Trading in opzioni: tutto un altro mondo rispetto al trading in azioni ed ETF

scritto da il 18 Marzo 2022

Le opzioni: perché sono la soluzione migliore per tantissimi trader? Chiunque si butti nell’arena del trading prende presto consapevolezza di alcuni fattori di importanza cruciale:

Uno: non si può avere ragione sempre, quindi il risultato del trading è una sinusoide fatta di una certa alternanza di operazioni positive e operazioni negative

Due: ogni operazione negativa ha un impatto psicologico che incide sulle proprie capacità di generare profitti futuri

Tre: lo stress operativo che deriva dagli errori porta spesso a prendere altre decisioni sbagliate, innescando, nei casi più gravi, spirali involutive che portano alla rabbia e ad altri sentimenti molto poco compatibili con un trading profittevole

Quattro: il trading richiede un impegno sui mercati non compatibile con una professione “normale”, nella maggior parte dei casi

Il trading direzionale, cioè l’unico trading che si può fare con gli strumenti lineari come le azioni, i futures, e gli ETF, espone il trader a tutti i problemi qui sopra evidenziati, poiché ad ogni decisione di entrata a mercato si associano una probabilità di successo e una probabilità di insuccesso.

Per ogni trade ci sono un profitto atteso se tutto va bene e una perdita potenziale se le cose vanno male.

trading opzioni

( Nicholas Cappello da unsplash.com )

E durante la vita dell’operazione parte un film di sentimenti, una tempesta emozionale, un maremoto fatto di onde di euforia e di paura, di sogni di ricchezza e di rabbia condita con rimorso.

Se siete trader, immagino starete sorridendo nel leggere queste parole, ma molti di voi staranno anche annuendo, pensando “eh sì, è proprio vero!”.

Quando una operazione va bene ci si sente dei fenomeni, invincibili, inattaccabili; un sentimento molto pericoloso, che porta alla troppa sicurezza di sé.

Ogni perdita porta invece delusione, insicurezza, malumore, chiusura, e difficoltà a relazionarsi con gli altri. A volte, addirittura, problemi nei rapporti familiari.

Il trading è anche spesso associato ad una forte solitudine: è un rischio concreto, perché assorbe energie fisiche e mentali al punto che ci si scollega dal mondo, isolandosi completamente.

Soprattutto, quando si insegue la chimera di una metodologia che potrebbe cambiare la propria situazione economica, generando profitti che permetterebbero addirittura di svincolarsi da un lavoro che non piace più, da un capo opprimente, o da una situazione conflittuale con qualche collega.

Situazioni vissute, in tutto o in parte, da tantissimi trader fai-da-te.

Pochi riescono, nonostante gli sforzi

La triste realtà è che la quota di chi ci riesce è molto bassa, e del resto le statistiche dei broker parlano chiaro: la percentuale di coloro che perdono sistematicamente denaro sui mercati finanziari oscilla tra l’80 e il 90% a seconda dei mercati e degli strumenti utilizzati.

Tant’è che, con molto cinismo, ci sono molti trader che guardano agli indici di sentiment degli investitori con atteggiamenti di tipo contrarian: quando tutti sono positivi su un titolo lo vendono allo scoperto, quando tutti sono negativi lo comprano.

Perché sanno che tanto il largo pubblico sbaglia la maggior parte delle volte, quindi, per vincere, può essere sufficiente fare il contrario di quello che fanno tutti.

Non è un caso se in questo mondo sono diventati popolari detti come “per guadagnare in Borsa bisogna essere avidi quando tutti hanno paura e avere paura quando tutti sono avidi”.

Sono soltanto modi “coloriti” di esprimere il concetto di cui parlavo poco fa.

Qual è la ricetta vincente?

Il trading è un mestiere difficile, e ammetterlo è il primo passo per migliorarsi.

Ma prendere consapevolezza del problema non è la soluzione: la soluzione consiste nell’individuare quali strategie meglio si adattino al proprio carattere personale, al proprio modo di rispondere ai risultati delle operazioni che si mettono a mercato.

La ricetta vincente non è solo questione di tecnica: è un mix di valutazioni in merito al tempo passato davanti alle piattaforme, alle aspettative reddituali, al capitale a disposizione, al rischio che si può tollerare e gestire, agli obiettivi che ci si prefigge.

Non c’è una risposta giusta, non c’è un metodo corretto in mezzo a tanti altri metodi sbagliati.

Ciò che esiste è un metodo più giusto per sé stessi, il metodo più compatibile con le risposte che ciascun trader dà alle domande implicite in quelle valutazioni di cui parlavo sopra.

Non si può pretendere, ad esempio, che un trading di brevissimo termine effettuato per pochi minuti al giorno possa portare risultati in grado di cambiare la propria vita.

Come non si può pretendere di comprare aziende che si ritiene sottovalutate nei fondamentali e vedere il loro prezzo raggiungere il fair value dopo una settimana.

Ci sono compatibilità e incompatibilità naturali nel trading e nelle strategie di trading.

E questo spiega la complessità del problema.

Ma qual è l’identikit del trader fai-da-te che non riesce a raggiungere il successo?

Ci sono diversi errori molto comuni, che caratterizzano la quasi totalità dei trader che sulla via per i sogni di ricchezza vanno a sbattere la testa contro il duro muro della realtà:

  1. * la mancanza di un metodo chiaro
  2. * l’incapacità di valutare correttamente i risultati
  3. * l’incapacità di reggere lo stress
  4. * l’avere obiettivi irragionevoli
  5. * il formarsi aspettative non compatibili con il proprio approccio
  6. * la mancanza di un capitale sufficiente con cui partire

Tutti i problemi qui sopra concorrono al risultato, ma quelli più seri sono il primo e l’ultimo: la mancanza di un metodo chiaro e la mancanza di una adeguata capitalizzazione.

Fiumi di trader improvvisati prendono decisioni basate sull’estro del momento, sulle news che bombardano continuamente i mercati, sui consigli di amici e colleghi, sulle proprie risposte emotive al contesto in cui si trovano.

E troppi trader si fanno ingannare da pubblicità che cercano di convincerli che sui mercati si può guadagnare tanto denaro anche con un capitale iniziale molto ridotto.

La scarsa capitalizzazione porta all’incapacità psicologica di affrontare le inevitabili perdite.

Questa, in combinazione con la mancanza di un metodo chiaro, è la via più diretta per il fallimento. E c’è soltanto un modo di risolvere il problema: studiare e imparare.

E non si tratta solo di studiare i mercati: bisogna studiare anche sé stessi, in relazione alle variabili di cui parlavo in precedenza: che obiettivi si hanno? Quanto tempo si può dedicare ai mercati? Quanto si ritiene di essere in grado di gestire lo stress? Che competenze si ritiene di poter sfruttare per accrescere le proprie probabilità di successo?

Si diradano le nubi nere all’orizzonte?

Negli ultimi anni l’industria del trading è cresciuta a dismisura anche grazie al fiume di inesperti che sono stati attirati nell’arena dei mercati.

Fortunatamente, pare che il quadro stia progressivamente cambiando.

Come ci racconta Domenico Dall’Olio, professore a contratto del Quantitative Trading Lab dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, infatti, una indagine recentemente condotta su un campione di oltre 300 persone intervistate tra gli utenti del sito www.quantoptions.it ha stabilito che la scarsa capitalizzazione, la mancanza di competenze e la scarsità di tempo da dedicare ai mercati sono i tre principali freni inibitori per molti che vorrebbero fare trading in conto proprio, ma che non si sentono pronti a farlo.

trading opzioni

( fonte: Indagine condotta da JEBO – Junior Enterprise Bologna tra gli utenti del sito www.quantoptions.it )

Trading in opzioni: la soluzione a tutti i mali?

Abbiamo chiesto a Domenico Dall’Olio, professore a contratto del Quantitative Trading Lab dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, quali soluzioni possano arrivare dal trading in opzioni ai tanti problemi dei trader già attivi sui mercati e a quelli evidenziati da coloro che hanno risposto all’indagine di cui parlavamo sopra.

Premetto subito,” afferma Dall’Olio “che una soluzione alla bassa capitalizzazione non c’è. Non è pensabile fare trading senza una capitalizzazione sufficiente a sopportare le inevitabili fasi negative; il problema delle perdite è duplice, perché da un lato mettono sotto stress le strategie, che ad un certo punto rischiano di non trovare fondi sufficienti per proseguire con l’operatività dopo una fase negativa, e dall’altro mettono sotto stress il trader, che rischia di trovarsi in condizioni insopportabili psicologicamente. Il trading in opzioni può essere invece senza dubbio una soluzione per tutti coloro che hanno poco tempo per stare davanti ai mercati. E il trading in opzioni, insieme al trading automatico tramite trading system, permette di associare il trading a qualsiasi altra attività. Con le opzioni, innanzitutto, si hanno molte più opportunità operative rispetto a quanto non si possa avere con tutti gli altri strumenti. Permettono di trarre beneficio da comportamenti statistici tipici dei mercati, comportamenti che per la maggior parte del tempo sono non-direzionali. Ci sono diverse strategie in opzioni molto popolari che sfruttano proprio le fasi laterali tipiche di molti mercati. E le opzioni permettono di cambiare il proprio atteggiamento nei confronti del rischio. Parlo di questo perché al quarto posto nella graduatoria dei freni inibitori che possiamo trovare nella figura qui sopra c’è il non voler correre rischi. A parte il fatto che senza rischi non si possono ottenere rendimenti, le opzioni, in questo senso, possono essere la panacea di tutti i mali, perché si prestano a strategie che permettono ai trader di convertire gli inevitabili errori in opportunità capaci di generare ulteriori profitti. Sono dinamiche note a molti operatori, che applicano strategie capaci di generare flussi reddituali anche in situazioni di mercati cedenti, e che riescono a spremere redditività anche da operazioni che temporaneamente vanno male. Ma sono strategie che richiedono una dote molto poco comune sui mercati: la pazienza. Perché alla fine il trading è un gioco di pazienza, che richiede di saper aspettare le condizioni giuste per operare e la capacità di saper costruire nel tempo le strategie necessarie per recuperare le posizioni che all’inizio non sono andate come si sperava. Solo le opzioni offrono questo genere di opportunità. Ma c’è un altro problema che nemmeno le opzioni possono risolvere: quello delle competenze. Senza lo studio non si può pretendere di raggiungere risultati positivi. La buona notizia è che oggi in rete si trovano contenuti formativi di altissimo livello, e alla portata di tutti. Bisogna soltanto imparare a distinguere l’oro dalla pirite. Meno prosaicamente, bisogna saper separare la formazione che offre strumenti concreti da quella che fa solo promesse di guadagni facili.

Twitter @EmilioTomasini

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