Ecco l’industria 4.0 al 100 per cento made in Italy di cui Olivetti sarebbe fiero

scritto da il 04 Luglio 2017

L’industria 4.0 è ormai popolare (a parole) quanto la pizza. In Italia ci sono convegni, conferenze, workshop su base settimanale. Alla base dell’industria 4.0 (di seguito I4.0) c’è una cosa sostanzialmente invisibile: i dati. Per semplificare, possiamo fare un paragone con il corpo umano. I vari elementi esterni della I4.0 sono associabili a mani, a piedi, ad occhi, alla pelle e persino al cervello. Tuttavia esiste una cosa, nel nostro corpo, necessaria a garantirci la vita: il sangue.

Il sangue trasporta ossigeno e nutrimento in tutto il corpo e lo mantiene in vita. Allo stesso modo, senza i dati l’intero apparato della I4.0 semplicemente non esiste. O, per meglio dire, i singoli elementi (siano essi impianti di produzione, cellulari che raccolgono dati, sensori gps etc..) esistono, ma la mancanza di connessione e interazione (scambio dati) tra di loro, che è alla base della I4.0, li rende degli oggetti inutili o la cui sopravvivenza nel tempo è limitata.

Spesso il concetto di dati viene associato ad altri temi, quali la conservazione dei dati in remoto, la loro trasmissione sicura (via rete) e ovviamente il backup (copie di sicurezza, nel caso di qualche incidente, Wannacry qualcuno se lo ricorda?).

I grandi gruppi stranieri sono leader nella I4.0, specialmente quando si parla di dati: da Microsoft a Ibm, da Siemens a GE hanno conquistato alcune aree legate al mondo dei dati: cloud storage, backup etc.. Per schiarirmi le idee, sulla I4.0, ho pensato di dare un’occhiata in giro, per vedere se anche noi italiani, che ai tempi di Adriano Olivetti insegnammo ad Ibm come fare i computer, avessimo qualche gioiello nascosto. Ho lasciato perdere Milano, una città fatta di luci e business: da che mondo è mondo Milano governa una serie di settori tra cui la moda, l’hi-tech, il design, ma le sue produzioni ed i suoi centri di ricerca di rado sono nella città.

schermata-2017-07-04-alle-11-29-54

Girando da un gruppo di LinkedIn all’altro ho scoperto una realtà in provincia di Varese che merita attenzione. Il loro video di presentazione in numeri già parte bene.

Elmec impiega oltre 600 dipendenti (di cui la metà tecnici). Oltre 182 milioni di fatturato, una crescita annuale continua quarto su quarto. La crescita di questo gruppo ha preso due generazioni e prima i due padri e fondatori, Clemente Ballerio e Cesare Corti, poi i figli di entrambi che oggi portano avanti in parallelo lo sviluppo dell’azienda. Nel tempo hanno acquisito il 45% dell’internet service provider Eolo e creato una divisione del gruppo che si occupa di impianti solari.

Elmec ha investito in modo particolare sulla gestione dei dati delle aziende e su tutti i servizi correlati, inaugurando circa un anno fa nel suo campus tecnologico un nuovo data center di proprietà certificato a livello internazionale dall’ente britannico Uptime Institute (come infrastruttura TIERIV), per il quale ha investito 12 milioni di euro bonificando un’area industriale dismessa di 13.000 mq a Brunello (Varese).

Una delle strategie più interessanti del gruppo è di fare sistema tra le sue differenti unità. “La nostra offerta di banda per le piccole e media imprese è un asset per molte realtà provinciali”, mi spiega Rinaldo Ballerio. “Spesso i grandi carrier non hanno interesse a cablare le zone più periferiche. Noi abbiamo acquisito Eolo e, fin da subito, abbiamo compreso le potenzialità che questa compagnia possedeva. Con il tempo abbiamo registrato migliaia di abbonamenti.”

Ed è qui che nasce il colpo di genio 100% italiano: “Il nostro core business è fornire servizi e soluzioni IT di data management (i famosi dati): dalla gestione complessiva dell’infrastruttura IT delle aziende a servizi specifici come il backup o le soluzioni di disaster recovery. I nostri commerciali, che già operavano sul territorio, hanno compreso rapidamente che il servizio di rete era una soluzione che permetteva un’apertura di fiducia nei nostri confronti, molte Pmi avevano necessità di altre soluzioni più integrali”.

E così la strategia Elmec per il mercato delle Pmi parte dal fornire un servizio necessario, impossibile da ottenere dai grandi carrier, per poi aggiungere, quasi fosse un lego, altri servizi.

Proprio in questi giorni, durante il summit italiano di HPE a Bologna, l’azienda ha lanciato nuovi servizi per le infrastrutture IT che facilitano l’accesso alla piattaforma Sap a tutte quelle piccole e medie imprese che devono amministrare grandi moli di dati.

Per le grandi aziende ovviamente la strategia è più complessa. Da realtà mondiali come Whirpool, Campari e LVMH fino a realtà nazionali e regionali come Veronesi e Guna.
Il tema che spesso si discute sulla I4.0 è la filiera. La singola azienda di medie dimensioni, per essere efficiente, necessita che il flusso di dati sia continuo.

Riutilizziamo l’esempio del corpo umano: ipotizziamo che la media impresa sia una mano e la piccola un singolo dito. Se il dito non funziona la mano può comunque fare il suo lavoro ma con un certo grado di lentezza e imprecisione.

In una economia come quella italiana il concetto di aggiornamento equivale a spesa. Se le grandi e medie imprese hanno una visione economica e tecnica per abbracciare un aggiornamento, difficilmente si può dire per le piccole imprese. Realtà sotto i 15 dipendenti con pochi milioni di fatturato (nel caso migliore) dove il manager IT è di solito un factotum.

A una conferenza dove si parlava di I4.0 faccio la conoscenza di Quadrifoglio Sistemi d’Arredo S.p.A., una realtà veneta di circa 180 unità tra dipendenti e collaboratori, con un fatturato di 36 milioni di euro nel 2016 (di cui il 70% all’estero) e che esporta mobili per ufficio in tutto il mondo.

Una di quelle medie aziende locali che hanno deciso di abbracciare l’estero, invece di farsi atterrire dalla competizione straniera.

“Siamo presenti in oltre 50 nazioni e, pur operando dalla sede in Italia, riusciamo a dialogare e interagire con i nostri clienti in tutto il mondo, grazie alla banda larga ed al supporto fornitoci da Elmec. Progettiamo e vendiamo l’arredamento degli uffici anche grazie all’uso della tecnologia: possiamo costruire virtualmente gli uffici di hotel e banche dei clienti degli Emirati Arabi, creando per loro rendering di qualità elevata, oppure dei video, e discutendo ogni singolo dettaglio in teleconferenza. Le soluzioni di Elmec ci accompagnano in questa trasformazione digitale”, mi spiega Davide Rinaldi, CIO di Quadrifoglio.

Tuttavia la cosa che mi colpisce di questo gruppo è il rapporto che hanno sviluppato con la loro filiera, i loro fornitori. “Ci siamo accorti ben presto che avere delle infrastrutture informatiche avanzate non era abbastanza” continua Rinaldi, “grazie a Elmec abbiamo ottimizzato i costi dell’IT in azienda. Abbiamo puntato alla dematerializzazione di larga parte della documentazione aziendale, così da minimizzare l’uso della carta, fondamentale per un’azienda green come Quadrifoglio. Persino le cartoline degli auguri di Natale sono virtuali” scherza Rinaldi.

“La sfida, tuttavia, non si è limitata solo a noi; i nostri fornitori sono realtà di alta qualità della nostra zona ed abbiamo capito che anche loro avrebbero dovuto seguire il nostro esempio. Tuttavia, i loro margini e la loro gestione poteva impedirgli di adattarsi alle nostre esigenze di comunicazione e gestione dati. A questo punto abbiamo deciso di essere noi, come clienti, a investire su di loro ed elevarli, se così si può dire”. E qui c’è quell’anello mancante che sino ad ora, malgrado le mie analisi, non ero riuscito ancora a trovare. Il famoso “chi paga”. Perché l’industria 4.0 è bella, utile, necessaria per stare al passo coi tempi, ma costa. E qualcuno deve pagare.

“Abbiamo creato dei software per i nostri fornitori ed abbiamo dato loro l’assistenza necessaria, sostenendo delle spese che Quadrifoglio ha interpretato come investimenti per il proprio futuro. Dopo tutto il calcolo è semplice: se applicata, ed usata in modo corretto, la tecnologia si ripaga da sola. Eliminare le operazioni ripetitive da parte dell’uomo è la base dell’informatica (lo dice il nome stesso!). Alla fine abbiamo vinto tutti. I nostri fornitori sono più veloci ed hanno più risorse a disposizione, così possono concentrarsi sulla produzione, e noi abbiamo automatizzato delle operazioni ad elevato impatto temporale” conclude Rinaldi.

Questo percorso di contaminazione commerciale, è parte di un trend in evoluzione che Elmec, negli anni, ha visto diffondersi tra i suoi clienti. Soprattutto tra i grandi clienti internazionali di cui facevo menzione qualche paragrafo più sopra.

Ad esempio, in Whirlpool Elmec segue un progetto per la fornitura e l’installazione di oltre 10 mila pc in tutto il mondo e per fare ciò ha standardizzato il processo di roll out e staging (questi i termini tecnici per indicare la fornitura e la configurazione dei pc). Il risultato è che per installare una nuova postazione di lavoro normalmente ci vogliono 2 ore, con queste procedure bastano 20 minuti.

schermata-2017-07-04-alle-11-27-26

Al netto degli aspetti di strategia economica e commerciale la realtà di Elmec rivaleggia con i maggiori gruppi italiani e stranieri nel welfare aziendale. La stessa attenzione che viene dedicata ai dipendenti delle grandi aziende di Milano è presente qui.

“I nostri ragazzi lavorano sodo”, mi spiega Rinaldo Ballerio “e cerchiamo di offrire loro tutte quelle attenzioni che possono semplificare la vita. Abbiamo costruito una palestra, hanno gratis servizio di spesa al supermercato e la lavanderia. Ogni cosa che può togliere stress ai nostri ragazzi la facciamo. E se osservate i risultati se lo meritano”, conclude Ballerio.

Un aspetto che ho menzionato all’inizio è la realtà di Elmec al 100% italiana. Detto così suona un poco nazionalista, non me ne vogliate, voglio spiegare con esattezza cosa questa scelta 100% italiano implichi per l’azienda, il territorio varesino e, sulla lunga, per l’intera nazione.
La ricerca in Italia costa. Sicuramente costa meno assumere, tramite una filiera di subcontractor, un ricercatore in India.

L’aspetto positivo di avere ricercatori pagati seriamente nella propria struttura è eguale ad avere una banda per il trasporto di dati efficiente e veloce. È il contatto diretto tra tutte le unità di un’azienda, in modo che possano lavorare con sinergie sempre migliori. Nello stesso modo in cui Elmec diffonde i suoi servizi e rende possibile un sempre maggiore scambio di dati tra i suoi clienti e i loro fornitori, la realtà di Varese, negli anni, ha beneficiato di questa struttura. Sia dal punto di vista occupazionale (600 dipendenti sono una bella spinta per l’economia locale) sia per la crescita di un polo tecnologico interno e una galassia di fornitori, egualmente preparati, che applicano le stesse politiche di assunzione e gestione del personale.

Con una tendenza crescente a lasciare andare i nostri giovani all’estero a cercar fortuna, o subappaltare la gestione di reti ad aziende straniere, una realtà completamente italiana, che opera in tutto il mondo e si proietta ovunque serva ai suoi clienti, è decisamente quel tipo di rinascita tecnologica italiana di cui Olivetti sarebbe fiero.

Twitter @EnricoVerga