Bonus Economics for Dummies. Un’introduzione

scritto da il 30 Dicembre 2015

Come è noto ai più, la legge di stabilità approvata in via definitiva dai due rami del Parlamento nei giorni scorsi contiene un provvedimento che ha destato un particolare interesse. Mi riferisco all’elargizione di 500 euro a favore di coloro che compiranno 18 anni nel corso del 2016. Unico requisito, la residenza in Italia. Da vari media, apprendo che i beneficiari otterranno una carta prepagata utilizzabile per l’acquisto di beni e servizi che contribuiscano alla loro crescita culturale. Libri, quindi, ma non solo. Anche l’ingresso in aree archeologiche, gallerie, monumenti, musei, mostre e spettacoli dal vivo. Il costo? Circa 275 milioni, finanziati con maggior debito.

Almeno tre sono le ovvie domande da porsi: quali le finalità? Quale la probabilità di successo? Quali gli effetti collaterali?

Circa le finalità, è opportuno risalire alla fonte autentica. Lo scorso due dicembre, l’ex-collega Filippo Taddei, ora responsabile economia del PD – una persona seria e preparata – motivava l’inusitata proposta sulla propria pagina di Facebook chiedendo in chiave retorica: “Se la scuola pubblica è offerta gratuitamente a tutti i cittadini, perché uno strumento che integra l’istruzione come il bonus 500 euro per i diciottenni non dovrebbe essere dato con lo stesso spirito di universalità?”.

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La ratio del provvedimento, quindi, deve essere la stessa che giustifica il finanziamento pubblico dell’istruzione, se non della fornitura pubblica del servizio.

Per individui come il sottoscritto, che non riescono a concepire interventi paternalistici da parte dello Stato, tale ratio consiste nella rimozione di ostacoli prettamente finanziari all’emancipazione culturale e/o nell’ipotesi che la cultura abbia esternalità positive sul resto della collettività. Non internalizzando tutti gli effetti positivi della propria crescita culturale, l’individuo va spinto – per mezzo di sussidi, per esempio – ad investire nella propria formazione intellettuale più di quanto farebbe altrimenti.

La prima considerazione da fare per cercare di comprendere gli effetti del bonus è che non si tratta di un’elargizione a favore dei diciottenni, ma piuttosto dei centri di spesa da cui questi dipendono. Nella maggior parte dei casi, si tratta della famiglia d’origine. Circa 550mila famiglie italiane – su un totale superiore ai 22 milioni – si vedranno recapitare l’ambita carta. Quante, tra queste, decideranno di aumentare la spesa per quei beni e servizi di cui l’intervento legislativo vuole incentivare il consumo?

Si cominci con il chiedersi quante di queste famiglie già spendono più di 500 euro per tali beni e servizi. Secondo l’indagine dell’ISTAT sulla spesa per consumi delle famiglie, nel 2014 la spesa mensile mediana delle famiglie costituite da due adulti ed un figlio era di circa 2.613 euro, cifra che saliva a 2.814 se i figli erano due e a 2.878 se la prole era più numerosa. L’ISTAT ha stimato che la prima tipologia di famiglia ha destinato circa il 5,8% del totale all’acquisto di beni e servizi relativi a istruzione, ricreazione, spettacoli e cultura, ovvero 1.818 euro in tutto l’anno solare. Tale percentuale sale al 6,9% per le famiglie con due figli, ovvero 2.330 euro l’anno, e al 7,4% (2.555 euro) per le famiglie più numerose.

Ne segue che, a meno che le spese incluse nelle voci considerate non si riferiscano esclusivamente all’acquisto di biglietti di ingresso allo stadio o abbonamenti alla televisione satellitare, almeno metà delle famiglie destinatarie del provvedimento, ma probabilmente molte di più, già spendono per cultura e istruzione cifre ben superiori ai 500 euro. In quale misura, quindi, ci si aspetta che cambino le loro abitudini di spesa a seguito del bonus?

Per tali famiglie, i 500 euro non sono altro che un aumento del reddito disponibile, che decideranno di spendere o risparmiare come più aggrada loro.

Il caso che, secondo gli intendimenti espressi dal Governo, si può ritenere più favorevole allo stesso, è quello in cui la spesa totale di tali famiglie aumenterà di 500 euro rispetto allo scenario controfattuale di assenza di bonus. In tal caso, mantenere una quota costante per la spesa in cultura e istruzione ammonterebbe – per la famiglia mediana – a un incremento annuale in tali voci di spesa non superiore a 37 euro (7,4% di 500). Il resto se ne andrà in pizze, spritz, scarpe e benzina.

E per le famiglie che prima del bonus spendevano meno di 500 euro per attività culturali? Che speranze ha il provvedimento di aumentare i loro esborsi? La risposta è: nessuna.

Già la vedo, la coppietta di ragazzi livornesi – rigorosamente nati nel 1998 – che la prossima estate, avviandosi verso la spiaggia, si premureranno di fermarsi al Museo di Storia Naturale del Mediterraneo per comprare due biglietti d’ingresso con la bonus card e rivenderli immediatamente alla coppia di ottuagenari in visita dall’Arkansas. Venti euro dovrebbero essere più che sufficienti per lo spuntino al baretto. E la libreria di Trieste con la bancarella dei libri usati convenientemente situata alla destra della cassa? Già da febbraio, immagino, la pratica avrà sveltito la compravendita di libri a tal punto che la si potrà chiamare sconto del bonus. Un nuovo strumento finanziario… bonus discount, in inglese renziano… fighissimo. In città medio-grandi, la concorrenza dovrebbe anche garantire tassi di sconto particolarmente bassi. Un affarone, insomma.

Vale poi la pena considerare che quando si concede un sussidio temporaneo all’acquisto di un bene durevole, quale il libro, il consumatore reagisce sempre aumentando la spesa nel periodo di validità del sussidio, a discapito del periodo precedente e successivo. Quindi, anche volendo fare l’ipotesi assurda che i giovani del 98 e le loro famiglie effettivamente utilizzino il bonus 2016 secondo le desiderata del Governo-mamma, si assisterebbe poi ad una contrazione della spesa nel 2017.

In conclusione, il bonus di 500 euro non è altro se non un trasferimento puro a favore delle famiglie con un dipendente a carico nato nel 1998, finanziato attraverso indebitamento pubblico. È quindi molto simile agli assegni staccati dal Tesoro degli Stati Uniti d’America negli anni 2001, 2008 e 2009 a favore di una parte delle famiglie americane. Negli ultimi due episodi, in cui l’intento era l’incremento temporaneo della domanda aggregata, col fine ultimo di porre parziale rimedio alla crisi economica, si esclusero dai beneficiari le famiglie con un reddito superiore a un certo limite, crescente nel numero dei componenti. Per quanto controverse, tali politiche trovavano fondamento nell’ipotesi che molte famiglie non riuscissero a ottenere credito nonostante avessero ottime possibilità di ripagare i propri debiti una volta che l’economia fosse tornata a crescere.

Nel caso Italia 2016, sono ormai in pochi – tra coloro che ne capiscono qualcosa – a sostenere che l’economia si trovi in una seppur lunga recessione e che sia opportuno sostenere i consumi correnti aumentando il debito. Il Paese si sta impoverendo velocemente, e dare una mancetta di 500 euro a 550mila famiglie, indipendentemente dal reddito e dal numero di figli, finanziandola con tasse che quegli stessi giovani del 98 dovranno pagare tra dieci anni, quando potrebbero essere più poveri di oggi, non appare essere una gran trovata.

Se l’istruzione e la cultura stanno realmente a cuore a questo Governo, continuare ad investire per eliminare gli enormi gap del sistema scolastico, a partire da quello infrastrutturale, sarebbe sicuramente strategia foriera di migliori risultati.

Twitter @clementi_gl