Chi complotta veramente contro le banche italiane?

scritto da il 20 Gennaio 2016

Lo scorso 6 gennaio, sul sito della Banca centrale europea, è comparso un comunicato in cui si dettagliano le cinque priorità della supervisione bancaria per l’anno appena iniziato. In cima alla lista ci sono il business model e i rischi di redditività, seguiti dal rischio di credito. La lista prevede anche, oltre all’adeguatezza patrimoniale, i rischi di governance, la qualità dei dati e la liquidità. L’importanza di tali rischi varia a seconda dei Paesi sotto il meccanismo di supervisione. Si noti che parliamo di una procedura che non è specifica del nostro Paese.

Nei giorni successivi, la Bce inizia a contattare le banche (incluse quelle italiane) e a presentare richieste legate all’esigenza di conoscere le procedure organizzative di alcuni aspetti gestionali critici. Per l’Italia, tra questi aspetti, figura certamente quello dei crediti deteriorati e delle sofferenze. E infatti la Bce chiede alle banche sotto processo di supervisione di fornire informazioni, tra le altre, sulla segmentazione dei crediti deteriorati e sulla presenza negli organici di figure specialistiche che gestiscono i medesimi.

Si chiedono anche informazioni sulle procedure e i criteri che sono alla base del rientro in bonis dei crediti ristrutturati, sulle pratiche di moratoria e dilazione di pagamento (forbearance), sui tempi medi di recupero ed esecuzione forzosa, sulla presenza di eccezioni alle procedure standard. È insomma una raccolta di informazioni propedeutica a capire se e come le banche sono organizzate nella gestione di una delle aree più problematiche per la loro salute, specie in Italia.

Nel frattempo, proprio in Italia, era in atto da qualche tempo (indicativamente dalla data di risoluzione dei quattro istituti commissariati) una pressione di vendita sulle azioni bancarie, di intensità variabile a seconda delle vulnerabilità effettive o percepite degli istituti coinvolti. Il climax di queste vendite lo si raggiunge tra venerdì e lunedì scorso. Subito iniziano a serpeggiare interpretazioni di ogni genere, da quelle più razionali a quelle più complottiste. Tra queste ultime, la “punizione” al premier italiano per aver osato “sfidare” la Commissione europea e i “poteri forti” che ne tirano i fili.

Poi, lunedì sera, 18 gennaio, la Consob rompe gli indugi e chiede alle banche italiane quotate se hanno ricevuto richieste dalla Bce. Alcune confermano, altre non hanno ricevuto alcunché. La Bce dirà poi che intendeva creare un “campione rappresentativo” per studiarne la prassi gestionale, non necessariamente le più “sofferenti”. A quel punto, si scatenano le interpretazioni più fantasiose e truculente: “La Bce ha chiesto alle banche italiane di aumentare gli accantonamenti a copertura delle sofferenze, è la fine, moriremo tutti, si salvi chi può!”

Niente di tutto questo è (ancora) accaduto.

Forse accadrà tra qualche settimana o mese, o forse no. In tutto ciò, la domanda sorge spontanea: perché Consob ha ritenuto di dover pubblicamente richiedere alle banche quotate quella informazione? Non aveva contezza della procedura resa nota dalla Bce il 6 gennaio? Voleva mostrarsi “sul pezzo” nei confronti di opinione pubblica, politica ed istituzioni? Ecco le domande a cui servirebbe dare risposta. Invece di leggere commenti che puntano il dito contro la Bce.

Resta tuttavia da capire di che problemi si tratti. Forse è responsabilità della Bce prevenire la diffusione di boatos di mercato su comunicazioni da essa effettuate alle banche sotto la sua supervisione? Non abbiamo proprio nulla da imputare al singolare intervento di Consob, letto da molti operatori di mercato come una sorta di intervento per disinnescare una sorta di colpo basso dell’Eurotower verso il sistema bancario italiano, mentre in realtà si trattava di pura routine, e che ha finito col creare un inutile stigma aggiuntivo in capo alle banche che hanno confermato di aver ricevuto la richiesta Bce?

Ci siamo mai chiesti, mentre cerchiamo forsennatamente responsabilità e nemici esterni, che immancabilmente troviamo in Europa, perché i mercati hanno fiutato l’odore del sangue e attaccato con forza quelle che appaiono serie debolezze di sistema, cioè la presenza di enormi stock di sofferenze il cui reale valore è nel grembo di Giove, secondo i mercati medesimi?

La speculazione attacca gli anelli deboli della catena. Non è frutto di complotti ma semplicemente è l’”andare a vedere” se queste debolezze e contraddizioni sono reali. Di certo ai mercati non giungono “buone vibrazioni” dal fatto che da quasi un anno il governo italiano sta cercando di creare una bad bank ma sbatte contro il più che concreto rischio di veti europei per aiuti di stato.

Non si tratta, qui, di un eurocomplotto ma della difesa dei contribuenti italiani, che da una bad bank pubblica costruita in modo “furbo” rischiano di ricevere un conto molto salato. Se poi leggete, come negli ultimi giorni, che il Governo annuncia un nuovo progetto di bad bank a garanzia pubblica, “leggera ed efficace”, come ripetuto ossessivamente sui nostri media, ma nel giro di due giorni scoprite che la Commissione Ue ha chiesto dettagli operativi perché il piano “è molto generico” (o, detto in altri termini, non ne sanno praticamente nulla), potreste e dovreste chiedervi chi complotta realmente, oltre alla realtà.

Twitter @Phastidio