Sfida Champions nei bilanci: ecco Juventus – United, per esempio

scritto da il 20 Marzo 2019

Per gli investimenti fatti, la quotazione in borsa, lo stadio di proprietà, la gestione manageriale e, non certo per ultimi, i risultati sportivi, la Juventus è la società calcistica al top della serie A italiana.

Nelle settimane scorse è stata presentata ufficialmente la relazione semestrale di bilancio 2018/19 che è stata analizzata nelle sue voci principali dai vari quotidiani sportivi e non, fra cui anche ovviamente il Sole 24 Ore.

L’occasione è quindi ghiotta per confrontare i risultati economico-finanziari della nostra squadra “top” con una delle sue contendenti europee, sia per capire se davvero la Juventus sia in grado di entrare nella ristretta élite del calcio europeo, non solo sul lato sportivo, sia perché magari possiamo anche capire alcune forze e debolezze del nostro “sistema calcio”.

Trovare un termine di confronto non è stato facile. Eliminati i colossi spagnoli Real e Barça per la struttura societaria completamente diversa, eliminati altri club perché i loro dati sono, diciamo così, inquinati dai continui apporti dei facoltosi proprietari, tipo PSG e City, alla fine ho scelto il Manchester United, anch’esso quotato in borsa, con una proprietà USA dalla mentalità “aziendale” e con un palmares di vittorie sportive non identico ma abbastanza confrontabile. Inoltre il club inglese è indicato da una relazione di KPMG come quello con maggiore enterprise value, ponendosi quindi come un benchmark con il quale confrontarsi per gli altri grandi club europei.

I valori della semestrale dello United sono stati convertiti in euro usando il cambio medio del periodo 1/7/18-31/12/18 pari a 1,1241 EU per GBP.

Semestrali riclassificate

KPI

I ricavi caratteristici sono il dato delle due semestrali che balza subito all’occhio per differenza.

Nonostante la posizione praticamente incontrastata in Italia, e non solo sul piano sportivo, la Juve è ancora molto lontana da avere una struttura di ricavi paragonabile a quella dello United.

Sia gli incassi legati allo stadio (matchday revenues) sia quelli commerciali da marketing e sponsorizzazioni vedono il club italiano ancora molto indietro, quasi la metà rispetto allo United, nonostante la spinta verso l’alto derivante dall’arrivo di una star mondiale come Cristiano Ronaldo.

Fra l’altro notate che la voce dove i ricavi fra i due club si avvicinano di più è quella dei diritti televisivi (broadcasting revenue). Entrambi i club partecipano alla Champions League, ed entrambi i club sono in testa alla suddivisione dei diritti TV delle rispettive leghe calcistiche. Ma mentre fra la Juventus, con 90 milioni annui circa, e l’ultima della serie A, il Frosinone con 35 milioni circa, c’è un abisso, così non è nella Premier League, dove lo United incassa sì ben quasi 150 milioni di sterline annue, ma l’ultimo club ne prende quasi 100.

Le differenze sui ricavi ovviamente si riflettono sulla redditività aziendale, soprattutto in un anno in cui la Juventus, con l’acquisto del campione portoghese, ha investito pesantemente sulla squadra. I campioni d’Italia riescono ad avere un EBIT positivo solo grazie alle plusvalenze sulla cessione di giocatori, che fra l’altro non includono le operazioni per quasi 40 milioni registrate nel mercato di gennaio. Per lo United le plusvalenze non sono invece essenziali, riuscendo invece a spesare con tranquillità anche il costosissimo cambio di panchina seguito all’esonero di Mourinho (22 milioni di costi).

Anche sul lato patrimoniale le differenze rimangono marcate. Se la posizione finanziaria netta è in valori assoluti abbastanza comparabile, la Juventus ha mezzi propri nettamente inferiori allo United, come testimonia il rapporto Debt/Equity. L’attivo della Juve è alla fine finanziato per il 41% circa da debiti finanziari e, nonostante questo, ha oneri finanziari inferiori della metà di quelli dello United. Questo dato è molto significativo perché se da un lato la società è ovviamente vulnerabile ad aumenti dei tassi, dall’altro mostra anche come, nella pratica, la politica della BCE stia cercando di supportare le aziende dell’eurozona, pure quelle a strisce bianconere!

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In sintesi il club torinese ha adottato quest’anno una politica di minore prudenza negli investimenti che sta migliorando sì i ricavi, ma al prezzo di una minore redditività e di un persistente utilizzo di fonti di finanziamento esterne. È una politica congrua con il desiderio di crescita per entrare stabilmente nel novero dei primi club europei ed il suo enterprise value è già aumentato di molto se consideriamo poi le quotazioni delle sue azioni ad oggi.

La strada è però lunga e può non essere agevole, necessita di sicuro di una oculata gestione del player trading, cioè della compravendita dei calciatori e relative plusvalenze, così da avere ricavi supplementari nel mentre. Quindi non lamentatevi, tifosi, se qualche giocatore sarà ceduto ed in cambio arriverà magari qualcuno a parametro zero.

Inoltre la Juve deve sperare che la stance sui tassi della BCE continui ancora ad essere espansiva, anche se la recente emissione obbligazionaria da 175 milioni servirà appunto a stabilizzare nel tempo gli oneri finanziari, approfittando intelligentemente dei bassi tassi attuali.

Ovviamente un successo nella massima competizione europea potrebbe migliorare i dati di redditività. Arrivare alla finale, infatti, garantirebbe ai bianconeri una quarantina di milioni aggiuntivi dalla UEFA, oltre agli ovvi positivi riflessi sulle altre voci di ricavo, giustificando fin dal primo anno gli investimenti fatti.

Twitter @AleGuerani