È meglio imparare o lavorare?

scritto da il 05 Gennaio 2017

Da anni ricevo da parte dei miei collaboratori, in forme diverse, più o meno la stessa domanda: “Visto che ho un sacco di lavoro da fare, come faccio a dedicare tempo per imparare a farlo meglio?”

Per molto tempo ho risposto raccontando la storiella del boscaiolo: “Un boscaiolo sta faticosamente tagliando un albero con l’accetta. Passa di lì un tizio con una motosega, che propone al boscaiolo di usarla. Il boscaiolo risponde dicendo che non ha tempo di imparare a usarla perché deve tagliare l’albero con la sua accetta”. La storiella colpiva le persone ma non le cambiava, lasciandole dentro la loro trappola di tanto lavoro-poco apprendimento.

Mi sono allora posto il problema di dimostrare a me stesso, e poi agli altri, se quello che stavo loro dicendo era giusto o no. E quindi ho fatto un piccolo modello in Excel per capire.

Il modello si basa su 5 anni di lavoro, a circa 200 giorni all’anno. I parametri sono:

1. P1: Crescita media giornaliera di lavoro

2. P2: Quantità di lavoro il primo giorno

3. P3: Quantità di lavoro fattibile dalla persona il primo giorno

4. P4: percentuale di tempo dedicato all’apprendimento

5. P5: aumento percentuale di efficienza per ogni ora dedicata all’apprendimento

A questo punto ho fatto due grafici:

1. Il grafico del lavoro fatto nel giorno e da fare

2. Il grafico del “backlog”, ovvero il lavoro da fare rimasto indietro

E mi sono calcolato il parametro fondamentale del modello: la quantità di lavoro totale fatto dalla persona nei 5 anni. Ovviamente più si innalza quest’ultimo valore più la persona produce per l’istituzione nella quale lavora: di conseguenza anche il suo valore aumenta.

Con questo modello ho cercato di catturare in estrema sintesi la domanda del titolo. Ovvero, definendo come “imparare” aumentare l’efficacia del proprio lavoro e “lavorare” l’utilizzo ripetuto delle metodologie usate fino a quel momento, ora possiamo modificare i parametri e vedere cosa succede.

Qui potete scaricare il modello e provare tutte le combinazioni di parametri che desiderate. Scoprirete alcuni fenomeni interessanti:

1. Se il tasso di apprendimento (P5) è ragionevole, la percentuale di tempo dedicata all’apprendimento (P4) che massimizza il risultato è altissima. È normale arrivare al 70-80% del tempo dedicato all’apprendimento per ottenere il massimo del risultato

2. Per evitare di avere un backlog che esplode all’inizio è meglio dare poco lavoro da fare all’inizio, mettere molto tempo di apprendimento e far crescere il lavoro da fare in modo consistente nel tempo

3. Piccoli cambiamenti nel tasso di apprendimento giornaliero (P5) producono enormi cambiamenti di risultato, mentre cambiare la quantità di lavoro assegnato all’inizio non serve a nulla, oltre a far correre il rischio di un backlog che esplode inizialmente

4. Piccoli cambiamenti di quantità di tempo dedicate all’apprendimento (P4) hanno cambiamenti di risultato enorme

Questo piccolo banale modello mette in luce quello che intuitivamente tutti noi sappiamo: imparare è più efficace che lavorare. Nel senso che il vero lavoro moderno è dedicare tempo ed energie all’apprendimento invece che a ripetere ciò che già sappiamo fare. Poiché oggi ci sono software, robot e servizi a farci da “stampella” per il nostro lavoro, siamo sempre maggiormente portati a cambiare il modo con il quale lavoriamo (apprendimento) andando verso un miglioramento continuo.

Qui sotto avete 3 esempi interessanti del risultato del modello:

1.

grafico1

2.

grafico2
3.

grafico3
Come potete vedere all’aumentare del tempo dedicato all’apprendimento il risultato migliora ma il backlog all’inizio esplode, per poi tornare negativo. Quindi nell’esempio 3, abbassando la quantità di lavoro da fare il giorno 1, si ottiene un backlog gestibile.

Lavorare oggi significa apprendere in modo continuo, senza tregua. E con l’apprendimento continuo si migliora la propria condizione lavorativa.

Ho fatto vedere il modello ai miei collaboratori e discusso con loro. Ho l’impressione che qualcosa sia cambiato nella loro percezione del problema. E voi cosa ne pensate?

Twitter @lforesti