Uber (e le altre) vs. taxi: Sharing o Monopoly?

scritto da il 20 Febbraio 2017

Puntuale come il festival di Sanremo anche quest’anno è scoppiata nuovamente la polemica sui taxi e Uber condita dalle solite affermazioni apodittiche dei due fronti, da un lato gli autonominatosi difensori del “libero mercato” che vedono in Uber, ed in altri campioni della così detta sharing economy, i paladini del “Bene” liberista che trionfa contro il “Male” delle corporazioni e dei privilegi, dall’altra quelli che, con esattamente opposte motivazioni, vedono i tassisti come uno degli ultimi baluardi contro lo sfruttamento del capitale internazionale sul proletariato nazionale.

Poiché fin dall’età della ragione le ideologie mi hanno provocato acute esplosioni allergiche simili all’orticaria e l’esperienza mi ha insegnato che dietro ad esse spesso non c’è fede nel progresso quanto interessi diversi, frequentemente monetizzati, cercherò di essere il più pratico possibile nell’esprimere la mia opinione su questa diatriba.

schermata-2017-02-20-alle-20-01-08Partiamo intanto da un dato banale ma di cui si parla poco o nulla: sia che parliamo di trasporto pubblico, sia che parliamo di consegne a domicilio di cibo, sia che parliamo di affitto di camere, siamo comunque in settori economici, per loro natura, a basso, ed in alcuni casi, bassissimo valore aggiunto e che possono essere serviti da operatori con bassa se non quasi nulla specializzazione e con altrettanto basso impiego di capitali.

Ecco, dimentichiamoci che imprese come Uber, Foodora, Airbnb e altre stiano “rivoluzionando” la tecnologia e quindi migliorando chissà quanto la produttività dei fattori. No, il digitale è altra cosa, tra Foodora e il kebabbaro sotto casa che ti manda il ragazzo col sacchetto non c’è un salto tecnologico, il valore aggiunto del servizio sempre quello rimane. Uguale si può dire fra un conducente UberPop ed il vecchio tassista abusivo che trovavo a fine anni ‘80 puntuale fuori dalla stazione di piazza Garibaldi quando, militare, tornavo a Napoli dopo una licenza.

E qui a Bologna, dove vivo, anche senza Airbnb, l’affitto di stanze agli universitari è stato (e continua ad essere) un’importante integrazione del reddito di tante persone, sovente in nero.

Ma dove è quindi che queste nuove società puntano a estrarre valore che, non dimentichiamo, è il fine principale di qualsiasi impresa in un regime economico di tipo capitalista? Nel rendere più efficiente l’incontro fra domanda ed offerta, usando una piattaforma tecnologica che però rimarrebbe sostanzialmente inutile senza l’ausilio della manodopera umana e/o di capitale altrui, come la casa nel caso di Airbnn.

schermata-2017-02-20-alle-19-55-29E non essendoci chissà quale rivoluzione di produttività perché l’estrazione di valore non solo rimanga costante, ma si incrementi, è ovvio che si debba lavorare da una parte sulla quantità, cioè sulla scalabilità del modello di business, dall’altro, di pari passo, sulla partizione a vantaggio della piattaforma del valore rispetto agli operatori singoli che gli forniscono lavoro e/o capitale, oltre ad estrarre ulteriore valore dal cliente quando possibile.

La conseguenza logica è che per avere successo questi modelli di business devono diventare sia un monopolio che un monopsonio ed infatti una delle caratteristiche dei nuovi mercati digitali è un player che metta fuori mercato o assorba gli altri operatori, anche tramite l’utilizzo di politiche di dumping favorite dalla ampia disponibilità di capitali, in una specie di “ne resterà soltanto uno” di cinematografica memoria.

Basti pensare che Uber ad esempio in sette anni di vita ha bruciato 4 (dicesi QUATTRO) miliardi di dollari in perdite, di cui quasi uno e mezzo nella sola prima metà del 2016, speso in gran parte per cercare di “conquistare” il mercato cinese. Quali altri operatori possono permettersi un tale livello di perdite senza essere distrutti dal mercato?

Agli amici difensori del libero mercato vorrei quindi fare una semplice domanda: assodato che un valore aggiunto creato esclusivamente dalla normativa, come il caso delle licenze dei taxi, dei notai, ecc, è pessimo per l’economia, siamo proprio sicuri sicuri che la soluzione più efficiente e liberale sia un monopolio/monopsonio?

Twitter @AleGuerani