Turismo, perché tra Italia e Spagna non c’è partita

scritto da il 21 Settembre 2018

L’autore di questo post è Luca Martucci, consulente ed esperto di marketing di destinazione –

La differenza non è solo nei numeri, viene da lontano, ed è eclatante quando si comparano rispettive strategie e marketing di destinazione. ,I dati del Turismo internazionale in Italia sono spesso confrontati con quelli dei due nostri principali competitor europei, Francia e Spagna, entrambi davanti al Bel Paese nelle classifiche mondiali. Il presunto primato della Francia, nonostante certi fondati dubbi, è generalmente accettato. La tendenza è quindi guardare alla Spagna, destinazione turistica con la quale abbiamo in comune molte caratteristiche, e paese con il quale da secoli dividiamo il fatto di far parte di quell’Europa di “secondo livello” dietro alle tre BIG.

C’è chi si chiede come sia possibile che la Spagna riceva molti più turisti nonostante abbia meno siti UNESCO dell’Italia, o chi sostiene, come in un articolo di qualche mese fa sul Sole 24 Ore, che la Spagna “farebbe restare più giorni i turisti stranieri“ e che “il Governo spagnolo da almeno un decennio ha fatto del turismo un settore strategico per la propria economia, mentre l’Italia è restata a guardare, almeno fino all’anno scorso quando è stato licenziato il primo piano strategico sul turismo”.

Difficile concordare sulla conclusione che recuperare questo gap non sarebbe affatto impossibile se il Turismo in Italia diventasse davvero una priorità nazionale. Vediamo perché.

I numeri: un gap difficile da colmare
schermata-2018-09-20-alle-12-28-20La differenza di 23 milioni di arrivi e in realtà di “soli” 21 miliardi di euro di spesa (questo il dato paragonabile per metodologia alle statistiche di Banca d’Italia ) è in gran parte dovuta ai flussi di turisti europei per le isole e le famose località costiere. La fotografia che viene fuori dai numeri è la stessa dello Stivale sia nei punti di forza (arte, mare, cultura e bellezze naturali) che in quelli di debolezza, come concentrazione dei flussi in alcune località, forte stagionalità, dipendenza dal prodotto mare ( in Italia si fatica a riconoscerla!) e dai mercati europei. Cambiano solo i volumi in assoluto. La permanenza media non è così differente dall’Italia se ancora una volta si comparano fonti omogenee (per Banca d’Italia nel 2017 è stata pari a 6,3 notti).

Quanto alla storia si tratta di molto più di un decennio, mentre il presente, e sopratutto il modo di guardare al futuro, dimostrano un’abissale differenza nella Governance e nel Marketing di Destinazione, non certo colmata dal recente Piano Strategico per il Turismo in Italia. Il Turismo per la Spagna è strategico da più di 60 anni.

schermata-2018-09-20-alle-12-31-52Negli anni 50/60 la Spagna intuì che il turismo sarebbe stato fondamentale per uscire dall’isolamento causato dalla guerra. Manuel Fraga Iribarne, ministro dell’Informazione e del Turismo dal 1962 al 1969, fu una figura fondamentale in questo processo. Durante il suo mandato fu lanciata la prima di tante campagne di successo. Lo slogan “Spain is different “ puntava a mostrare al mondo un paese con molte facce ancora sconosciute. A lui si deve anche l’espansione della catena dei Paradores e molte altre iniziative per il successo del Turismo e di quello che possiamo chiamare Sistema dell’Accoglienza in Spagna.

«Se la Spagna nel 1951 accoglieva 1,3 milioni di stranieri, nel 1965 ne riceveva 14,3 milioni, e nel 1990 34 milioni» Storia del Turismo in Italia, A. Berrino.

La Spagna ha fatto dello sviluppo di località costiere ed isole la sua fortuna nell’onda del Turismo delle “4 S’ (Sun, Sea, Sand and Sex). Non a caso una campagna di successo negli anni 80 recitava Everything under the Sun. Uno sviluppo caratterizzato da grandi investimenti immobiliari, costruzione di resort, casinò e campi da golf e collegamenti aerei sopratutto charter e low cost. Tutta la storia del marketing di destinazione della Spagna è corollata di successi: dal logo di Mirò (datato 1983 ed ancora in uso) a tante altre campagne pubblicitarie sempre accompagnate da slogan efficaci come Passion for life, Bravo Spain, Spain Marks o Smile, you are in Spain, fino all’ odierno Spain in 10 seconds.

La differenza è lampante quando si confrontano Strategie e Piani di Marketing
Il Piano Strategico del Turismo italiano (PST) dell’ex MIBACT più che un piano è un manifesto per lo sviluppo di turismi alternativi ed aree interne o meno visitate fino ad oggi. Segmenti interessanti, ma con una relativa rilevanza economica sul totale dell’Industria. Fortemente sbilanciato verso temi di cultura, sostenibilità socio e medio-ambientale, conservazione del patrimonio, mobilità dolce ed accessibilità infrastrutturale, il PST è un calderone di 108 pagine molto ambizioso, ed allo stesso tempo limitato dalle complicazioni relative al coinvolgimento di diversi ministeri.

Non c’è un chiaro obbiettivo economico o temporale, e gli indicatori di gestione o sorveglianza ad oggi non sono ancora noti. La promozione effettiva della Destinazione Italia viene rimandata al piano ENIT 2016-2018, altro documento molto didascalico e poco concreto. L’ attuazione di entrambi questi piani a distanza di quasi due anni lascia molto a desiderare. Non poteva essere altrimenti di fronte ad una mole di ben 50 Azioni , suppostamente messe in cantiere e delle quali abbiamo parlato qui.

Tutt’altra cosa il piano strategico della Spagna, o meglio della sua Agenzia Turespaña, visto che in Spagna , come in tanti altri paesi , i ministeri si limitano a disegnare la “cornice”, lasciando il contenuto operativo ai rispettivi National Tourism Board.

L’ obbiettivo principale del Plano Estrategico Marketing di Turespaña 2018–2020 ( PEM ) è “il miglioramento delle entrate dei visitatori internazionali attraverso la captazione di turisti ‘de calidad y sostenible’” ed un impatto economico quantificato in 1.500 milioni di euro (nemmeno tanto sul suddetto totale di spesa!) e 6 obbiettivi strategici, tutto in una ventina di pagine che si riassumono in questa slide.

spagna_infografia_pemIn poche pagine si delinea lo scenario di riferimento. La Spagna, pur consapevole del suo primato nelle classifiche, evidenzia criticità come l’effetto Brexit (il Regno Unito rappresenta il 22% dei flussi) e la particolare contingenza favorevole degli ultimi anni dovuta ai problemi registrati da destinazioni concorrenti che hanno risentito degli attentati terroristici.

Per la Spagna il Turismo è di fronte ad un cambio di ciclo largo (Kondratiev), ed è entrato già dal 2010 in una fase recessiva caratterizzata da una stagnazione delle vacanze di lunga durata tipiche delle famiglie sopratutto dai due principali mercati (Regno Unito e Germania).

Diversificazione è la parola d’ordine: geografica (la nostra delocalizzazione), temporale (quella che chiamiamo destagionalizzazione), motivazionale per diminuire la dipendenza dal prodotto sol y playa ( 52% del totale arrivi ed entrate) e dei mercati di origine per diminuire la forte dipendenza dai mercati europei. Il Turismo è entrato in una nuova era digitale, caratterizzata dall’avvento delle OTA  (Online Travel Agency, le piattaforme web che permettono di comparare e acquistare la soluzione di viaggio migliore) e dei nuovi fenomeni della sharing economy, dove il cliente ha sempre più potere decisionale.

È necessario quindi un cambio radicale di strategia che ponga il cliente, sopratutto quello di qualità, al proprio centro. Ma qual è il “turista di qualità”?

Un tema sempre più attuale in Italia dove si straparla di overtourism, turismo di massa o “delle ciabatte” e spesso si idealizza in contrapposizione il concetto di un viaggiatore più colto, suppostamente più incline a turismi alternativi o fuori rotta. Il turista che piacerebbe a tutti, ma che non è poi così facile da trovare nella realtà. Per la Spagna è il Turista Cosmopolita! Un turista presente sopratutto nei mercati europei ed in USA, che vuole un mix di prodotti: il mare associato a cultura e scoperta, ma anche altre componenti edonistiche e di desfrute come gastronomia, shopping e nightlife. Non si tratta necessariamente di un turista di lusso, ma di un viaggiatore caratterizzato da una maggiore frequenza e distribuzione nel tempo dei viaggi (anche se più corti), da una maggiore propensione alla spesa (+20% rispetto alla media), da rispetto dell’ambiente locale e preferenza per uso dei prodotti locali. Un viaggiatore che è trend setter, e quindi porta con sé un elevato effetto moltiplicatore.

Segue nel piano un dimensionamento di questo universo cosmopolita stimato in 32 milioni di turisti (90 milioni di viaggi anno e 80 miliardi di euro di spesa) dove la Spagna avrebbe oggi uno share pari al 10 % di arrivi e 7% di spesa. È il risultato di varie indagini di mercato e motivazione della domanda condotte da istituti di ricerca e multinazionali di diverse industrie.
L’obbiettivo è quello di rinnovare la percezione del turista cosmopolita della “marca turística España” attraverso cinque principali azioni.

Una campagna marketing on line ed un nuovo sito dedicato a questo segmento; un programma di sviluppo relazioni B2B com agenzie di viaggi e tour operator che trattano questo segmento (cosiddetti intermediari cosmopoliti) denominato Espanã Reloaded che conta anche sul rilancio del programma di e-learning Spain specialist; approfondimento conoscenze sul segmento high-end e sensibilizzazione dei player dell’offerta e delle comunità autonome sulla nuova strategia.

Per i mercati lontani ed emergenti il PEM evidenzia la forte crescita della classe media, una maggiore potenzialità per diversificazione temporale e geografica e la spiccata propensione allo shopping. Le due principali azioni per questi mercati sono quindi fare lobby con vettori ed aeroporti e collaborare con il Ministero degli Affari esteri per facilitare sempre di più il rilascio dei visti quando necessario.

La Spagna riconosce che da questi mercati la sua connettività aerea è inferiore a quella dell’Italia. Vale la pena ricordare ai sostenitori della teoria che una destinazione debba per forza avere una sua compagnia di bandiera quale condizione necessaria per lo sviluppo del Turismo, che la Spagna non sembra affatto preoccupata del fatto che sia Iberia che Vueling , le due principali compagnie aeree spagnole, siano da tempo controllate dalla holding IAG (British Airways). Secondo le rispettive statistiche ufficiali in Spagna circa l’ 80% dei turisti arriva via aereo, contro il quasi 40% per l’Italia.

Il PEM trova poi in un ben strutturato allegato la sua precisa declinazione per le 8 zone geografiche dell’organizzazione periferica di Turespaña, determinando per ciascuna un set di obbiettivi che si aggiungono ai rispettivi programmi locali. Tutto basato su una meticolosa ed uniforme impostazione di dati storici, analisi SWOT, contribuzione agli obbiettivi, segmentazione dei cluster di esperienze di viaggio e motivazioni della domanda che ovviamente variano tra i vari mercati.

È proprio dal confronto tra i cluster turistici contemplati dai due piani che si evince l’attenzione della Spagna alla domanda per turismo urbano, vita notturna, vacanze studio, shopping o crocieristico, con il cluster costa al primo posto. Segmenti che sembrano ignorati dai piani del Bel Paese, dove l’approccio “culturale” schiaccia la componente puramente “edonistica”, e si continua a parlare di anacronistiche categorie di prodotto come “città d’arte” o lusso o addirittura si omette il mare nonostante il suo peso effettivo.

schermata-2018-09-20-alle-13-11-58Infine può sembrare un po’ naif la citazione di P. Drucker “para meiorar hay que poder medir“, ma il piano spagnolo ha i suoi indicatori di gestione e dei risultati per il triennio in oggetto.

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Insomma davvero un ottimo sforzo di dare concretezza a certi obbiettivi. Niente di fantascientifico, a meno che non si compari appunto con il piano nostrano, ed in linea con quanto molte altre destinazioni stanno da tempo facendo. Oggi non si può più “sparare nel mucchio” ed è sempre più necessaria un’efficace segmentazione della domanda ed un marketing mirato sia al cliente finale, che all’intermediazione specializzata.

Il PST sottovaluta il ruolo ancora fondamentale che agenzie di viaggi e tour operator rivestono per il successo di una destinazione, anche perché parte dal discutibile presupposto che solo un turista su dieci visiti il paese con un viaggio organizzato.

L’ Italia è l’unica tra le grandi, ed una delle poche destinazioni al mondo, che ancora non utilizza soluzioni di e-learning per formare il trade (ne avevamo parlato qui a proposito del Brasile) e che non ha una costante ed uniforme attività di comunicazione via e-mailing per agenzie di viaggi e tour operator. Di nuovo, niente di speciale, solo attività basiche e fondamentali per il marketing di destinazione che la Spagna fa molto bene.

Mentre in Italia il sito ufficiale del Turismo vegeta in attesa della più volte annunciata rivisitazione e si continua a parlare della necessità di mettere su “la fabbrica dei prodotti “, la Spagna, che già aveva un ottimo site www.spain.info sia per cliente finale che per il trade turistico, aggiunge un opzione più moderna con www.uniquespain.travel. Il dominio è .travel, sempre più usato dalle destinazioni mondiali, ad ulteriore conferma di certe differenze ricordiamo che www.Italy.travel è stato on line solo per pochi mesi, ai tempi dell’ultima vero-simile campagna istituzionale di ENIT, quella con lo slogan Made in Italy e datata 2014!

L’ Italia ha ancora tanto da imparare dalla Spagna in termini di Governance del Turismo. Il piano spagnolo insiste sulla necessità di un cambio di cultura per tutti basato su “colaboración y coordinación público-público y público-privada”. Le Comunità Autonome, nonostante un forte sistema federalista, sono pienamente coinvolte ed allineate, a dimostrazione che certi ostacoli legislativi (vedi riforma Titolo V Costituzione in Italia) possono essere superati da buon senso ed un’efficace leadership centrale.

In Spagna, al contrario di quanto qualcuno teme per l’ Italia, il recente passaggio di Ministero con il nuovo governo non sembra aver rallentato l’attenzione al Turismo, che oltre sulle istituzioni demandate, conta anche sul contributo attivo di Exceltur, una potente lobby tra i principali attori del Turismo. Quella che manca da sempre in Italia, dove lo scenario è frammentato tra decine di associazioni di categoria, che comunque almeno secondo le assunzioni del PST, avrebbero condiviso pienamente certe progettualità.

Potremmo menzionare molti altri fattori di differenza, dalle consistenti differenze strutturali delle sedi periferiche di Turespaña ed ENIT, alle statistiche sui maggiori gruppi alberghieri nel mondo (la Spagna ne conta 27 contro 2 dell’Italia), fino al numero di start up operative nel settore.

Ci limitiamo ad un’ultima considerazione: In Spagna i dati provvisori sul Turismo sono facilmente consultabili on line a poco più di un mese data, e sempre accompagnati da previsioni congiunturali per ogni principale mercato emissore. Così in questi giorni, in cui si cominciano a fare i primi bilanci della stagione estiva, la Spagna, confermando certi timori, dichiara per la prima volta in dieci anni un calo degli arrivi sopratutto dai mercati UK e Germania e si appresta ad intensificare i suoi sforzi promozionali per l’ultima parte del 2018 e per gli anni a venire, ribadendo giustamente che l’obbiettivo primario rimane l’incremento della spesa dei turisti, più che la loro quantità.

In Italia non è ancora chiaro come sia andata la stagione in un balletto di numeri e dichiarazioni di assessori (o consiglieri di opposizione) dove non è facile orientarsi. Sembra ormai evidente un consistente calo sopratutto di turisti italiani per il prodotto mare, in parte compensato dai flussi di stranieri per le principali città. Di sicuro l’anno chiuderà in modo ben più modesto delle rosee e superficiali previsioni di qualche mese fa.

Continuiamo a leggere che la Germania è il primo mercato per l’ Italia. Bene, ma qualcuno dovrebbe riflettere sul campanello d’allarme che suona la Spagna, visto che negli ultimi 20 anni il Bel Paese ha perso circa 35 milioni di pernottamenti di turisti tedeschi e la relativa spesa è addirittura calata del 5%.

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