L’Italia e il business della medicina di precisione: cogliere l’attimo o farsi un selfie?

scritto da il 08 Novembre 2018

Questo articolo è stato scritto assieme ad Antonio Majocchi, professore di Economia e Gestione delle imprese presso Università di Pavia, nonché Direttore del Dipartimento di Scienze Economiche ed Aziendali.

Checché se ne dica, il sistema sanitario italiano è un’eccellenza a livello mondiale. Si è molto parlato della recente classifica di Bloomberg sull’efficienza dei servizi sanitari nazionali, la quale colloca l’Italia al quarto posto dopo Hong Kong, Singapore e Spagna. Tuttavia, è una eccellenza che rischiamo di perdere se non si presterà adeguata attenzione a quella svolta epocale chiamata ‘Precision Medicine & Precision Healthcare’. In breve e per evitare inglesismi: ‘Medicina di Precisione’, qualcosa che avrà un impatto dirompente su tutti i comparti della filiera della salute, quindi anche sui sistemi sociosanitari delle diverse nazioni.

Di cosa si tratta? Nell’economia contemporanea i settori più avanzati stanno evolvendo verso sistemi iper-flessibili, i quali consentono customizzazioni di massa e riconversioni agili della catena del valore: scarpe su misura e con design personalizzabile, cibi e bevande con il proprio nome stampati sul packaging, azioni di marketing basate su algoritmi automatizzati che superano il concetto di segmento e creano/implementano tante campagne quanti sono i clienti, e così via.

Tale trend riguarda da vicino anche la filiera della salute. In primis, questo modello si distingue da quelli tradizionali in quanto propone cure specifiche per ogni singolo paziente, a partire dall’analisi delle informazioni genetiche di ciascun individuo. Il concetto di servizio “su misura” si sta affermando anche nel settore medico. Anziché sviluppare e produrre una medicina diversa per ogni singola malattia – da somministrare ad un panel indistinto di pazienti – si passerà in futuro, per esempio, a prototipizzazioni rapide di medicine sviluppate ad hoc per il singolo paziente. L’idea di fondo è che ciascuno di noi è unico e reagisce diversamente ai farmaci, così come le stesse malattie che ogni volta presentano elementi di unicità. Non solo: la medicina “di precisione” è qualcosa di più di una “medicina personalizzata”. Significa anche adottare una precisione mai vista in precedenza ed evitare gli sprechi: esattamente quel che serve, quando serve, nulla più.

Ad esempio, questo paradigma applicato nel caso delle cure oncologiche significa andare a colpire solo ed esclusivamente le cellule malate con tasso di errore infinitesimale, quando invece – come sappiamo – il metodo chemioterapico bombarda l’organismo colpendo anche moltissime cellule sane (causando terribili effetti collaterali). È un paradigma che si applica all’intera filiera, delineando la prospettiva di strutture socio-sanitarie in grado di offrire percorsi assistenziali-terapeutici mirati e personalizzati rispetto alle esigenze di ciascun singolo paziente. L’impatto sui modelli di costo e gestione è rivoluzionario: la medicina di precisione sta portando a ripensare il processo di ‘presa in carico’ del paziente, creando percorsi personalizzati ed eliminando attività non necessarie – talvolta dannose – come ad esempio ricoveri diagnostici, trattamenti ed esami invasivi non mirati e soprattutto generici (pensati per una platea indistinta di pazienti).

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Il nocciolo della questione qui sollevata è il seguente: se il dibattito su questi argomenti è già ben avviato e vibrante fra esperti di settore e in consessi scientifici, non si parla ancora abbastanza dell’impatto dirompente che ciò avrà sui modelli di business delle imprese, sull’economia di quelle nazioni che puntano sulle filiere della salute (biotecnologie, aziende farmaceutiche, tecnologie medicali, etc.), su tutti i sistemi sanitari di ogni paese, compreso il nostro.

I numeri sono davvero impressionanti. Stime recenti indicano che il mercato della medicina di precisione vale già oggi circa 1.700 miliardi di dollari, una cifra vicina all’intero Pil dell’India, con previsioni di forte crescita e che porteranno questa cifra a raddoppiarsi nel giro di un decennio. Oggi nella misura in cui le cure per una patologia sono tendenzialmente uniformi anche i costi sopportati dagli enti erogatori sono in prima approssimazione omogenei.

Il passaggio alla medicina di precisione implica che anche la struttura dei costi diventerà differente da paziente a paziente. Il processo evoca percorsi simili già realizzati in settori di mercato che sono “data driven” ovvero in cui l’informazione sul cliente permette di personalizzare l’offerta, offrendo un servizio migliore. Questo cambiamento è già avvenuto ad esempio in finanza, nella telefonia, nel settore del trasporti. Il punto è ci sono fondate ragioni per credere che l’impatto economico possa essere pure maggiore nelle cosiddette ‘scienze della vita’, andando ad impattare anche sui modelli di costo/introito dei diversi sistemi socio-sanitari. Un tempo il prezzo che i clienti pagavano per spostarsi dalla città a A alla città B (in treno, in aereo…) era basato su una stima dei costi uguale per tutti. In realtà le imprese si sono rese conto – e l’evoluzione tecnologica ha permesso una stima molto più puntuale – che il costo per l’erogazione di ogni singolo servizio varia da cliente a cliente.

Se si tiene conto delle spese di marketing, dei servizi aggiuntivi, del grado di fidelizzazione, il costo per le imprese è in realtà molto differente da cliente a cliente. Le imprese hanno quindi introdotto prezzi differenti, appunto personalizzati. Ovviamente, nel settore medico, e in un sistema mutualistico come quello italiano ed europeo, la logica non può essere la stessa. I costi non possono essere “ribaltati” interamente sul paziente così come avviene nei settori market-based. Ciò che però accomuna settori così diversi è la differenziazione e la personalizzazione dei costi e quindi dei prezzi. Grazie alla medicina di precisione due pazienti con la stessa patologia possono avere trattamenti differenti e quindi generare costi per il servizio sanitario nazionale differenti. Le conseguenze a livello organizzativo, normativo, regolatorio, e soprattutto economico sono potenzialmente molto significative, seppur incerte.

E’ al momento molto difficile fare previsioni accurate. Tuttavia esistono alcune esperienze che ci danno un’idea della portata dirompente di questa rivoluzione alle porte. Ad esempio, si può citare un interessante progetto pilota svolto da KPMG nel 2018 nella regione Abruzzo, che ha riguardato l’organizzazione sanitaria per il trattamento di una malattia rara: l’amiloidosi ereditaria da trantiretina. È stato stimato che attuando accorgimenti diagnostici e procedurali che richiamano la medicina di precisione implicherebbe un costo aggiuntivo pari a circa 9,300 euro a paziente, ma pure che farebbe crollare i costi precedentemente sostenuti da sistema sanitario e famiglie dei pazienti da 29,800 a 12,500 euro, sempre per ogni singolo individuo in cura. Ciò significa un risparmio per il solo sistema sanitario pari al 12%, che arriva al 26% se si contano anche i costi a carico del paziente. Una cifra impressionante. Il tutto, incrementando al tempo stesso, ed in modo esponenziale, i benefici per il malato. Secondo Istat, la spesa sanitaria corrente nell’ultimo anno in Italia è pari a circa 149,5 miliardi di euro ed ha inciso sul Pil nella misura dell’8,9%. Se i risultati prima citati potessero essere raggiunti in ogni regione e per ogni malattia (vero: sono affermazioni azzardate, ma solo per avere un ordine di grandezza del fenomeno) ciò significherebbe un risparmio pari a circa 18 miliardi. Usiamo un principio di precauzione ma significherebbe circa l’1% del Pil Italiano. Ovvero, poco meno della clausola di salvaguardia, oppure dell’intera industria italiana del riciclo, oppure dell’intera ‘sharing economy’ nel nostro paese. O, se preferite, metà dell’ultima manovra del governo. Lo ripetiamo: sono numeri da prendere con grande cautela, ma offrono una conferma circa il fatto che parliamo di una rivoluzione potenzialmente epocale.

Lo studio sui costi sanitari dell’amiloidosi ereditaria da transtiretina è interessante anche in quanto racconta una bella storia di collaborazione fra eccellenze italiane e statunitensi che parte da Alnylam, un’impresa biotech con base a Boston, fondata su una tecnologia molto innovativa di silenziamento genico. A cavallo fra gli anni ’80 e ’90, alcuni ricercatori americani e dei paesi bassi stavano lavorando sulla produzione di petunie con un viola più vivace. Così introdussero nelle piantine un gene noto per codificare un enzima chiave nella colorazione dei petali. Sorprendentemente, ottennero l’effetto contrario: fiori privi di colore. Avevano scoperto un meccanismo denominato ‘RNA interference’, che ha portato Fire e Mello a vincere il Premio Nobel per la medicina nel 2006. L’elemento di grande interesse è che l’ ‘RNA interference’ è utilizzabile anche per silenziare geni che causano proteine mutate alla base di diverse malattie gravi e/o rare. Alnylam è riuscita a veicolare questo meccanismo nelle cellule del fegato ottenendo un trattamento specifico, ad oggi approvato in Europa e America, per una malattia rara, per l’appunto l’ ‘Amiloidosi ereditaria da transtiretina’ [1]. Trattasi di una condizione molto invalidante che porta alla progressiva perdita della mobilità degli arti, nonché a causare potenziali ripercussioni precoci sulla funzionalità cardiaca. L’Italia ha avuto un ruolo molto importante in questa scoperta, in quanto il Policlinico San Matteo di Pavia – ed in particolare il ‘Centro per lo studio e la cura delle amiloidosi sistemiche’ diretto da Giampaolo Merlini – è uno dei centri coinvolti dalla sperimentazione e dagli studi clinici.

Le malattie rare, nel loro insieme, sono particolarmente emblematiche nel rappresentare la rivoluzione della medicina di precisione. Secondo il modello tradizionale, sono economicamente poco interessanti per le case farmaceutiche, nonché fonte di costi particolarmente elevati per i sistemi sanitari. La ragione è semplice: per una fabbrica tradizionale l’opzione che delinea la struttura di costi più favorevole è in genere la produzione su larga scala. I farmaci e le tecnologie di cura non fanno eccezione: tendono ad essere economicamente sostenibili solo in caso di un numero adeguato di pazienti che condividono la stessa patologia. Il problema è che le malattie rare sono in realtà tantissime, quindi di fatto riguardano molti. In Italia, queste implicano costi pari ad almeno 1,36 miliardi di euro all’anno, l’1,2% della spesa totale in sanità, con trend in significativa crescita. Per non dimenticare i costi sommersi: è un problema che mette a dura prova il sistema sanitario in quanto tali malattie richiedono un approccio multidisciplinare, alta specialità, sviluppo di percorsi assistenziali personalizzati.

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Il sopra citato studio pilota di KPMG ha altresì permesso di evidenziare che un’approccio di medicina di precisione presenta un ulteriore grande vantaggio: consente di arrivare ad una diagnosi molto più precoce rispetto al passato, nel caso in oggetto, il ritardo diagnostico medio è di oltre i 4 anni. Ciò si traduce in ulteriori risparmi per il sistema sanitario poiché si riducono considerevolmente tutti quei costi rappresentati da visite ed analisi inutili, o sbagliate, lungo gli anni persi alla ricerca di una diagnosi, che è tanto più complessa quanto più è rara la malattia. Afferma Massimo Bertelli, Direttore Generale di Alnylam Italia: “La medicina sta vivendo un rinascimento scientifico che spinge l’intera catena del valore della salute – dalla ricerca, alle imprese, fino alle strutture sanitarie – a rivalutare i processi diagnostici che possono trovare una finalizzazione in nuove risposte concrete per i pazienti. Nuovi processi portano adattamenti organizzativi e nuovi modelli aziendali, che soprattutto oggi devono incontrare criteri di efficienza operativa ed assistenziale diversi rispetto al passato. La conclusione è chiara: non è solo un tema di ricerca medica, è una rivoluzione per il sistema sanitario, per le aziende farmaceutiche, per i loro modelli organizzativi. Una rivoluzione che, su scala globale, dobbiamo ancora capire in profondità da un punto di vista economico-aziendale”.

L’Italia si sta preparando a questa rivoluzione? In questo contesto, il ruolo dell’azione governativa e legislativa è cruciale, in quanto l’innovazione sopra descritta è tanto dirompente quanto impattata da norme e procedure del sistema socio-sanitario. Per esempio: rischia di essere all’antitesi del tanto dibattuto sistema dei costi-standard, che dopo un lungo e complesso iter non sarà facile rimettere in discussione. Cavalcheremo l’onda della medicina di precisione dandoci un’imperdibile possibilità di abbattere i costi pubblici, congiuntamente ad un impulso formidabile al PIL? Oppure resteremo a guardare, facendoci un bel selfie con sullo sfondo lo tsunami che sta arrivando?

Degli impatti di business della medicina di precisione e del caso sopra descritto si parlerà anche il 12 novembre 2018 in un evento presso Università di Pavia dal titolo “Turning Scientific Possibility Into Reality”, dove il Presidente di Alnylam Pharmaceuticals – Barry Greene – terrà una lectio magistralis titolata “Some challenges must be accepted”.

Twitter @sdenicolai

[1] Oltre che per l’Amiloidosi ereditaria da transtiretina, la RNA interference è molto promettente anche per altre malattie rare e del Sistema Nervoso Centrale.