Fare impresa è sempre un’impresa, ma la Comunicazione unica è servita

scritto da il 16 Aprile 2018

Autrice di questo post, della serie a cura di Neos Magazine, è Ornella Darova, Research Assistant al CHILD – Collegio Carlo Alberto e master student in Economic and Social Sciences all’Università Bocconi; ha studiato Economia e Statistica (B.A. Hons) all’Università di Torino e al Collegio Carlo Alberto; ha collaborato con Stockholm University, LUISS Laps e Istituto Bruno Leoni  –

Politica valutata: Comunicazione Unica e One-Stop Shops per l’ottenimento delle licenze necessarie alle attività d’impresa.

Obiettivo: Semplificazione del processo di creazione d’impresa, aumento della produttività e miglioramento dell’imprenditorialità del Paese.

Effetto: Positivo. Entrambe le riforme hanno migliorato la qualità delle imprese attive sul mercato, in particolare la riduzione dei tempi per l’ottenimento delle licenze.

Secondo la Banca Mondiale, l’Italia nel 2018 si posiziona al 46° posto al mondo nella classifica di “Ease of doing business”, indice che misura la facilità di aprire e condurre un’impresa in un Paese. I motivi specifici sono molti, ma tra questi i più rilevanti risiedono nella regolamentazione relativa all’ottenimento di permessi di costruzione, all’accesso al mercato del credito, al pagamento delle tasse e all’esecuzione dei contratti.

Una normativa d’impresa più efficiente, secondo la Banca Mondiale, promuove la crescita economica, mentre la semplicità della regolamentazione offre terreno fertile per migliorare imprenditorialità e produttività delle aziende, oltre che per promuovere una concorrenza più sana.

Ci sono due tipi di pratiche burocratiche che devono essere affrontate dagli imprenditori del domani:

La registrazione dell’impresa stessa come ente legale;

L’ottenimento dei permessi necessari per condurre le attività d’impresa stesse.

Una delle politiche più interessanti attuate in Italia, finalizzata alla riduzione di queste barriere d’entrata, e in particolare all’ostacolo rappresentato dalla registrazione dell’impresa, è stata la cosiddetta “Comunicazione Unica”, attivata grazie ad una riforma del 2010 del governo Berlusconi. La riforma ha permesso agli imprenditori di registrare la propria nuova azienda attraverso la compilazione di un unico documento per l’autorità competente, la quale si preoccupa in seguito di coordinarsi con le altre agenzie rilevanti per l’iscrizione ai corrispondenti registri. Un’altra riforma, effettuata un anno dopo, è andata invece ad intervenire sul secondo tipo di barriera migliorando l’efficienza dei cosiddetti “One Stop Shops” con la riduzione dei tempi di acquisto delle licenze necessarie per condurre le attività d’impresa attraverso un’unica agenzia.

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Queste politiche hanno avuto successo? Ci sono diversi studi di economisti che ne indagano l’effetto analizzando i dati empirici.

Innanzitutto, è opportuno citare uno studio di Amici, Giacomelli, Manaresi e Tonello del 2015, “Red tape reduction and firm entry: evidence from an italian reform”, per Banca d’Italia, che rileva non solo un aumento nel numero di nuove aziende che fanno il loro ingresso sul mercato a seguito di queste riforme, ma anche un effetto positivo sulla selezione delle attività imprenditoriali stesse, che risultano avere una maggiore longevità.

Un altro studio di Gonzalez-Torres del 2016, sempre per Banca d’Italia, “Measuring the aggregate effects of simplifying firm creation in Italy”, invece, individua più nel dettaglio l’effetto dei due tipi di riduzione dei tempi d’ingresso nel mercato che abbiamo citato: quelli di registrazione dell’impresa e quelli per l’ottenimento dei permessi necessari. Il ricercatore conferma che più lungo è il tempo richiesto agli imprenditori per avviare un’attività, più basso sarà l’incentivo per realtà più produttive di entrare sul mercato. Inoltre, viene sottolineata la rilevanza della seconda riforma, essendo andata ad intervenire su un aspetto che era particolarmente delicato per l’Italia: la difficoltà nell’ottenimento delle licenze, un vero incubo per molti imprenditori. I miglioramenti vengono riscontrati a livello della produttività delle imprese, della qualità dei loro prodotti e della loro longevità. Migliorare le condizioni d’entrata nel mercato, quindi, significa di fatto migliorare il tessuto imprenditoriale del Paese.

Twitter @OrnellaDarova