Le banche? Dinosauri prima della glaciazione, ma possono aiutare l’economia se…

scritto da il 16 Gennaio 2019

Per le banche europee il 2018 è stato un anno da dimenticare. L’investitore miope italiano – che spesso è affetto da country bias, ossia tende a comprare i titoli del proprio Paese – crede erroneamente che il calo di borsa abbia riguardato solo Unicredit, Intesa, Banco Bpm e UBI. Invece in tutta Europa i titoli bancari hanno subito nel 2018 un ridimensionamento da diversi miliardi di euro. Vogliamo parlare di Deutsche Bank e dei suoi attivi di livello 3, a cui è difficile attribuire un prezzo?

Il 2019 non è partito male, i titoli bancari sono risaliti nei primi dieci giorni. Sarà un fuoco fatuo o una ripresa duratura?

Quando avvengono questi saliscendi, non bisogna confondere la struttura con la congiuntura. Ossia pensare che questo sia un fenomeno passeggero. Il mondo delle banche, così come lo abbiamo conosciuto, è in estinzione. Le banche sono come i dinosauri prima della glaciazione. La concorrenza di Fintech e la digitalizzazione non le vede pronte ai cambiamenti epocali che sono davanti a noi.

Cosa possono ancora fare le banche? Nel bel volume di Pierluigi Ciocca “Tornare alla crescita” (Donzelli, 2018) uscito di recente, l’ex membro del Direttorio della Banca d’Italia ci offre alcuni spunti di riflessione: “Le banche e i mercati finanziari (oh yes, i tanto bistrattati mercati, ndr) possono recare un contributo rilevante per riportare le imprese italiane al canone primario: ricercare il profitto attraverso l’efficienza, l’innovazione, il progresso tecnico, in una parola attraverso la produttività”.

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E come possono gli intermediari e i mercati contrastare lo scemare della produttività, vulnus primario dell’economia italiana da almeno 25 anni? In due modi:

1. Favorendo il dinamismo imprenditoriale delle imprese. Siamo ancora al “piccolo è bello”. Questo governo non nasconde le proprie simpatie per le microimprese, dove le diseconomie di scala sono pesanti, dove l’evasione e il nero sono di casa. Dove la busta paga, specie al sud, non rappresenta la realtà. Perché qualche giorno prima del pagamento, il dipendente si reca dal “padrone” e gli consegna una busta con dentro denaro contante. In tal modo lo stipendio potrà essere pagato, decurtato quindi dalla controprestazione, che consente al sedicente imprenditore di creare fondi neri e rendere non rappresentativo il bilancio ufficiale dell’impresa. Secondo i grillo-leghisti le multinazionali – dove gli stipendi sono ampiamente maggiori grazie alla maggiore produttività – sono il male, il nemico da combattere. Una visione da anteguerra, visto che il futuro si gioca sulla capacità cognitiva delle risorse umane a disposizione.

Sono infatti le imprese manifatturiere di media dimensione (da 50 a 250 dipendenti) – ci ricorda Ciocca – ad avere una produttività del lavoro superiore a quella dei concorrenti (tedeschi e francesi) di analoga dimensione: “Il passaggio dalla minima alla media dimensione comporterebbe un balzo all’insù della capacità competitiva” (p. 170).

2. Le banche dovrebbero finanziare in via preferenziale le imprese che realizzano profitti grazie alla produttività: “Solo il profitto da produttività è solido, durevole, tale da garantire il pagamento dell’interesse e il rimborso del fido. Come la storia recente conferma, non è questo il caso degli utili che nascono da posizioni di rendita, aiuti pubblici, bassi salari, deprezzamento del cambio” (Ciocca, p. 171). E c’è ancora gente che vuole tornare alla lira, quando si deprezzava in continuazione, quando “la nave andava” (Bettino Craxi, cit.) grazie alla droga del debito pubblico, dell’inflazione e delle svalutazioni competitive (alias i continui riallineamenti all’interno del Sistema monetario europeo).

Solo con investimenti in ricerca & sviluppo, in Ict, in persone di qualità, adeguata imprenditorialità, potremo tornare a crescere. E le banche devono dare il loro contributo, premiando le imprese meritevoli, considerando la produttività crescente dell’impresa come un fattore decisivo del merito di credito.

Twitter @beniapiccone