L’Erasmus delle pensioni che non fermerà la fuga dall’Italia di vecchi e giovani

scritto da il 14 Maggio 2017

Pubblichiamo un post di Dario Stevanato, professore ordinario di diritto tributario all’Università di Trieste e avvocato

Se c’è un limite oltre il quale un ordinamento giuridico perde la bussola della parità di trattamento di situazioni simili, e inizia a essere governato da regole arbitrarie e da un perverso principio di “disuguaglianza tributaria”, allora quel limite si sta per l’Italia sempre più avvicinando.

L’ultimo colpo potrebbe essere inferto da un emendamento alla manovra correttiva, con cui si vuole introdurre – sfruttando norme convenzionali che attribuiscono la potestà impositiva sui redditi da pensione allo Stato di residenza del percettore – un nuovo regime sostitutivo Irpef per il trasferimento in Italia di pensionati stranieri, cui verrebbe concessa un’aliquota agevolata (10%, per 15 anni) sui redditi da pensione di fonte estera.

L’obiettivo dichiarato, come per il ticket (100 mila euro) sugli “impatriati” ad alto reddito, è quello di aumentare consumi e investimenti, nonché il gettito fiscale, grazie a quanti emigreranno nel nostro Paese.

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All’istintivo senso di disagio che ciò provoca in coloro che oggi pagano l’Irpef progressiva potrebbero essere opposti i seguenti argomenti:

1 – il nuovo regime consentirebbe comunque di incrementare il gettito, rispetto a stranieri che altrimenti pagherebbero le imposte nel loro Paese di origine: meglio insomma il 10% di qualcosa, che il 50% di niente.

2 – l’Italia non farebbe così che difendersi, sul piano della competizione fiscale internazionale, rispetto a quegli Stati (come il Portogallo) che già hanno introdotto analoghi e speculari regimi agevolativi.

Ma è questa la cifra della politica fiscale cui i contribuenti italiani si devono rassegnare?

Misure del genere non affrontano, anzi si pongono in contraddizione, con i problemi strutturali della nostra imposta sul reddito, che tassa eccessivamente e con modalità selettive i redditi di lavoro e pensione, già per ammontari medio-bassi. Mentre la promessa riforma dell’Irpef viene continuamente rinviata, si introducono nuovi regimi di eccezione, che pongono in modo ineludibile il tema dell’equità e della perequazione tributaria.

Ritagliare un “paradiso fiscale” per pochi, inseguendo un grottesco “progetto Erasmus” per la terza età, in cui – ad esempio – il Portogallo accoglie i pensionati italiani, e l’Italia quelli portoghesi, non aiuta in alcun modo a risolvere il vero problema: evitare che i cittadini italiani, giovani o pensionati, siano costretti ad andarsene da quello che, per loro, continua a essere un “inferno fiscale”.

È poi evidente l’ulteriore sfregio che verrebbe introdotto al principio di uguaglianza tributaria: soggetti titolari di redditi dello stesso ammontare e della stessa fonte, aventi lo stesso status (cioè la residenza fiscale in Italia), saranno tassati diversamente soltanto in funzione della residenza pregressa, con giganteschi dubbi di costituzionalità della norma che nessuno sembra più nemmeno porsi.

Inoltre, anche se le imposte non possono essere considerate un “corrispettivo” per il godimento dei servizi pubblici, è anche vero che il loro pagamento sottende uno scambio sociale, un concorso alle spese dello Stato di appartenenza a fronte di una almeno astratta possibilità di trarne beneficio.

Ecco, i pensionati stranieri trasferiti in Italia potranno godere, per un periodo lunghissimo e sostanzialmente vita natural durante, di tutti i servizi garantiti dalla residenza nel territorio italiano, tra cui quello sanitario, che di fatto rischiano di essere indirettamente finanziati dai “forzati dell’Irpef progressiva”.

Twitter @d_stevanato