PoliHub, ovvero quando l’innovazione mette alla prova l’imprenditore sopito

scritto da il 15 Settembre 2018

Il lettore più attento sa che ormai da tempo ripropongo (con una certa ossessione lo ammetto) una riflessione tratta da un articolo di Luca Tremolada che pur occupandosi di startup lancia una critica interessante al mondo delle PMI:

“Il rischio è quello di avere startup zombie, che sopravvivono magari oltre i tre anni e poi diventano Pmi piccole piccole. Si accontentano del loro business e non crescono più. Come accade al tessuto della piccola impresa italiana. Da sempre accusato di nanismo. Per una azienda innovativa, questo nanismo potrebbe costare a tutto l’ecosistema moltissimo”

Forse perché un po’ mi ci ritrovo, forse perché parte del mio lavoro di commercialista è o dovrebbe essere quello di fornire stimoli a chi fa impresa, in qualche modo ho cercato e sto cercando di capire quale opportunità l’ecosistema delle startup può offrire al più tradizionale mondo di chi fa impresa in Italia.

stefanoSto cercando quindi di guardare al mondo startup con gli occhi dell’imprenditore tradizionale provocando qualche reazione in chi con le startup ci lavora davvero.
L’incontro con Stefano Mainetti, CEO di PoliHub, ha origine proprio da un confronto on line su un mio precedente articolo certamente provocatorio: “L’era delle startup è finita? Non lo so, ma nel dubbio tocca alle PMI diventare dinamiche”.

Premetto, mi sono presentato all’intervista accompagnato da un pregiudizio positivo. Alcune tra le startup più interessanti che seguiamo come Studio o sono spin off del Politecnico o sono incubate in PoliHub.

Quando chiedo qualche informazione su Mainetti ne emerge un ritratto che può essere più o meno così riassunto: “È preparato, sa di business. Non lo freghi, non è un politico. È uno che fa”. Questo articolo non ha l’ambizione di essere esaustivo. Sintetizzo qualche iniziativa, tra le tante illustrate, soprattutto per incuriosire il lettore e spingerlo ad approfondire il tema.

In rete trovate molto sul PoliHub.

Quello che mi preme più che altro condividere è il perché secondo me chi fa impresa dovrebbe “perderci del tempo” (già immagino le critiche di qualche amico imprenditore giustamente sempre molto impegnato). Startup ed imprese medio grandi per farci del business. Le piccole per usarlo come cannocchiale, per imparare a guardare più lontano. Provando a lasciarsi contaminare.

Che cosa è il PoliHub
PoliHub, l’incubatore del Politecnico di Milano che supporta lo sviluppo delle nuove aziende a elevato contenuto di innovazione, ha un posizionamento eccellente nei ranking internazionali. Secondo gli svedesi dell’UBI Index, è valutato per performance il terzo incubatore universitario di startup al mondo.

La missione di PoliHub è di supportare le startup altamente innovative con modelli di business scalabili e di spingere i processi di cross-fertilizzazione tra l’Accademia, le diverse startup e le aziende consolidate attente all’innovazione.

Per fare questo PoliHub opera attraverso lo scambio di esperienze, la condivisione di conoscenze, la contaminazione reciproca e il confronto tra gli imprenditori, mettendo a fattor comune l’enorme bagaglio di conoscenze del Politecnico di Milano e dei propri centri d’eccellenza, Fondazione Politecnico, MIP, PoliDesign e Cefriel, rivolti alla collaborazione con le imprese.

Provando ad essere più concreti il modello di business del Polihub si può così sintetizzare:

* Selezionare le migliori startup ad alto potenziale e offrire loro migliori condizioni per crescere (alle startup incubate vengono offerti più di 30 diversi servizi a valore atti a supportare tutto il ciclo di vita, dall’ideazione fino allo sviluppo nelle fasi più mature);

* Supportare scouting ed operazioni di open innovation per grandi aziende e multinazionali che sono interessate ad interagire con le startup incubate;

* Costruire un vero distretto di innovazione, capace di ospitare startup e unità operative di aziende che vogliono unirsi all’ampio hub di competenze e laboratori tecnici del Politecnico (che sono più di 250) per specifiche iniziative.

Il club dei mentor
I mentor di PoliHub sono manager, imprenditori o investitori di successo in diversi settori di innovazione che aiutano a far crescere e a migliorare prodotti e servizi delle startup incubate.

Sono circa 80 a cui aggiungere potenzialmente docenti e ricercatori provenienti dal Polimi e dai suoi consorzi (MIP, PoliDesign, Cefriel).

Sottolinea Mainetti: “Startup e aziende utilizzano linguaggi e modalità operative profondamente differenti. Abbiamo ideato un percorso per formare mentor (una indispensabile base teorica per conoscere i principali strumenti operativi utilizzati dalle startup e una fondamentale fase esperienzale svolta sul campo operando a contatto con le startup) con un duplice obiettivo: da una parte supportare al meglio le nostre startup e dall’altro avvicinare le imprese tradizionali a questo mondo, favorendo il processo di contaminazione e la gestione di progetti di innovazione radicale.” Una soluzione che trovo geniale. Il PoliHub amplia il numero dei mentor a supporto delle startup incubate e diffonde la cultura dell’innovazione nelle imprese tradizionali favorendo la contaminazione. E tutto questo con un potenzialmente buon ritorno a conto economico.

Si impara a fare impresa anche osservando.

La Joint Platform tra Politecnico di Milano e Tsinghua University
Il Politecnico di Milano ospita l’unico hub europeo per l’innovazione della più grande università cinese, la Tsinghua University, per creare un ecosistema che favorisca il trasferimento tecnologico e lo sviluppo di innovazione.

Il fondo di venture capital
Notizia di questi giorni è la nascita di Poli360, un fondo da 60 milioni di euro lanciato da 360 Capital Partners (società di venture capital), che ha l’obiettivo di sostenere l’innovazione tecnologica prodotta dalle competenze del Politecnico di Milano (brevetti nei settori della manifattura industriale e dell’automazione, della gestione efficiente dell’energia, delle infrastrutture civili e di telecomunicazione, dello sviluppo dei materiali avanzati e del design).

polihub

Perché un imprenditore tradizionale dovrebbe “perder tempo” con il PoliHub
Mentre Mainetti terminava di illustrarmi le attività del PoliHub mi sono chiesto perché mai una PMI debba trovare il coraggio di conoscere e partecipare alle iniziative dell’incubatore del Politecnico.

La prima osservazione che mi è venuta in mente è che proprio ci vuole coraggio perché il confronto ti pone di fronte a sfide non certo facili da affrontare. Ti costringe a pensare allargando l’orizzonte, ti infonde un inquietante (ma fondamentale) senso di urgenza nell’innovare, in qualche modo anche involontariamente ti costringe ad analizzare severamente il tuo business model.

Innanzitutto come già scrissi in merito a Cefriel, qui al Politecnico ci insegnano “l’importanza di imparare a scegliere con chi confrontarci. Alzando l’asticella un po’ più in là”.

PoliHub è il terzo incubatore universitario di startup al mondo ed ha da poco dato vita ad una partnership con la più grande università tecnologica cinese. Per quanto queste classifiche possano in alcuni suscitare scetticismo (comprensibilmente) è per me importante sottolineare come il loro termine di confronto non si limiti ad essere nazionale o europeo.

E che, al di là delle classifiche, le opportunità per chi fa impresa appaiono molto concrete, al punto che qualcuno è disposto a metterci dei soldi creando un fondo di venture capital. Del resto i casi di successo non mancano.

Mainetti ci ricorda inoltre che le cose possono essere fatte in modo diverso: “Possiamo aiutare l’azienda a trovare la soluzione tecnologica più innovativa, metterla in contatto con i maggiori esperti del settore attingendo al nostro network, in primis dal bacino straordinario dei professori e dottori di ricerca del Polimi. Possiamo aiutarli a definire il team ed ospitare la startup supportandola nella crescita e nel processo di innovazione. Quello che chiediamo alle imprese è la visione e la capacità commerciale, il rapporto con il mercato, quella capacità di trasferire un potenziale bisogno del mercato a chi fa ricerca che è naturalmente interessato ad ideare una soluzione originale e basata su tecnologie allo stato dell’arte per rispondere a quel bisogno”.

PoliHub ci insegna l’importanza di contaminarsi. Lo fa parlando di open innovation, lo fa con il club dei mentor e le loro differenti competenze, lo fa aprendosi e confrontandosi con altre realtà internazionali. Non a caso il termine “hub” è stato inserito nel nome.

Son tutte rose e fiori? Sicuramente no. È lo stesso Mainetti ad evidenziare come i benefici della collaborazione fra imprese e startup siano spesso sovrastimati. “Quando si parla di innovazione la vera sfida, oltre ovviamente al produrre soluzioni tecnicamente valide, è quella organizzativa. Aziende e startup operano con obiettivi differenti, da un lato di devono produrre utili basandosi sul core business aziendale, dall’altro si sperimenta e innova per individuare un modello di business scalabile.

Questo, unito all’enorme divario di potere negoziale in ambito contrattuale, ci fa comprendere come la collaborazione non sia per nulla semplice. Le iniziative estemporanee sono molto rischiose e spesso foriere di fallimenti. In realtà, per i manager delle grandi imprese, l’open innovation è un percorso di medio e lungo termine. Un cambiamento culturale che dovrebbe essere guidato dall’alta direzione. Per le PMI queste difficoltà possono, almeno in linea teorica, essere minori in quanto meno “bloccate” da regole manageriali interne. In questo caso le difficoltà spesso consistono nel fatto che molti imprenditori (soprattutto piccoli) appaiono quasi sopiti o quanto meno intimiditi difronte alle sfide che ci attendono. Possiamo fare molto insieme alla media impresa italiana”.

La difficoltà a coinvolgere le PMI dipende dal PoliHub? Dal limite dimensionale delle stesse? Dalle caratteristiche anche culturali della nostra imprenditoria? Probabilmente da tutti e tre i fattori. Quello che credo però è che il PoliHub sia uno strumento da usare ma ricordando che spetta a noi trovarne la modalità di collaborazione più adatta.

Io l’ho usato come straordinario cannocchiale per imparare a guardare un po’ più in là, per ricordare che dobbiamo tornare a fare cose difficili.

Girando per PoliHub è possibile toccare con mano quanto siamo capaci di realizzare prodotti e servizi originali e innovativi, quanto la nostra vena imprenditoriale che ci ha portato ad essere una fra le prime 10 nazioni al mondo non sia per nulla esaurita. L’innovazione è un percorso faticoso fatto di investimenti in ricerca e sviluppo, di brevetti, sperimentazione e individuazione di modelli di business e di resistenze organizzative da superare, ecc.

È l’uso che suggerisco anche alle piccole imprese che se avranno il coraggio di guardarci dentro probabilmente scopriranno la necessità di crescere dimensionalmente per restare competitive.

Uso improprio, spero che Mainetti non me ne vorrà, ma straordinariamente utile.

Twitter @commercialista