Darwin, i taxi e i bancomat: il futuro del bitcoin in un Paese inefficiente

scritto da il 07 Giugno 2017

Dunque, la stagione dei weekend al mare è cominciata in Italia e io non sono mancato L’ambiente è sempre quello, ci sono meno bambini, molto più traffico. Sempre più macchine.

Camminavo sotto il sole, per la prima volta alle Isole Tremiti, cercando una banca. O meglio, la prima l’avevo trovata ma il bancomat non funzionava ed erano rimaste solo le Poste e le stavo cercando. Ero andato in tre locali diversi. C’era un cartello: “Il Pos non funziona”.

Non esiste un posto che accetta bitcoin qui – ovviamente – ma preferiscono i contanti. Come un po’ tutti i commercianti in Italia. E soprattutto al Sud… Si parla tanto di fintech in ambito startup ma concretamente sembra che a nessuno interessi…

Se venisse usata la blockchain, la stessa macchina governativa sarebbe più efficiente e completamente trasparente. Lo stesso dicasi di chi si occupa di gestione del risparmio. E invece no. Rallentiamo. Abbiamo paura del cambiamento. Niente. Preferiamo vivere in un paese inefficiente. Lamentarci. E non cambiare.

Cosa mi ha stupito?

Innovativo e disruptive almeno in Italia sembrano non andare per la maggiore, eppure qualche mese fa ho scoperto che il business che, a partire dal confronto con Uber, è apparso come il più tradizionale e obsoleto ha cominciato ad accettare lo strumento di pagamento più criticato dalla stampa nazionale e internazionale così come in parte anche dalla stessa community. Il bitcoin. Sì. Tutti i taxi 3570 accettano bitcoin e questo grazie ad una startup fintech romana che si chiama Chainside. Un ponte tra il vecchio e il nuovo. In Italia. Chapeau.

Per tanti è stata una mossa di marketing, cavalcare l’hype bitcoin e contrastare – in parte – il fenomeno Uber. Basti pensare che Uber non accetta pagamenti in bitcoin… Quindi, sì, probabilmente è stata anche una mossa mediatica ma ha dimostrato apertura. Soccombere o evolversi. Darwin.

atm

Ad oggi un bitcoin vale poco intorno ai 3mila dollari. La startup bitcoin Coinbase – stando al Wall Street Journal – sta ricercando un nuovo finanziamento per la valutazione record di 1 miliardo di dollari. Paul Krugman, Nobel per l’economia diceva che era il male. In assoluto non conviene acquistare, ad oggi, un bene di poco valore con i bitcoin. Un gelato – per via delle alte fees – costerebbe il doppio e il commerciante dovrebbe aspettare quasi un’ora affinché venga confermata la transazione sulla blockchain. A tutti gli effetti sotto ricatto dei minatori o almeno in parte.

Ma c’è chi vuole che la situazione cambi. Ricordiamoci che il bitcoin è open source e potrebbe paradossalmente cooptare le caratteristiche di un’altra criptomoneta. Il problema è che la decisione spetta sempre e comunque alle persone. Alla community Bitcoin. La quale è oramai divisa in tante fazioni. Chi vuole il bitcoin come strumento di pagamento efficiente e veloce. Chi non vuole che cambi. Chi vuole che cambi solo su alcune parti e così via. Insomma, la community è fatta di uomini.

Cosa succederà?

Ho pensato di parlarne proprio con Lorenzo Giustozzi, il fondatore della startup innovativa Chainside basata a Roma, che offre servizi blockchain a business che vogliono affacciarsi a questa nuova tecnologia. Attualmente sta lavorando a un sistema che renderà possibile accettare pagamenti in bitcoin anche in tempo reale e sta sviluppando software proprietario, a differenza di altri competitor che si appoggiano a tecnologia di terzi, in modo da potersi adattare più facilmente alle possibili esigenze di clienti che vogliano integrare nei propri sistemi soluzioni Bitcoin e blockchain ad hoc.

Domanda: Nonostante la difficoltà a scalare il Bitcoin e l’acceso dibattito negli ultimi mesi, la fiducia del mercato sembra essere più alta che mai. Come si spiega questo fenomeno?

Risposta: Bitcoin è difficile da scalare per via del fatto che è difficile apporre delle modifiche al protocollo, è necessario trovare un accordo tra una vasta quantità di attori, spesso con interessi divergenti. Mentre ad esempio molti business vorrebbero vedere scalare Bitcoin rapidamente per poter servire una più vasta quantità di utenti, i miner hanno interesse a tenere controllo sul protocollo ed evitare che altri possano modificarlo senza il loro consenso. Tutto ciò potrebbe sembrare un’enorme limitazione, ma per gli investitori l’immutabilità è una feature, non un bug: se da un lato è difficile scalare, allo stesso tempo c’è anche la garanzia che la natura del proprio investimento non possa essere cambiata contro il loro volere facilmente.

D: Le difficoltà a scalare non rappresentano un problema per Chainside?

R: Sicuramente se Bitcoin fosse più scalabile sarebbe tutto più semplice, ma ciò non vuol dire che sia impossibile creare un business di successo. Già con la tecnologia attuale è possibile sviluppare soluzioni che non richiedono di appoggiarsi alla blockchain Bitcoin per ogni singola transazione, ma la usano solo per fare settlement, garantendo comunque un altissimo livello di sicurezza. Non è sicuramente possibile pensare di avere un elevato numero di transazioni direttamente sulla blockchain Bitcoin, in quanto una situazione del genere potrebbe compromettere la sua principale value proposition: la sicurezza. Il futuro di Bitcoin è nelle transazioni cosiddette off-chain, e Chainside sta già lavorando in quella direzione.

D: Quali saranno i prossimi passi per Chainside?

R: Siamo ad un passo dall’apertura al pubblico dei nostri servizi, rilasceremo un’app aperta a tutti per permettere una perfetta integrazione con i business che accetteranno bitcoin tramite il nostro sistema e, contemporaneamente, stiamo potenziando anche i nostri servizi premium riservati ad aziende. Allo stesso tempo stiamo lavorando alla realizzazione di un dispositivo IoT (l’Internet of things o delle cose, ndr) che serva per facilitare l’ingresso nel mondo blockchain anche all’industria tradizionale. In ultimo stiamo lavorando anche a qualche servizio secondario riservato agli sviluppatori ed al mondo open source, che è da sempre una parte fondamentale dell’ecosistema.

Sono tornato sulla terra ferma. Era domenica. Ed ero a Termoli. Il sole stava per prendere commiato. Varcato il cancello del porto ho incontrato tre banche di fila. Carta inserita. Codice e ammontare del prelievo. Biiip. “Sportello automatico fuori servizio per assenza di collegamento”. Sono riuscito al quarto tentativo. Ho svoltato a destra e al chiosco più vicino ho preso una piadina, una porzione di patatine fritte e una coca cola.

Twitter @simeoneantonio1