stesso di molti consulenti bravi a suggerire e ad implementare (già più difficile) best practice, meno a ridisegnare business model.

Le imprese maggiormente dinamiche non hanno né il tempo né la voglia di aspettare che la consulenza formalizzi delle best practice spesso considerate già vecchie dai pionieri.

Un’altra sfida per la consulenza, trasversale alle diverse tipologie di impresa, è il supporto alla gestione della discontinuità ed in particolar modo (ma non solo) del passaggio generazionale. In questo caso alle capacità professionali devono aggiungersi spiccate capacità di ascolto, di comprensione delle dinamiche personali e familiari e, non ultime, sensibilità etiche per evitare la classica “guerra tra bande” tra i consulenti del padre e quelli dell’erede.

Realtà gemelle
Imprese e consulenti condividono in sostanza gli stessi vizi e le stesse virtù. Nel confrontarsi lo scoprono e forse per questo si odiano, forse per questo si amano.

Le grandi società di consulenza rischiano in alcuni casi di essere molto simili ai loro clienti con cui condividono ovviamente i pro e contro delle grandi dimensioni:

Efficienti quando si tratta di formalizzare ed applicare best practice;

Lente nel cambiamento ed in alcuni casi poco innovative;

Impegnate nell’acquisizione di singoli consulenti o boutique della consulenza come le grandi imprese comprano startup, per “sentirsi giovani ed innovative”.

Specularmente le ampie critiche che facciamo alle PMI possiamo traslarle sui loro consulenti:

Piccoli;

Inefficienti;

Assopiti a loro volta.

Le generalizzazioni tendono a non valorizzare le eccellenze che ci sono e non sono poche. Un po’ di provocazione aiuta però il confronto. Non vogliatemene.

Si potrebbe aprire un’ampia riflessione in particolar modo sulla mia professione, quella del commercialista. Professione oggi in crisi di identità ma con straordinarie potenzialità se solo avesse il coraggio di ritrovare il ruolo che storicamente le è proprio.

ACCADEMIA DEI PUGNI / VIDEOINTERVISTA AD ANDREA PANATO

Concludendo
“È stata data fisicità ad una comunità. Bello, da rifare!”. Questo forse uno dei messaggi più belli che ho ricevuto a commento del primo incontro dell’Accademia dei Pugni. Pochi invitati, tutti selezionati, per discutere a porte chiuse del complesso rapporto tra imprenditori e consulenti. A tutti ho promesso che avrebbero potuto parlare liberamente senza esser costretti a faticose difese di categoria. Ho promesso anonimato e quindi non ho citato nessuno, sappia però il lettore che questo articolo deve molto a molti.
Numerosi sono stati in questo week end i messaggi, i commenti, le richieste di approfondire e reincontrarci. Segno che c’è bisogno di confrontarsi, che l’argomento è caldo e che forse dopo tutto il primo incontro dei “pugni” è stato un successo.

Twitter @commercialista