E-commerce in Italia al microscopio: migliora ma per le piccole imprese è l’anno zero

scritto da il 15 Novembre 2017

Quanto sia importante per le imprese essere presenti in modo efficace sul web è oramai un concetto universalmente assodato. Internet riesce a offrire opportunità per vendere online e ampliare il mercato di riferimento fino a pochi anni fa impensabili.

In questo quadro l’Italia, pur evidenziando positivi miglioramenti rispetto all’anno passato, stenta ancora nello stare al passo con il resto d’Europa. È quanto emerge dall’ultimo Rapporto e-commerce 2017 diffuso da BEM Research intitolato Luci e ombre del commercio online in Italia“.

Dal report emerge come il giro di affari del mercato italiano sia aumentato, passando dai 21 miliardi di euro del 2015 ai 26 miliardi del 2016 (+23,4%). La quota sul mercato europeo a 28 paesi, il cui valore stimato è pari a 625 miliardi di euro (nel 2015 ammontava a 580 miliari di euro), è quindi passata dal 3,6 al 4,2%. Se un miglioramento c’è stato, il ritardo italiano risulta ancora molto ampio. Germania, Francia e Spagna evidenziano quote di mercato ben più ampie della nostra (16,4%, 10,1% e 6,4% rispettivamente – grafico 1).

Grafico 1. UE28: mercato dell’e-commerce B2C – composizione percentuale
prodotti e servizi non finanziari

mercato EuropaFonte: elaborazioni e stime BEM Research su dati Eurostat.

L’utilizzo di Internet per acquistare beni e servizi da parte delle famiglie continua ad essere un’attività non molto diffusa in Italia. Appena il 29% della popolazione di età compresa tra i 16 e i 74 anni ha utilizzato almeno una volta il web per effettuare acquisti nel 2016. Rispetto all’anno passato si è registrato un aumento della diffusione di soli 3 punti percentuali, ma il gap rispetto al resto d’Europa è ancora ampio (nei paesi dell’Area euro l’e-commerce risulta avere una diffusione tra la popolazione attiva pari al 55%).

L’Italia si posiziona davanti solo a Cipro, Bulgaria e Romania. Il divario italiano diventa ben più ampio se si considerano Francia (66%) e Germania (74%), paesi non molto distanti dalla testa della classifica occupata da Danimarca (82%) e Lussemburgo (79%).

Dal dettaglio per classi di età si osserva come i giovani concentrino i loro acquisiti online soprattutto sui capi di abbigliamento. I più anziani, invece, quando utilizzano il web si dirigono principalmente verso libri e giornali. La popolazione di mezza età predilige comprare online viaggi e titoli di trasporto. I prodotti tecnologici sono quelli con la propensione a essere acquistati sul web più simile per tutte le classi d’età considerate (grafico 2).

Grafico 2. Italia: individui che hanno utilizzato Internet per acquistare beni e servizi negli ultimi 3 mesi – tipologia di acquisto per fascia di età
Dati relativi al 2016

acquisti ecommerceNote: sono possibili più risposte.
Fonte: elaborazioni BEM Research su dati Istat.

Dal punto di vista dell’offerta, nel 2016 sono state appena l’8% le imprese italiane con almeno 10 dipendenti ad aver ricevuto un ordine tramite l’online (in aumento di un solo punto percentuale rispetto all’anno passato – grafico 3). La media dell’Area euro si attesta al 18% (17% nel 2015). Tra i paesi europei più virtuosi troviamo Danimarca (28%), Repubblica Ceca e Svezia (27%), Germania (26%) e Belgio (24%).
Il divario tra Italia ed Europa in riferimento all’offerta si è ridotto solo se si guarda alle grandi imprese, mentre le piccole e medie imprese lo hanno visto aumentare. Il fatturato prodotto da Internet nel 2016 da queste ultime è stato infatti pari al 6% del totale nel 2016, contro l’8% del 2015.
Grafico 3. UE28: percentuale di imprese che hanno ricevuto ordini online
Dati relativi al 2016 – Imprese non finanziarie con almeno 10 dipendenti
vendite online Europa
Fonte: elaborazioni BEM Research su dati Eurostat.
Tenendo conto del fatto che le piccole e medie imprese rappresentano il tessuto economico italiano è su questo fronte che sarebbe opportuno impiegare la maggior parte delle risorse pubbliche e private. Lasciare che le PMI vengano fagocitate dai giganti del web significa privarle della possibilità, ad esempio, di poter creare strategie di marketing online perfettamente disegnate sui desideri e necessità degli utenti, caratteristica che generalmente assicura un maggior numero di vendite sul web e una migliore affermazione del brand.
La creazione di un portale web che promuova il made in Italy nel mondo, mettendo in rete le tante piccole realtà produttive di qualità che in Italia abbondano in campi quali il settore alimentare, la moda e l’arredamento, è un passo che deve essere compiuto.
Un aiuto alle PMI italiane potrebbe giungere anche da azioni sul fronte della domanda. Permangono infatti vincoli culturali, soprattutto nelle persone più anziane che in Italia rappresentano una grande fetta della popolazione, che impediscono di accedere a Internet o di valutarne l’utilità.
Campagne informative specifiche per questa tipologia di consumatori, potenzialmente più orientati verso il made in Italy, potrebbero favorire una maggiore diffusione dell’e-commerce a vantaggio soprattutto delle aziende italiane. Più specificatamente per il Mezzogiorno, andrebbe creato un efficace sistema di incentivi fiscali e/o contributi volti a sostenere le spese necessarie per diffondere una maggiore “cultura del web”.
Twitter @MilaniC