Come investire nel 2018 e i nove fattori di rischio a cui prestare più attenzione

scritto da il 06 Gennaio 2018

La ripresa iniziata nel 2017 si prolungherà nel 2018, ma è ciclica. Nella prima metà del 2018 (1H 2018), in quasi tutto il mondo la crescita e l’inflazione continueranno la loro ripresa ciclica, ma nell’arco dell’anno rimarranno sotto tendenza (below-trend), perché: 1) i fondamentali macroeconomici sono ancora strutturalmente deboli[i]; e 2) né le politiche fiscali (pur meno orientate all’austerità che in passato) né le politiche monetarie (meno espansive) riusciranno a sostenere la domanda e gli investimenti. Di conseguenza, l’inflazione si manterrà al di sotto degli obiettivi delle banche centrali[ii].

La liquidità crescerà ancora, ma a ritmi meno sostenuti. In termini netti, le principali banche centrali acquisteranno titoli per circa 50 miliardi di dollari (USD) al mese[iii]. In aggregato, l’iniezione di liquidità su base annua si ridurrà a un terzo di quella del 2017, decelerando da 2 mila miliardi di dollari USA (USD) – una cifra superiore al prodotto interno lordo (Pil) dell’Italia – a 600 miliardi di USD, un ammontare equivalente al Pil della Svizzera.

Il contesto favorevole (accelerazione ciclica cum espansione monetaria) favorirà la performance dei mercati, ma ci vuole cautela. Nei mercati finanziari è probabile che la maggior parte degli attivi (asset classes) registrino risultati positivi, su tutti la performance dei mercati azionari – soprattutto nella 1H 2018. Tuttavia, con crescita, fatturato e utili societari al di sotto del potenziale, nell’arco dell’anno i “rendimenti attesi” rimarranno inferiori rispetto a quelli del periodo pre-crisi. Nello spazio liquido (liquid space), le banche centrali continueranno a sostenere i mercati globali, creando un’alta correlazione tra i prezzi degli attivi (asset class correlation) e rendendo difficile la diversificazione. Nello spazio illiquido (illiquid space), le allocazioni agli investimenti alternativi (alternatives), quali società non quotate su mercati regolamentati (private equity – PE) e il settore immobiliare (real estate – RE) continueranno ad attrarre gli investitori istituzionali[iv], spinti a prendere maggiori rischi dai bassi tassi di interesse.

I rischi sono più alti che nel 2017. I più importanti fattori di rischio – che potrebbero creare instabilità e un marcato aumento della volatilità, soprattutto nella 2H 2018 – sono:

1) una perdita di credibilità da parte delle banche centrali, dovuta – inter alia – a una politica monetaria divergente: espansiva nella Eurozona (Ez) e in Giappone, e restrittiva negli Stati Uniti – dove la Federal Reserve (Fed) aumenterà i tassi e ridurrà il proprio portafoglio titoli;

2) le tensioni geopolitiche globali, quali per esempio: i) la difficile relazione di Trump con il diritto internazionale; ii) in Cina, la concentrazione del potere nelle mani di Xi Jinping; iii) in Medio Oriente, la “guerra fredda” tra Arabia Saudita e Iran; e iv) in Corea del Nord, i missili nucleari di Kim Jong-un;

3) la lenta e faticosa riforma delle istituzioni dell’Ez[v];

4) la transizione[vi] economica della Cina;

5) possibili svalutazioni competitive nei paesi emergenti (emerging markets – EMs);

6) la mancanza di visione del governo del Regno Unito sul come gestire la Brexit e le relazioni con la Unione europea (Ue);

7) un ritorno di fiamma del populismo nei paesi industrializzati (developed markets – DMs), spinto – inter alia – dal crescente divario tra mercati finanziari in rialzo (Wall Street) e il basso tenore di vita dei cittadini (Main Street);

8) una riduzione dell’offerta di moneta e un aumento dei tassi di interesse più rapidi di quanto atteso dai mercati; e, di conseguenza;

9) una diminuzione della liquidità globale (tighter global financial conditions) di entità tale da: i) mettere in crisi paesi (e.g.: l’Italia) e aziende altamente indebitati; e ii) rendere evidente la disconnessione tra i fondamentali macro (fragili) e le valutazioni borsistiche (elevate), creando nervosismo (jitteriness), volatilità e dislocazioni di mercato – quali una correzione, un ribasso (“bear market”), o addirittura un crollo (“market crash”)[vii].

Come strutturare il proprio portafoglio? Con ogni probabilità, portafogli meno convenzionali e meno liquidi avranno un rendimento migliore rispetto a portafogli convenzionali, più liquidi ma più volatili. Nei loro portafogli, gli investitori dovrebbero continuare a:

i) privilegiare un orizzonte pluriennale;

ii) concentrarsi sulla protezione del capitale (capital preservation) adottando strategie di investimento conservative (defensive risk profile);

iii) accettare minori “rendimenti attesi” in cambio di una minore volatilità (spostando l’attenzione dai “rendimenti per se” ai “rischi necessari per ottenere tali rendimenti”, i.e.: focalizzandosi sui risk-adjusted returns);

iv) nello spazio liquido, contenere l’esposizione a azioni e obbligazioni, accettando un’alta correlazione tra i prezzi degli attivi e una volatilità maggiore che in passato; e

v) nello spazio illiquido, aumentare gli alternatives, identificando opportunità in RE e PE. In altre parole, una maggiore esposizione agli alternatives aiuterà a: 1) aumentare i “rendimenti attesi”; e, al contempo, 2) preservare il patrimonio (wealth preservation).

L’allocazione strategica degli asset (strategic asset allocation – SAA) è in linea con quella indicata in agosto: solo il 60 per cento degli attivi andrebbe mantenuto liquido, e il 40 per cento dovrebbe essere illiquido. Nel 2018 è però giustificata – all’interno di un posizionamento difensivo – una moderata assunzione di rischio (a moderate risk-taking within a defensive positioning). Di conseguenza, il profilo di rischio del portafoglio è leggermente aumentato, con quattro riallocazioni del 5 percento l’una[viii].

Il portafoglio indicativo è mostrato qui sotto (Riquadro 1). Nello spazio liquido, il portafoglio dovrebbe privilegiare le azioni (stocks, 25 per cento) e le obbligazioni (bonds, 20) rispetto alle materie prime (commodities, 10 per cento) e al contante (cash, 5 per cento). Nello spazio illiquido, l’allocazione in investimenti alternativi dovrebbe essere suddivisa in parti uguali tra RE (20 percento) e PE (20 per cento).

Riquadro 1. Allocazione strategica degli attivi (strategic asset allocation)

tabella-600x476

Fonte: Elaborazione dell’autore, 2017.

Nota importante: le informazioni sono riportate a scopo illustrativo e non sono da considerarsi consigli per l’investimento (investment advice).

 

Note

[i] I problemi fondamentali dell’economia mondiale non sono stati risolti. Alti livelli di debito – pubblico e privato – limiteranno gli investimenti e la crescita della produttività. L’invecchiamento della popolazione ridurrà i consumi e aumenterà il risparmio. La disoccupazione manterrà i salari fermi e i redditi reali stagnanti, indebolendo la domanda aggregata. Di conseguenza, nei prossimi anni, la crescita globale sarà moderata. Negli Stati Uniti, Trump farà fatica a rispettare le promesse elettorali. In Europa, il settore bancario resta sofferente. In Italia, l’economia rimarrà in stagnazione, il debito alto, e molte banche diventeranno zombi banks.

[ii] La US Federal Reserve (Fed), la Banca centrale europea (Bce), la Banca del Giappone (BoJ), la Banca d’Inghilterra (BoE) e la Banca Nazionale Svizzera (SNB).

[iii] Nel 2018: i) la US Federal Reserve (Fed) ridurrà il proprio portafoglio titoli a un ritmo di 20-50 miliardi di dollari USA (USD) al mese, per un totale di USD 420 miliardi; ii) la Banca Centrale Europea (Bce) continuerà il suo programma di acquisto di titoli, ma al ritmo piu’ ridotto di 30 miliardi di Euro (EUR) al mese, almeno fino a settembre 2018 – per un totale di circa USD 319 miliardi (425 miliardi di USD se il programma venisse esteso fino alla fine del 2018); iii) la Bank of Japan (BoJ) e la People’s Bank of China (PBoC) continueranno ad acquistare titoli a un ritmo analogo a quello del 2017: di conseguenza, nel 2018 potrebbero aggiungere una liquidità mensile supplementare stimata di USD 50 miliardi (più o meno 7.0 mila miliardi di yen) e USD 45 miliardi rispettivamente (per un totale di 600 miliardi e 540 miliardi di dollari, rispettivamente). Nota: il 21 settembre 2016, la BoJ ha annunciato – senza fissare una data di scadenza – che comprerà la quantità di buoni del tesoro (Japanese government bonds – JGB) necessaria a mantenere il rendimento (yield) dei JGB decennali a zero; in altre parole, non ha fissato un ammontare specifico mensile.

[iv] Alcuni grandi fondi pensione, ad esempio negli USA e in Canada – hanno dovuto accettare, per mantenere i rendimenti attesi al 7,5 per cento, una triplicazione del rischio (misurata dalla deviazione standard dei rendimenti attesi) attraverso la diversificazione del portafoglio, una diminuzione delle allocazioni liquide (azioni e obbligazioni) e un aumento delle allocazioni illiquide (PE e RE).

[v] Meccanismi quali l’unione bancaria, lo schema unico di assicurazione dei depositi e gli Eurobonds favoriranno una condivisione dei rischi a livello Europeo.

[vi] Il paese sta affrontando varie transizioni contemporanee: i) da società rurale a società urbana; ii) da economia manifatturiera a economia basata sui servizi; e iii) da una crescita basata sull’export a una basata sulla domanda interna.

[vii] “Market correction”: una caduta – in una sola settimana – di più del 10 per cento dal massimo raggiunto nelle ultime 52 settimane. “Bear market”: una caduta – durante un periodo di 300 giorni – di più del 20 per cento dal massimo raggiunto nelle ultime 52 settimane. “Market crash”: una caduta di più del 10 per cento in un solo giorno, o una caduta – durante un periodo di 150 giorni – del 40 per cento dal massimo raggiunto nelle ultime 52 settimane.

[viii] Nello spazio liquido: 1) dalle obbligazioni societarie degli EMs al mercato azionario dei DMs (in particolare, degli Stati Uniti, che dovrebbe beneficiare di riduzioni d’imposte e di un aumento della spesa infrastrutturale); e 2) nelle materie prime, dall’energia ai metalli industriali. Nello spazio illiquido, dai DMs agli EMs, in: 1) PE; e 2) RE.

[ix] S&P 500 – l’indice comprende 500 aziende leader negli Stati Uniti e copre circa l’80 per cento della capitalizzazione di mercato; S&P 100 – un sottogruppo dell’S&P 500, l’indice comprende le 100 principali società blu chip in vari ragruppamentii industriali; Morgan Stanley Capital International Emerging Markets Global – un indice ponderato in base all capitalizzazione (capitalization-weighted) che copre azioni in 29 paesi in via di sviluppo; MSCI EM Equity – l’indice copre 23 paesi e rappresenta il 13 per cento della capitalizzazione del mercato mondiale; JP Morgan Sovereign Bond – l’indice segue le obbligazioni sovrane di DMs e EMs; JP Morgan Corp. Bond – l’indice è ampiamente usato come benchmark per le obbligazioni societarie negli EMs; LPX50 Listed PE Companies – un indice azionario globale, segue le 50 principali società quotate di private equity; FTSE EPRA/NAREIT Global Real Estate – l’indice è disegnato per rappresentare le tendenze generali del mercato azionario immobiliare, in tutto il mondo; S&P GSCI Agriculture – un sotto-indice del S&P GSCI, fornisce agli investitori un benchmark per la performance degli investimenti nei mercati delle materie prime agricole; S&P GSCI Energy – un sotto-indice del S&P GSCI, fornisce agli investitori un benchmark per le performance degli investimenti nei mercati delle materie prime energetiche; S&P GSCI Precious Metals – un sotto-indice del S&P GSCI, fornisce agli investitori un benchmark per la performance degli investimenti nei mercati dei metalli preziosi; S&P GSCI Industrial Metals – un sottogruppo del S&P GSCI, fornisce agli investitori un benchmark per la performance degli investimenti nei mercati dei metalli industriali.