La protezione del risparmio e le responsabilità

scritto da il 15 Luglio 2016

Pubblichiamo un post di Massimo Scolari, presidente di ASCOSIM, Associazione delle Società di Consulenza Finanziaria. Scolari è stato membro del Consultative Working Group Investor Protection & Intermediaries dell’ESMA. Ricopre inoltre la carica di presidente del Cda di Compam Fund, Sicav di diritto lussemburghese – 

In questi giorni, mentre il Governo sta discutendo con le istituzioni europee una soluzione per la messa in sicurezza delle banche italiane, si è riacceso il dibattito sugli investimenti dei risparmiatori retail in obbligazioni bancarie subordinate che, in virtù dell’applicazione della direttiva BRRD, potrebbero essere coinvolte nel processo di salvataggio di alcune banche in difficoltà.

Nel nostro paese gli investitori retail detengono 29 miliardi di euro in obbligazioni bancarie subordinate, circa il 50% del totale in circolazione. Si tratta di strumenti finanziari “complessi”, ossia, secondo le definizioni che provengono dall’Authority europea ESMA, strumenti che contengono uno o più elementi “difficili da valutare” e per i quali non è agevole quantificare i rischi.

Le regole di condotta che disciplinano la distribuzione di prodotti finanziari complessi sono state oggetto di una particolare attenzione da parte delle Autorità europee negli ultimi anni, a partire dalla pubblicazione, nel luglio 2013, di uno studio che evidenziava il consistente ammontare di strumenti complessi distribuiti alla clientela retail nei paesi dell’Unione, con l’Italia che per dimensione relativa ed assoluta dei volumi collocati occupava la prima posizione.

Un consistente collocamento di strumenti finanziari complessi e rischiosi in un paese come il nostro, caratterizzato da investitori retail particolarmente avversi al rischio e, purtroppo, scarsamente dotati di adeguate conoscenze in materia finanziaria, appare sotto molti aspetti un vero paradosso.

Si è trattato di collocamenti forzati, di manipolazioni o truffe a danno dei risparmiatori oppure di clienti compiacenti che per qualche decimo di punto in più dimenticavano le più elementari e sane regole di investimento?

Le norme già da tempo in vigore (direttiva Mifid1), ma che sono state rafforzate da più recenti provvedimenti, sia in sede europea sia in Italia da parte della Consob, insistono sugli obblighi di assicurare, da parte degli intermediari, l’adeguatezza delle proposte di investimento alla clientela, che devono essere tali da corrispondere alle caratteristiche (in particolare il grado di conoscenze ed esperienze in materia finanziaria), alla situazione patrimoniale, alla propensione al rischio e agli obiettivi di investimento dei clienti.

È noto che le banche e gli intermediari, al fine di assegnare un profilo di rischio a ogni singolo cliente, fanno uso di questionari (cosiddetti di profilazione) tramite i quali vengono raccolte le informazioni sulle conoscenze ed esperienze del cliente in tema di investimenti, sulla situazione patrimoniale e reddituale e sugli obiettivi di investimento.

Le indagini della magistratura hanno recentemente evidenziato una prassi scorretta da parte di operatori di alcune banche, che consisteva nel “manipolare” le risposte al questionario di profilazione. Il cliente, grazie a tali manipolazioni, sarebbe risultato più esperto e più tollerante al rischio di quanto fosse in realtà: ciò consentiva al cliente di sottoscrivere ed acquistare prodotti complessi e rischiosi dei quali non comprendeva assolutamente i rischi sottesi.

Vale la pena ricordare che, sempre secondo le norme già in vigore, la responsabilità della rilevazione del profilo di rischio del cliente ricadono interamente sulla banca. L’autovalutazione da parte del cliente non è consentita: è la banca che deve accertare, nella sua piena responsabilità, che le informazioni fornite dal cliente nel questionario siano affidabili e consistenti. Non esiste quindi alcuna possibilità di “manlevare” questa responsabilità, facendo firmare qualsiasi tipo di dichiarazioni di assenso al cliente.

Ma non finisce qui. La direttiva Mifid, in vigore dal 2007, al fine di accrescere la protezione degli investitori, ha elevato la consulenza in materia di investimenti a servizio sottoposto a specifiche regole di condotta da parte degli operatori autorizzati.

Nel contesto della consulenza in materia di investimenti si deve assicurare che le proposte che la banca rivolge al cliente siano personalizzate e adeguate alle specifiche esigenze. Nel caso in cui un risparmiatore intenda effettuare di propria iniziativa un investimento, la banca deve valutarne l’adeguatezza e in caso di esito negativo della verifica, deve astenersi dal processare l’operazione.

Risulta evidente che l’applicazione rigorosa di tali semplici regole – ripeto già in vigore da anni – da parte delle banche avrebbe evitato la stragrande maggioranza delle consistenti perdite patrimoniali sofferte dagli investitori in obbligazioni subordinate e azioni di banche non quotate venute alla luce negli ultimi mesi.

Twitter @massimoscolari