Grecia, perché la vera Itaca di Tsipras è ancora molto lontana

scritto da il 27 Agosto 2018

La scelta di Tsipras di usare Itaca quale sfondo per l’annuncio della fine dell’Odissea dell’austerità non è certamente casuale. Già Papandreou nel 2010, appena eletto, nel suo iconico messaggio che di fatto avviava la stagione del memorandum, aveva fatto riferimento all’isola di Itaca e all’Odissea che la Grecia avrebbe da allora attraversato. Si diceva fiducioso sui passi da compiere perché le carte navali erano già state tracciate e i partner europei avevano offerto il loro aiuto.

La navigazione è stata però molto più lunga e complicata di quanto preventivato. Il 21 agosto scorso però, con la fine del terzo programma di supporto del ESM, si è conclusa la fase di sorveglianza della cosiddetta Troika. Inizierà la fase di sorveglianza rafforzata da parte della Commissione Europea, che verificherà il raggiungimento degli obiettivi verso i quali il Governo greco si è impegnato. La notizia è che il paziente Grecia non è più un malato speciale. Non è più differente dagli altri. Una notizia che è stata enfaticamente riportata dalla gran parte dei media italiani ed europei, come se tutto quello che è successo fosse ormai alle spalle. Come se i problemi che affliggevano l’economia Greca ed il suo sistema finanziario fossero risolti.
Ma non è così. Purtroppo.

Se ci concentriamo solo sul debito pubblico come fattore scatenante della crisi greca, nel 2009, prima dell’avvio del memorandum, esso era intorno al 130% del Pil. Oggi, nel 2018, dopo un paio di ristrutturazioni (che hanno rischiato di far saltare l’intera struttura della zona euro) è previsto giungere intorno al 190%. Ma la crisi greca non riguardava solo il debito pubblico. La crisi greca è stata una crisi di fiducia nell’intero sistema economico greco, la sfiducia che i conti pubblici non potessero andare avanti in quel modo, e la sfiducia che la bolla immobiliare/commerciale creata dagli afflussi di capitali dall’estero potesse non continuare all’infinito. Una sfiducia che si è manifestata in quello che viene definito sudden stop, un immediato arresto dei capitali provenienti dall’estero e l’impossibilità di rifinanziare alla scadenza i prestiti che banche e Stato avevano contratto.

Lo schema contabile della posizione patrimoniale sull’estero, la fotografia delle attività e passività con l’estero che i settori dell’economia greca hanno assunto, ci aiuterà a vedere come questa sfiducia è stata superata e se la Grecia è adesso un Paese più stabile finanziariamente. Vedremo se effettivamente l’Odissea può dirsi conclusa.

La Grecia all’arrivo della bufera
Quando arriva la bufera del 2008, quando il mercato internazionale dei capitali si blocca, la posizione dell’economia greca nei confronti dell’estero è quella seguente (fig.1)

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Fig.1 : Posizione Patrimoniale sull’Estero della Grecia rilevata nel terzo trimestre 2008. Fonte dati: Bank Of Greece

Durante gli anni dell’integrazione finanziaria, dall’adesione all’ERM II in poi, gli ingenti afflussi di capitale dall’estero (circa 220 miliardi di euro dal 2001 in avanti) si sono riversati sostanzialmente in due tipologie di impieghi: titoli del debito pubblico (identificati dalle passività in “obbligazioni del Governo”) e depositi bancari (passività in “altri investimenti del settore finanziario”). I titoli di Stato erano detenuti per quasi l’ottanta per cento dagli stranieri ed insieme ai depositi bancari a breve termine erano gli strumenti che più hanno ricevuto afflussi esteri. Complessivamente queste due forme di debito rappresentano oltre il 70% delle passività verso l’estero.

Alla crescita delle passività però non corrispondeva un incremento delle attività, stante il continuo deficit di partite correnti dell’economia greca. Ma sembrava non esser un problema. Sembrava che una posizione netta con l’estero, una differenza tra attività e passività estere, negativa per oltre il 100% non fosse più una bomba ad orologeria.

Fino a quando i capitali continuano ad affluire si può sempre trovare qualcuno a cui rivendere il titolo di Stato o ritirare il deposito bancario. Ma quando non affluisce più nessuno cosa si fa?
Dal 2008 in poi il mercato interbancario si blocca e le banche che sono più esposte sui mercati internazionali iniziano a ridurre le posizioni. Partendo dai Paesi più rischiosi, quali appunto la Grecia.

A chi dare la patata bollente?
Nei trimestri che seguono il crollo di Lehman Brothers la Grecia continua ad avere un deficit commerciale e di partite correnti che peggiora di lettura in lettura la posizione netta con l’estero. A fronte di continui deficit che debbono esser finanziati si aggiungono le esposizioni precedenti che non vengono più rinnovate.

In figura 2 è rappresentata la posizione netta al momento in cui Papandreou, neo eletto capo del Governo, dichiara che l’economia non è più in grado di sostenere autonomamente i deflussi di capitali e deve ricorrere al primo piano di salvataggio.

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Fig.2: Posizione Patrimoniale sull’Estero della Grecia rilevata nel secondo trimestre 2010. Fonte dati: Bank Of Greece

La posizione netta è peggiorata di circa 25 miliardi rispetto a quella terzo trimestre 2008 vista in precedenza. Inoltre, importanti deflussi di capitali hanno già interessato i titoli di Stato. Il settore pubblico che nel 2009 registrava un deficit del 16% anche a causa del sostegno al settore bancario, era già dinanzi alla necessità di trovare nuovi acquirenti del debito che gli stranieri liquidavano e non volevano più sottoscrivere. Per coprire i deflussi è intervenuta la Banca Centrale, che con le operazioni del Securities Market Programme e le aste di liquidità fornite al settore bancario ha già accumulato un passivo verso l’eurosistema TARGET2 (espresso dalle passività in altri investimenti della Banca Centrale) di oltre 90 miliardi di euro.
I depositi degli stranieri (principalmente delle banche Francesi, Tedesche e Olandesi) nel settore bancario greco erano invece cresciuti ancora. Così come erano aumentati i depositi delle banche greche all’estero. Il gioco dei flussi di “smart money” (dei depositi bancari a vista) intra europeo non aveva ancora inserito la retromarcia.

La fine dei giochi
I flussi di “smart money” iniziano il loro percorso a ritroso con l’avvio del programma di aiuti, con il primo memorandum. Con l’avvio delle misure lacrime e sangue dei programmi di salvataggio e la conseguente crescita esponenziale dei crediti deteriorati, nessuno ha più fatto credito alle banche greche. Dinanzi alla necessità di far fronte ai deflussi dei capitali esteri e le perdite sul mercato interno, le banche greche hanno liquidato le proprie posizioni all’estero e attinto ai vari programmi di salvataggio del Governo messi in atto con i capitali della Troika.
Come si vede dalla posizione patrimoniale sull’estero più recente (fig. 3) tutti i capitali ricevuti sotto i vari programmi di aiuti (in buona parte rilevati sotto la voce passività in altri investimenti del Governo) hanno permesso di ridurre le passività estere in depositi bancari e soprattutto in titoli di Stato.

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Fig.3: Posizione Patrimoniale sull’Estero della Grecia rilevata nel primo trimestre 2018. Fonte dati: Bank Of Greece

Ma ciò che si rileva da quest’ultima figura è una verità abbastanza sgradevole. Nonostante i sacrifici fatti, nonostante i vari programmi di sostegno finanziario, di manovre correttive ed anche di errori di politica economica, il passivo che la Grecia ha nei confronti dell’estero è cresciuto ancora. Alla fine del terzo trimestre 2018 aveva raggiunto il suo livello più alto sia in valore assoluto che in punti di Pil.

Certo, adesso non sono più i privati esteri ad esserne detentori e ciò permette di non correre il rischio di contagiare i sistemi finanziari degli altri Paesi e di veder sparire i capitali all’improvviso come avvenuto dal 2008. Ma resta, anzi, è ancora aumentata, la fragilità di fondo dell’economia greca determinata dai conti con l’estero.

Stretta da un peso che è cresciuto durante questi anni, e che nella storia recente non ha molti altri casi comparabili, se non quelli dei Paesi usciti sconfitti dalla prima guerra mondiale (da notare come l’incidenza delle riparazioni di guerra poste a carico della Repubblica di Weimar nella forma dei bond A e B – quelli di cui effettivamente fu scadenzato il pagamento – era comparabile, in rapporto al Pil, alla attuale posizione netta sull’estero della Grecia) il Paese ellenico ha adesso dinanzi a se’ due possibili alternative.

Una prima alternativa è quella di proseguire con continui surplus di partite correnti per i prossimi decenni facendo così minimo ricorso al mercato dei capitali esteri. Mantenendo il surplus di 2/3 miliardi annui, in circa 100/120 anni dovrebbero riuscire ad azzerare la propria posizione estera. Una prospettiva certamente non così politicamente sostenibile. Inoltre esiste il problema della scadenza dei prestiti istituzionali ricevuti, che fissata per il 2060 e con importi crescenti al passare del tempo (fig.4), fa ipotizzare che il ricorso al mercato dei capitali rimarrà comunque una necessità.

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Fig.4: Prospetto delle scadenze del debito pubblico greco. Tratto da “The Wall Street Journal” Greece’s Debt Due

Una seconda alternativa è che, riacquistato l’investment grade sulle emissioni dei titoli pubblici, si possa riavviare un ciclo di afflussi di capitali esteri che sostituiscano quelli istituzionale, o che magari possano aggiungersi ad essi. In questo modo, ridotto il vincolo esterno dato dalla necessità di ripagare le scadenze con i soli surplus di conto corrente, si può sperare che vengano fatti investimenti per migliorare la capacità competitiva del Paese, migliorare perciò le esportazioni ed in questo modo giungere più velocemente alla riduzione del passivo con l’estero.

Il rischio legato a questa possibile soluzione è quello di un ripetersi della crisi del 2010 (oppure della recente crisi argentina). Nuovi capitali esteri che in parte vanno a ripagare i creditori istituzionali e che in altra parte vanno verso impieghi a bassa produttività peggiorando i conti con l’estero.

A quel punto, al prossimo sudden stop, potremo rivedere lo stesso film. Con gli stessi attori e magari le stesse giustificazioni. In un circolo vizioso di capitali privati che sostituiscono quelli istituzionali i quali a loro volta dovranno sostituire nuovamente quelli privati. Lasciando ogni volta l’economia greca più indebitata ed i cittadini sempre più poveri e aprendo spazi per scenari futuri inesplorati, quali l’uscita dall’euro (con il conseguente rischio di una spirale iperinflattiva) oppure un default unilaterale sul debito estero (con conseguente rischio di non aver più accesso al mercato dei capitali internazionali).

Così, nonostante la narrativa di questi giorni sottolinei in modo trionfale il passo importante che è stato fatto, l’Odissea è ancora in pieno sviluppo e la riduzione consistente del peso del debito estero, la vera Itaca di questa Odissea, rimane molto, molto, lontana.

Twitter @francelenzi