Decentralizzare può risollevare la competitività delle imprese italiane?

scritto da il 06 Giugno 2017

Abbiamo parlato precedentemente della tensione fra il grado di centralizzazione della contrattazione e la disoccupazione, con un parallelo tra Francia e Italia, innescando qualche polemica. Ma qual è precisamente il legame tra la contrattazione, il costo del lavoro e la competitività delle aziende? Proviamo a chiarire il punto di una proposta, la decentralizzazione della contrattazione, che può avere una relativa importanza.

Produttività, costo del lavoro e competitività

L’eccessivo costo del lavoro e la scarsa produttività sono spesso additati come le cause fondamentali della mancanza di competitività di paesi come l’Italia e la Francia, argomenti toccati anche mercoledì nella relazione finale di Bankitalia. Qualunque impresa per sopravvivere sul mercato deve essere in grado di produrre dei ricavi maggiori dei propri costi, i quali includono il salario e i contributi versati ai propri dipendenti. Risulta tuttavia evidente come lo stesso numero di lavoratori possa, in condizioni diverse, essere in grado di produrre più o meno ricavi a seconda dei macchinari a disposizione, delle proprie capacità e di altri fattori (ad esempio la distanza dal mercato finale, visto che l’azienda dovrà sostenere dei costi di trasporto). Per ogni azienda è quindi importante bilanciare il salario pagato ad un proprio dipendente con il valore aggiunto da esso prodotto, la produttività del lavoro appunto.

Si fa spesso riferimento al modello tedesco, in cui la contrattazione avviene a livello regionale e le aziende possono derogare dal contratto regionale con l’accordo dei sindacati in qualunque momento. La contrattazione decentrata ha favorito la compressione salariale, mentre in altri paesi europei un sistema di contrattazione centralizzato ha rallentato l’aggiustamento dei salari, costringendo le imprese a perdere competitività, e in alcuni casi a chiudere o tagliare posti di lavoro.

Il grafico 1 mostra l’andamento del valore aggiunto lordo per lavoratore, misura della produttività del lavoro, e della retribuzione per lavoratore (salari lordi e contributi previdenziali) in Germania. La produttività è aumentata a ritmo sostenuto per poi frenare solo con la crisi, le retribuzioni dei lavoratori, invece, sono calate costantemente fino al 2009, tornando ai livelli del 1995 solo nel 2015, mentre intanto la produttività aveva già registrato un aumento del 18% rispetto al livello originario.

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Grafico 1. Fonte: rielaborazione dati OCSE

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Grafico 2. Fonte: rielaborazione dati OCSE

Dunque, mentre l’Italia ha recentemente recuperato un rapporto tra produttività e retribuzioni simile a quello del 1995, la Germania, da allora ha notevolmente migliorato questo rapporto aumentando la competitività relativa delle sue imprese.

Decentralizzazione e produttività

Sulla bilancia troviamo quindi produttività e costo del lavoro. Imporre un costo del lavoro rigido, con livelli di produttività che variano, rende difficile trovare un equilibrio, e quindi remunerare adeguatamente i lavoratori senza perdere competitività. Si potrebbe inoltre immaginare come una contrattazione più decentrata potrebbe permettere alle aziende di introdurre incentivi alla produttività. E’ vero tuttavia che la produttività dipende da molti altri fattori. Fra gli ostacoli più problematici al fare impresa secondo il Global Competitiveness Index, il cuneo fiscale si trova al secondo posto (dietro a burocrazia inefficiente e davanti a accesso al credito), mentre la rigidità del mercato del lavoro si trova al quinto posto (dietro a complessità della tassazione  e davanti a corruzione e inadeguatezza delle infrastrutture).

Decentralizzazione e costo del lavoro

Guardiamo ora all’altro piatto della bilancia, il costo del lavoro. Negli ultimi 15 anni, il costo del lavoro ha inciso sui costi totali delle imprese italiane fra il 15% e il 18%.

costo_lavoro_su_costi_totali

Grafico 3. Fonte: rielaborazione dati Istat

Il costo del lavoro rappresenta comunque un fattore cruciale, perché determina la scelta di assumere o meno nuovi lavoratori, concorrendo alle dinamiche in termini di occupazione. Come detto, costringendo aziende con produttività del lavoro diverse a pagare un salario identico si rischia o maggiore disoccupazione e perdita di competitività, o salari troppo bassi.

Decentralizzazione e domanda aggregata

Una contrattazione più flessibile, con la possibilità di adeguare il costo del lavoro al livello della produttività, rende i salari meno rigidi verso il basso, favorendo l’occupazione attraverso diversi canali.

In primis, nei settori in cui il costo del lavoro ha un peso rilevante, una sua riduzione aumenta la competitività delle imprese sui mercati esteri, con effetti virtuosi sulle quantità prodotte e quindi sull’occupazione. In secondo luogo, il costo minore del lavoro rispetto ad altri fattori favorisce il suo impiego nelle decisioni d’investimento. Infine, la maggiore competitività stimola gli investimenti esteri nel Paese.

Il possibile ostacolo a questo meccanismo riguarda il ruolo della domanda interna. Se l’aumento dei lavoratori impiegati nel processo produttivo non basta a compensare la perdita di potere d’acquisto degli occupati, la riduzione dei salari può avere effetti regressivi sulla domanda aggregata nazionale, contraendo la produzione. In questo caso, la contrazione riduce la domanda di lavoro delle imprese e l’effetto netto sull’occupazione resta ambiguo.

In Germania, però, il canale dell’export ha avuto un ruolo preponderante, con un surplus commerciale dell’8,3% del PIL, in grado di rilanciare la produzione e l’occupazione stessa.

Lo stesso meccanismo potrebbe replicarsi in Italia? Abbassare il costo del lavoro potrebbe rendere le imprese più competitive e aumentare le nostre esportazioni?

Conclusioni

In conclusione, è possibile che una decentralizzazione della contrattazione, comunque rispettosa di garanzie minime nazionali, possa contribuire ad aumentare la competitività delle imprese italiane, ma la sua sostenibilità è subordinata o all’aumento delle nostre esportazioni o alla capacità di sostenere la domanda aggregata con altre politiche.

Certamente, una contrattazione più decentralizzata non va pensata come una panacea per la ripresa del Paese, i cui ostacoli principali risiedono anche in altre variabili, e andrebbe calibrata con attenzione per evitare un abbassamento dei salari. Sarebbe però auspicabile che le forze politiche e le organizzazioni sindacali e datoriali affrontassero il tema della competitività, anche in relazione alla contrattazione, argomenti che invece sono passati in secondo piano rispetto ad altri molto meno rilevanti in termini di impatto economico (dai voucher ai bonus di vario tipo).

Twitter @Tortugaecon