Innovazione, concorrenza, consumatori. Ma la politica sa di cosa parla?

scritto da il 20 Dicembre 2017

L’autore di questo post, Arturo Aletti, è stato pioniere dell’introduzione e dello sviluppo in Italia del Tax Free Shopping Turisti, essendo stato amministratore delegato di Italy Tax Free nei suoi primi dieci anni di attività (ora Global Blue) e poi senior advisor di Fintrax Group (Premier Tax Free) –

Sempre più spesso nel dibattito politico vengono utilizzati termini come Innovazione, Concorrenza, Consumatori (sì, con la maiuscola). Accade per la bagarre della normativa cosiddetta “anti Flixbus” come per il dibattito sul brutto testo di legge della web tax, piuttosto che nei commenti pro o contro le chiusure degli esercizi commerciali in determinate festività.

Quel che sorprende è che a utilizzare questi termini sia una classe disinvolta di parlamentari, di funzionari ministeriali e persino qualche ministro, i quali predicano bene, ma sembrano razzolare male.

Vediamo perché, almeno per quanto riguarda il riscontro che ho in un caso che conosco bene e che la dice lunga sulla coerenza della politica.

Il caso è quello del recupero risorse insite nei rimborsi IVA Tax Free Shopping turisti, ipotesi suggestiva che scaturisce dal mio personale coinvolgimento professionale in questo specifico settore nel passato e che riguarda un settore importante per il contributo all’economia e sviluppo del nostro Paese: il turismo.

In sintesi: lo shopping soggetto ai rimborsi IVA Tax Free che i turisti non UE fanno nei negozi italiani vale ormai quasi 8 miliardi di euro all’anno (Osservatorio Altagamma, Ottobre 2017). In questi 8 miliardi sono inclusi circa 1,5 miliardi di IVA da rimborsare, secondo Direttiva UE e Legge nazionale. Le risorse che potrebbero essere recuperate sono insite in quel 30% che un intermediario dominante e il suo concorrente (entrambi facenti capo a Gruppi specializzati in questi servizi, con sedi rispettivamente in Svizzera ed Irlanda) prelevano da anni dall’IVA dovuta (si veda ad esempio Express Refund Calculator sul sito Global Blue). Il risultato è che lo Stato rinuncia ad incassare l’IVA affinchè venga rimborsata ai turisti, ma ai turisti ne va il 30% in meno, cioè quasi 450 milioni di euro.

Anche se alquanto esoso, questo servizio di pagamento sarebbe normale, se, a fronte di contenuti di servizio e consapevoli del suo costo, fossero i turisti a preferire questa soluzione (libera scelta del consumatore). Ma non è così!

I turisti sono per la stragrande maggioranza ignari delle facoltà previste dalla legge nel Paese che visitano e, quando si vedono emettere in automatico i moduli/Fattura Tax Free nei negozi dove fanno i loro acquisti, credono trattarsi dell’unica opzione possibile per recuperare quanto loro spetta.

Poiché la normativa vigente prevede che sia il negoziante a provvedere al rimborso IVA, stornandolo dal versamento periodico all’Erario, quando recupera le Fatture Tax Free Shopping timbrate in uscita dalla Ue, succede da tempo (da 25 anni) che un paio di intermediari specializzati si inseriscono nella procedura, facendosi scegliere dai punti vendita, per provvedere ai rimborsi e al recupero dei moduli/Fattura timbrati dalle dogane.

Per invogliare i punti vendita a scegliere uno piuttosto che l’altro intermediario e spingerli ad emettere il maggior numero possibile di moduli/Fattura Tax Free, questi intermediari riconoscono ai punti vendita una quota parte del differenziale tra IVA dovuta e rimborso effettivo al turista, sotto forma di bonus periodico e, dunque, la Concorrenza non si gioca in base ai contenuti di servizio e libera scelta da parte del turista/consumatore, bensì a suon di bonus ai punti vendita .

E’ vero che molto spesso questi intermediari anticipano i rimborsi Tax Free al turista in partenza, ma trattasi di un anticipo limitato nel tempo, sia rispetto ai tempi in cui ormai, con soluzioni digitali e attraverso i metodi di pagamento e riaccredito i negozianti potrebbero provvedere se fossero loro a rimborsare i turisti, sia rispetto ai tempi di recupero dell’IVA da parte degli intermediari nei confronti dei punti vendita, mentre il rischio di insolvenza è limitato dal fatto che i punti vendita sono prevalentemente appartenenti a brand famosi, la cui immagine non può essere sminuita dal rischio di blocco della operatività Tax Free.

Visto questo quadro, che particolarmente in Italia era andato sviluppandosi come business model, in virtù del fatto che a partire dalla fine degli anni ’90 l’IVA è stata aumentata 3 volte (dal 19% al 22%) senza che i rimborsi lo fossero proporzionalmente, consentendo il dilatarsi dello spread a carico del turista, mi ero premurato a metà 2012 di suggerire all’allora ministro del Turismo in carica, Piero Gnudi, di intervenire con una riforma della normativa, in modo da recuperare parte di queste risorse che stavano diventando ingenti, in modo da consentire una maggior attrazione di turismo verso il nostro Paese, finanziando le promo/attrazione turistica e del patrimonio culturale senza onere per il bilancio dello Stato, trattandosi di risorse già esistenti e coperte finanziariamente.

L’idea, inserita come Azione 56 nel Piano Strategico del Turismo 2020, finì in un cassetto, alla caduta del Governo Monti.

Nel 2014 il governo Renzi, con il ministro di settore Dario Franceschini, la riprese in mano e, dopo un dibattito nelle Commissioni competenti, in cui emersero contrasti anche nel partito di maggioranza, ma posizioni favorevoli anche da parte di opposizione, fu inserita come articolo 13 bis nella legge Art Bonus.

Ora, a distanza di tre anni e mezzo, della attuazione di quanto previsto da tale articolo non si è più saputo niente, anche se, interpellando occasionalmente a proposito taluni funzionari del ministero competente, è emerso che sostanzialmente vi si oppone il Mise. Tutto è rimasto coperto da un velo pietoso e,anche in occasioni in cui si evoca la scarsità di risorse, questa opportunità non riemerge.

Ora è evidente che, intervenendo sulla normativa in modo da “spacchettare” quel 30% di prelievo, si sarebbe ottenuto quanto segue:

1) I rimborsi Tax Free ai turisti avrebbero potuto essere innalzati “per legge”, andando poi sui mercati internazionali a comunicare che “un viaggio in Italia conviene anche perché il Tax Free Shopping rimborsa di più per legge”. INNOVAZIONE

2) Lo Stato sarebbe stato messo in condizione di compartecipare al differenziale residuo, in modo da finanziare senza oneri di bilancio la promo/attrazione turistica (per esempio, l’ENIT). INNOVAZIONE

3) Lo Stato avrebbe avuto accesso a milioni di dati anagrafici completi relativi alle transazioni Tax Free, essendone comproprietario perché parte in causa data la rinuncia di gettito IVA, a cui indirizzare la promo/attrazione e avrebbe finalmente conosciuto con precisione i dati preziosi di questo significativo settore di spesa turistica, sapendo dove/come/quanto spendono questi turisti, invece di dipendere dalle illusorie indagini campionarie tramite interviste a un campione, prodotte da BankItalia. INNOVAZIONE

4) Gli intermediari avrebbero ottenuto una remunerazione netta del loro “servizio” pari al 10% dell’ IVA dovuta, una commissione di tutto rispetto per un servizio di pagamento.

5) Tagliando i margini lordi in vigore attualmente, sarebbe cessato il ristorno di quote crescenti dello stesso, facendo decollare servizi Tax Free probabilmente più scelti dal Turista e meno dai punti vendita, con effetti positivi sulla CONCORRENZA e sulla libera scelta del CONSUMATORE finale.

Ricordo anche che gli acquisti dei turisti nei negozi del nostro Paese rappresentano un export di tutto rispetto, anche se non compare ufficialmente come export nelle statistiche, visto che è fatto a prezzi retail, con trasporto a carico del cliente finale (il Turista), coinvolge il commercio e non solo la manifattura e induce spesa e consumi turistici aggiuntivi.

La cosa che più mi sorprende in questa vicenda, per collegarmi a quanto dicevo all’inizio, è che se vado a vedere le dichiarazioni a favore di Flixbus, contro la web tax e contro la chiusura dei negozi in certe festività, coloro che si esprimono in nome della Innovazione, della Concorrenza e della libera scelta dei Consumatori, sono spesso gli stessi onorevoli e dirigenti ministeriali che in più occasioni e con diverse modalità di intervento mi risultano essere tra i principali affossatori del recupero risorse dai rimborsi IVA Tax Free.

Mi è però venuto un sospetto: il maggiore azionista del principale intermediario Tax Free è un gruppo USA, che è anche importante azionista di Flixbus e di Alibaba e la società di public affairs che cura i loro interessi anche in Italia è la medesima.

E allora, nel caso del recupero risorse dal Tax Free, il business model del primario intermediario dovrebbe essere ampiamente rivisto, quindi, in barba alla Innovazione, alla Concorrenza e alla scelta del Consumatore, si affossa.

Nel caso Flixbus e Web Tax, invece, si sostiene invocando Innovazione, Concorrenza e Consumatori.

Vuoi vedere, dunque, che Innovazione, Concorrenza e Consumatori c’entrano come i cavoli a merenda, quando vengono citati dai nostri politici?

Twitter @Reartwo