Banda ultralarga, la lezione australiana

scritto da il 21 Maggio 2015

Il palcoscenico della strategia per la banda ultralarga si arricchisce quotidianamente di aspiranti protagonisti, ma i nuovi ingressi non fanno che esasperare le complessità di una sceneggiatura già estremamente convoluta. Sull’obiettivo finale, l’accordo è pressoché unanime: dotare il paese di una rete d’accesso in grado di supportare connessioni superveloci è una priorità condivisa da politici, regolatori, analisti, imprese e consumatori. Su tutto il resto, il confronto è acceso: sul coinvolgimento pubblico, sull’assetto concorrenziale, sulle opzioni tecnologiche.

Tra i principali nodi di contrasto, v’è sicuramente il modello infrastrutturale da perseguire: gli ambienti governativi sostengono l’urgenza di un’architettura che porti la fibra ottica sin dentro le abitazioni (FTTH) o, nel peggiore dei casi, fino alla base degli edifici (FTTB); gli operatori propendono per la scelta di rilegare in fibra gli armadi di strada (FTTC), potenziando la portata del tratto finale in rame – la cosiddetta rete secondaria – attraverso l’utilizzo di più efficaci tecnologie di trasmissione, come il vectoring.

La questione si può affrontare secondo due approcci piuttosto distanti l’uno dall’altro. Il primo deve richiamare, evidentemente, le rispettive sfere di competenza dei poteri pubblici e delle imprese: a quelli spettano la regolamentazione e la supervisione del mercato in un’ottica di tutela della concorrenza e di rispetto del principio della neutralità tecnologica; a queste toccano, invece, la redazione dei piani industriali e l’individuazione dei modelli d’investimento ottimali. Pur ammettendo che il governo abbia titolo di formulare orientamenti generali, non si vede come esso – in un’economia ordinata – possa esprimere preferenze sui mezzi impiegati dai privati per conformarvisi.

Una simile prospettiva, però, sembra eludere la sostanza del confronto: quale sarebbe la prospettiva preferibile per il mercato italiano? Sarebbe raccomandabile investire immediatamente in una rete in fibra profonda, di più costosa e laboriosa realizzazione, o piuttosto orientarsi verso una soluzione meno ambiziosa ma comunque scalabile, laddove le future esigenze lo richiedessero?

Se guardiamo all’Europa, i soli paesi ad aver intrapreso la strada della fibra fino alle case come strategia generalizzata sono Spagna e Francia, cioè quelli in cui, per ragioni diverse, l’opzione FTTC non era praticabile. In Spagna l’architettura della rete telefonica non contempla gli armadi di strada, mentre in Francia l’elevata distanza tra questi ultimi e le abitazioni vanifica le velocità di trasmissione astrattamente raggiungibili. Naturalmente, nessuno nega che la fibra ottica sia, sul piano tecnologico, una soluzione “a prova di futuro”; ma da ciò non discende che essa sia, oggi, superiore al rame anche sotto i profili industriale ed economico.

Illuminante, in tal senso, è l’esempio australiano. Nell’aprile 2009, il governo laburista annunciò la creazione di NBN Co, una società a totale partecipazione pubblica incaricata di realizzare una rete FTTH/B e di fornire servizi di accesso all’ingrosso agli operatori retail, a costi ragionevoli e senza discriminazioni. Nel 2011, NBN Co rafforzò l’impianto del progetto concludendo con l’incumbent Telstra un accordo da 11 miliardi di dollari australiani finalizzato allo switch-off della rete in rame e alla migrazione dei clienti sulla nuova infrastruttura in fibra.

Già in occasione delle elezioni del 2013, però, il piano fu contestato con asprezza, perché gli ambiziosi obiettivi di copertura erano stati drasticamente rivisti al ribasso, mentre le stime di spesa, originariamente fissate in 43 miliardi, erano pressoché raddoppiate. Il nuovo governo liberale decise, così, di rivedere i progetti d’investimento di NBN e di sottoporre l’intera materia al vaglio di un gruppo di esperti indipendenti; i risultati della loro analisi sembrano rilevanti anche per la situazione italiana.

La commissione ha esaminato tre scenari d’investimento:

  1. la copertura delle sole aree profittevoli, in assenza di sussidi pubblici;
  2. la copertura di tutto il territorio nazionale, con l’impiego di un mix tecnologico: FTTC, FTTH/B, soluzioni ibride cavo-fibra (HFC), wireless fisso e satellite;
  3. la copertura di tutto il territorio nazionale, con l’impiego di FTTH/B (salvo il ricorso residuale a wireless fisso e satellite nelle aree ad alto costo).

Come si ricava dalla figura sottostante, lo scenario più radicale reca benefici nettamente inferiori a quelli delle altre due ipotesi – in virtù, evidentemente, della maggior incidenza dei costi, ma anche della maggior dilazione nel tempo. Più in particolare, la copertura delle sole aree profittevoli (fino al 93% delle abitazioni) sarebbe ovviamente la soluzione più efficiente; ma, se si riconosce l’esistenza di un interesse sociale ad estendere la copertura alle aree (impropriamente) dette “a fallimento di mercato”, la soluzione mista appare decisamente preferibile a quella FTTH/B, il cui finanziamento sarebbe per il 72% uno spreco, distogliendo risorse da usi più graditi ai consumatori.

Figura 1 – Analisi costi-benefici NBN (dati CIE in miliardi di dollari australiani)

La velocità di banda sottostà alle leggi generali dell’economia: così, un aumento vicino nel tempo è più apprezzabile di un aumento remoto e l’utilità marginale diminuisce al crescere della velocità (un aumento da 10 a 20 Mbps è più significativo di un aumento da 90 a 100 Mbps). Ecco perché le soluzioni miste sono quelle davvero a prova di futuro in senso economico: perché permettono di modulare i costi secondo lo sviluppo effettivo della domanda, invece d’imporre oggi investimenti che potrebbero essere inefficienti ancora per diversi anni.

A distanza di cinque anni dalla sua creazione, il fallimento del progetto NBN, per come originariamente delineato, è evidente. Le poche centinaia di migliaia di abitazioni passate in FTTH hanno un’incidenza assai limitata sul panorama complessivo del mercato e il livello di penetrazione dei servizi in banda larga in Australia è paragonabile a quello che si registra nel nostro paese – al netto del cavo, vera e drammatica anomalia italiana.

Figura 2 – Penetrazione banda larga fissa in Italia e Australia (dati Ocse, giugno 2014)

Figura 2 – Penetrazione banda larga fissa in Italia e Australia (dati Ocse, giugno 2014)

A prescindere dall’esito di quella vicenda, il caso australiano è esemplare per il metodo. L’investimento di denaro pubblico richiede un’analisi accurata dei costi e dei benefici delle diverse opzioni praticabili. Sulla base delle conclusioni del gruppo di esperti, il governo australiano ha rivisto i propri piani per NBN Co. È auspicabile che un’analoga consapevolezza illumini anche la perdurante riflessione del nostro esecutivo, onde evitare decisioni che paiono anteporre allo sviluppo del Paese la reputazione di chi le sostiene.

Twitter @masstrovato