Scuola, le inefficienze del modello (perfetto) e da dove ripartire per costruire il futuro

scritto da il 30 Maggio 2017

L’articolo 3 della Costituzione sancisce il principio di eguaglianza dei “punti di partenza” valorizzando nei fatti la diversità sociale tra le persone – diversità che dovrebbe essere fondata su logiche e dinamiche di merito – e responsabilizzando lo Stato sul proprio ruolo di garante, affinché tutti i cittadini possano avere le medesime opportunità.

Se ciò è vero ecco che il sistema di imposizione fiscale sulla ricchezza prodotta altro non è che una leva con cui lo Stato ridistribuisce ricchezza all’interno della società, prelevando la stessa da coloro che grazie ai propri meriti e ai propri talenti sono più abbienti per farla arrivare in termini di servizi e di opportunità a tutti coloro che sono più deboli e meno fortunati: si pensi al diritto di accesso alla filiera dell’istruzione, alla sanità e ad ogni altro servizio avente una rilevanza pubblica.

In sintesi il nostro sistema disegna un modello perfetto di creazione del benessere in cui chi è bravo e meritevole produce più ricchezza e destina parte della stessa attraverso il pagamento delle imposte al benessere collettivo e alla tutela del diritto di accesso ai servizi pubblici. Il sistema è così in grado di valorizzare il merito e il talento facendo emergere i migliori che a loro volta si affermeranno e daranno continuità ad un circuito virtuoso a beneficio di tutti in cui il più forte si prende cura del più debole. In questo sistema ideale il pagamento delle imposte è motivo di orgoglio per il cittadino e per l’impresa potendo valorizzare il proprio contributo al benessere della collettività, alla crescita della stessa garantendo le generazioni più anziane e al contempo l’accesso al merito per le nuove generazioni: in una parola il sistema garantisce il futuro.

Purtroppo la messa in pratica del modello non produce gli stessi effetti che lo stesso si è proposto di raggiungere: i risultati sono facilmente comprensibili, scontrandoci quotidianamente con le inefficienze e le distorsioni di un sistema che non riesce più a ritrovare la corretta e originaria impostazione. Le inefficienze riguardano l’intero sistema: la ricchezza raccolta per la ridistribuzione in larga misura copre i costi dell’apparato dello Stato che tuttavia non riesce a produrre servizi in grado di soddisfare i bisogni reali della comunità. La comunità ricevendo servizi non in linea con i bisogni deve mettere in atto – là dove possibile – azioni dirette per proteggersi e per poter accedere ai servizi di cui ha bisogno di fatto percependo l’imposizione fiscale come un prelievo non equo e non compensato dal benessere che lo stesso dovrebbe produrre. L’inefficienza nell’utilizzazione della ricchezza crea resistenza all‘imposizione fiscale, creando evasione ed elusione: evasione ed elusione conducono lo Stato a sostenere maggiori costi, che a loro volta aumentano le inefficienze e creano iniquità e differenze tra le persone.

Alle inefficienze nella gestione della ricchezza si accompagnano logiche e dinamiche non di merito nelle professioni e, più in generale, nel mondo del lavoro. Nel mondo del lavoro si creano conflitti tra generazioni con la fuga dei giovani più volenterosi.

A corollario le inefficienze del sistema education: la Scuola non è in grado né di valorizzare i giovani, né di educarli alla cultura del merito e del talento. I criteri di valutazione sono sempre più standardizzati, le Scuole non riescono a valorizzare il talento sportivo o artistico dei giovani spingendoli a confrontarsi su performance che hanno ad oggetto materie contenute in programmi ministeriali non rinnovati. La filiera education non è fatta per i giovani ma per programmi e modelli di insegnamento ormai desueti in cui bambini di undici anni entrano a scuola alle 8 la mattina ed escono alle 14.

La Scuola scarica sulle famiglie la cura del talento dei propri figli accentuando ancora le differenze tra le persone. All’interno della filiera education mancano percorsi seri di orientamento alle professioni e ancora oggi c’è chi pensa che uno dei problemi dell’Italia sia quello di dare la laurea a tutti invocando le statistiche OCSE e dell’Unione Europea.

In questo contesto, sinteticamente e parzialmente tratteggiato, da dove si può ripartire? La partenza è il recupero dell’equità tra le persone: equità che deve trovare fondamento nell’impostazione dell’art. 3 della Costituzione ossia nel principio di eguaglianza dei punti di partenza con uno Stato forte in grado di valorizzare la diversità e il merito e di utilizzare in maniera efficiente le risorse che i cittadini e le imprese pagano con le imposte a seguito della ricchezza prodotta con il proprio lavoro. Oltre al recupero dei valori scritti nella nostra Costituzione si deve ripartire dai giovani, favorendo il loro orientamento al mondo del lavoro e costruendo percorsi scolastici in grado di farli crescere nelle loro capacità, coltivando i diversi talenti di cui sono portatori e richiamando loro l’importanza del merito e della sana competizione. I giovani sono il 20% della nostra comunità ma sono il 100% del nostro futuro. 

Twitter @AleBicocca