Shadow banking e prestiti: perché la prudenza deve essere massima

scritto da il 27 Settembre 2018

L’autore di questo post è Corrado Griffa, manager bancario ed industriale (CFO, CEO), consulente aziendale in Italia e all’estero, giornalista pubblicista –

Secondo il Fondo monetario internazionale, la finanza non-bancaria ha una dimensione pari a quella bancaria, nel mondo. In Italia, accanto alle banche esistono altre tipologie di operatori che possono svolgere attività di finanziamento in varie forme a favore di imprese, enti, privati. Fra i soggetti vigilati da Banca d’Italia, un ruolo importante è svolto dagli “intermediari finanziari ex art. 106 TUB Testo Unico Bancario”: soggetti iscritti in un Albo, od elenco, che esercitano nei confronti del pubblico in via professionale l’attività di concessione di finanziamenti, di assunzione di partecipazioni, di intermediazione in cambi; parliamo quindi di prestiti personali (spesso garantiti da ipoteche su immobili e/o garanzia personali), credito al consumo, cessione del quinto dello stipendio e poi garanzie prestate a valere su una vasta tipologia di situazioni (assimilabili ad assicurazioni e depositi cauzionali); nell’elenco sono compresi anche i confidi, molti con vicende difficili alle spalle od in corso.

I prestiti sono generalmente concessi a debitori con una solidità finanziaria “sotto-ottimale” (che spesso non consente un accesso al sistema bancario), o come ormai si dice sono dei “sub prime”. Poiché questi intermediari, a loro volta, devono finanziarsi con il sistema bancario per poter avere la liquidità per erogare prestiti ai propri clienti, essi da un lato fanno concorrenza al sistema bancario, dall’altro sono debitori verso il sistema bancario, a cui pagano tassi e costi che si traducono in un “extra-spread” applicato ai prestiti da essi a loro volta concessi ai propri clienti-debitori. Un accesso al credito quindi a costi superiori a quelli delle banche.

Questi intermediari esercitano almeno una delle seguenti attività:

a) concessione dei finanziamenti sotto qualsiasi forma nei confronti del pubblico (prestiti personali, prestiti a imprese, concessione di fidejussioni e cauzioni a favore di enti pubblici ed imprese);

b) riscossione dei crediti ceduti e servizi di cassa e di pagamento (“servicing”);

c) emissione di moneta elettronica e prestazione di servizi di pagamento.

Un aspetto importante è quello della cosiddetta “vigilanza prudenziale” con la estensione della disciplina prudenziale delle banche agli intermediari finanziari (in altri termini, la vigilanza equivalente) nel rispetto del “principio di proporzionalità”: più importante l’attività, più elevata la vigilanza.

Per le attività di concessione di garanzie (fidejussioni e cauzioni), è richiesto un capitale minimo di 1,5 milioni; valore che può “produrre” multipli significativi di “attività finanziarie” per effetto dell’effetto-leva.

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Rispetto alle banche, gli intermediari hanno meno vincoli sul rispetto dei margini di liquidità da detenere e sulla leva finanziaria; poiché la concessione di fidejussioni e cauzioni non richiede esborsi immediati di cassa, rappresentando un impegno futuro ed eventuale (in caso di futura escussione, cioè di una richiesta di pagamento da parte del beneficiario), ne deriva che la leva finanziaria degli intermediari finanziari può essere molto elevata; in caso di “business as usual” si tratterà solo di un impegno ipotetico, che però diventa un elemento critico in caso di escussione, potendo causare un “effetto-domino” sulla solidità degli intermediari: negli ultimi anni sono “saltati” circa 200 intermediari che si sono visti revocare l’autorizzazione, mentre altri hanno cessato l’attività; erano 488 le società iscritte all’Albo nel 2015, a fine aprile 2018 si sono ridotte a 216; un “caso” eclatante fu quello di un intermediario, cui poi venne revocata l’autorizzazione, che a fronte di 83 milioni di garanzie emesse aveva un patrimonio rilevato da Banca d’Italia di 190.000 euro.

Un altro aspetto da considerare è la “commercializzazione” dei servizi offerti; mentre le banche hanno sportelli di proprietà e le società di gestione di fondi di investimento possono utilizzare reti di promotori e canale bancario, gli intermediari finanziari hanno una più ampia “gamma di reti”: dagli agenti in attività finanziarie ai mediatori creditizi (controllati dall’Organismo degli agenti in attività finanziarie e mediatori creditizi, OAM), dai promotori ai procacciatori; una pluralità di “veicoli” che per la loro variegata natura spesso sono un “minus” per la difficoltà di mantenere un adeguato controllo.

Per i consumatori, l’accesso a questi intermediari è spesso più semplice e diretto di quello bancario: basta scorrere gli annunci su giornali ed internet per identificare “prestiti concessi a tutti”, spesso “promossi” da agenti e procacciatori, quindi non direttamente dagli intermediari; ma è richiesta una particolare attenzione (quella che spesso manca a chi chiede prestiti immediati e non preventivati) per scegliere un intermediario (quindi, il finanziatore) affidabile e serio.

Un “sistema-ombra” dove spesso è difficile trovare la luce.

Twitter @CorradoGriffa