Corporate Italia e patriottismo, cosa preoccupa della vendita agli stranieri

scritto da il 04 Agosto 2015

Grande fermento per la recente cessione di Italcementi alla tedesca Heidelberg Cement. I commentatori come sempre si dividono aspramente tra favorevoli e contrari. Divisioni che nascondono verità e partigianerie da entrambe le parti. Suggerisco al lettore più attento la bella intervista (sul Sole 24ORE del 30 luglio) di Paolo Bricco a Carlo Pesenti, amministratore delegato di Italmobiliare.

«Il contatto con Heidelberg Cement è avvenuto ai primi di marzo. Non abbiamo usato banche d’affari o advisor, se non nella fase finale. La radice dell’operazione è stata puramente industriale. Dieci anni fa ho stilato io, insieme ai loro vertici, un accordo di trasferimento tecnologico e di know-how per uno dei nostri fiori all’occhiello: il cemento fotocatalitico, il cemento antismog. Dall’inizio della crisi, nel settore ha preso il via un processo di consolidamento. Italcementi è ora diventata parte del secondo gruppo al mondo. E lo ha fatto in una maniera armoniosa: la complementarietà di mercati e di specializzazione con Heidelberg Cement ci ha convinto che fosse la cosa giusta».

I principali concetti che emergono fin dalle prime righe dell’articolo e che lo rendono da subito intrigante sono:

– Non abbiamo usato banche d’affari o advisor, se non nella fase finale. La radice dell’operazione è stata puramente industriale.

– Non c’è una correlazione fra questa decisione e i problemi sistemici italiani, hanno contato soltanto le nuove logiche imposte dal capitalismo globalizzato.

– Noi non ci dimettiamo da imprenditori, questa operazione rende Italmobiliare il primo socio cementiero del secondo gruppo al mondo.

Pur non conoscendo i dettagli non posso che apprezzare un’operazione così ben strutturata ma pur essendo un “vecchio” liberale non riesco ad accodarmi ai cori entusiasti dei commentatori di area liberista. Concordo che è meglio avere soci stranieri con un solido piano di impresa piuttosto che rivedere issate le vele di una nuova IRI, ma così dimentichiamo troppo presto di farci la domanda più importante.

Italmobiliare ha una consistente liquidità, frutto soprattutto della cessione di Italcementi. Questa liquidità dovrebbe ammontare a circa 750 milioni. Carlo Pesenti nell’intervista al Sole 24ORE ha dichiarato: “Non abbiamo ancora deciso che cosa farne. Né in termini settoriali, né in termini di profilo di rischio, né in termini geografici. Anche per il futuro, varrà la stessa regola adottata con l’offerta di Heidelberg Cement: la governance di Italmobiliare guiderà le nostre prossime scelte di investimento”.

La domanda da porsi in queste situazioni non è tanto sulle motivazioni della conclamata pigrizia dei capitalisti italiani nel far cordate tricolori ma su quanta di quella liquidità sarà reinvestita in Italia. Il nostro Paese sarà capace di attrarre nuovi investimenti? Sarà capace di vincere la concorrenza internazionale per tassazione, spesa in ricerca, infrastrutture? Siamo sicuri che per un investitore abituato a operare in uno scenario mondiale l’Italia sia capace di essere considerata al pari di Stati Uniti, Gran Bretagna, Est Europa o quant’altro?

Il nostro Paese, pur ricco di potenzialità, continua a non voler affrontare la sfida più importante, distraendosi con un nazionalismo di maniera. L’unico patriottismo ammesso è quello che riuscità a smuovere questo torpore per riprendere a lasciar agire il mercato liberandolo da una serie infinita di sovrastrutture che oggi non fanno altro che soffocarlo.

Vorrei festeggiare la bella operazione di Italcementi ma questa domanda continua a frullarmi in testa e mi impedisce di unirmi spensierato al coro dei commentatori più entusiasti.

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