Bitcoin, una bolla per sprovveduti o la valuta antisistema sognata dagli ultraliberisti?

scritto da il 15 Dicembre 2017

Gli autori di questo post sono Gordon Kerr e John Butler, con Enrico Colombatto. La versione originale è stata pubblicata sul sito dell’IREF

Breve panoramica tecnica

Partiamo dalla definizione dei termini «valuta digitale» e «criptovaluta».

Valuta digitale – qualunque valuta che esiste in un registro. Include tutte le valute principali mondiali e anche le criptovalute. Le banconote e le monete sono le forme fisiche di euro, sterline e dollari, che quasi sempre esistono in forma digitale.

Criptovaluta – mentre le valute convenzionali sono emesse da un unico emittente, le criptovalute sono emesse da una rete, detta distributed ledger (registro distribuito). Inoltre, ogni criptovaluta viene generata attraverso un algoritmo creato dal suo autore. L’algoritmo alla base del bitcoin è progettato per rendere la creazione della valuta sempre più costosa, e alla fine fermarsi.

Una criptovaluta, dunque, è come una moneta fiduciaria, con tre differenze: non è stampata su carta, le transazioni sono presentate in forma anonima (nascoste dietro un algoritmo) e sono verificate dalla rete attraverso un «registro distribuito», pubblico. Esistono centinaia di criptovalute, ma il bitcoin è stata la prima e rimane quella più importante.

Il bitcoin è stato lanciato nel 2009 da un autore di nome Nakamoto. L’ambizione era creare una forma di moneta alternativa, superiore alla moneta convenzionale:

Il problema di fondo della moneta convenzionale sta in tutta la fiducia che serve per farla funzionare. La gente deve avere fiducia che la Banca centrale non svilisca la moneta, ma la storia delle monete fiduciarie è piena di casi in cui questa fiducia è stata violata.[1]

Il bitcoin è un sistema in cui non esiste un organismo centrale che autorizza o tiene traccia delle transazioni: queste mansioni sono svolte, collettivamente, dalla rete di sostenitori del bitcoin. Un principio chiave del sistema è che non c’è bisogno di fidarsi che qualcuno, istituzione o individuo, si comporti bene o mantenga le sue promesse: l’unica fiducia richiesta è una fiducia distribuita, la fiducia nella rete. Non ha un punto debole, non può essere distrutto mettendo fuori gioco un singolo individuo o una singola organizzazione. Opera al di fuori del controllo dello Stato. I criminali possono scambiarsi droga usando i bitcoin, i cittadini cinesi possono eludere i controlli di capitale usando il bitcoin come mezzo per convertire renminbi in dollari canadesi detenuti a Toronto.

Il vero Satoshi Nakamoto ha negato di essere il padre segreto e misterioso del bitcoin

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Un elemento fondamentale della posizione dominante del bitcoin nel campo delle criptovalute è che è stato progettato in modo da risolvere il secondo dei due problemi comuni a tutti i sistemi di registro distribuito. Il primo è il problema della sicurezza digitale, cioè come essere sicuri che la persona che sta cercando di trasferire la moneta ne sia effettivamente in possesso. Questo problema viene risolto con firme autenticate digitalmente. Ogni singolo utente ha una chiave pubblica, nota a tutti, e una chiave privata, nota solo a lui. Quando A trasferisce un bitcoin a B, aggiunge la chiave pubblica di B alla moneta e firma digitalmente usando la propria chiave privata. Quando B riceve la somma, può verificare che sia stata usata la chiave privata di A e che il trasferimento sia legittimo e vincolante per A.

L’autenticazione digitale non è una caratteristica esclusiva del bitcoin. Nessun sistema di sicurezza è perfetto: un criminale potrebbe scoprire qual è la chiave privata di A violando il suo sistema informatico o semplicemente puntandogli una pistola alla testa. Il registro del bitcoin è accessibile pubblicamente e il sistema è solo parzialmente anonimo: non è difficile ricostruire i trasferimenti di ogni bitcoin. Tutto questo, ovviamente, significa che i proprietari sono abbastanza vulnerabili: se l’indirizzo elettronico a cui il bitcoin è collegato può essere rintracciato, l’identità del proprietario potrebbe essere scoperta. Probabilmente è più facile di quanto in genere si creda.

Il secondo problema è quello della «doppia spesa», cioè il rischio che A, successivamente, possa cercare di trasferire in modo fraudolento lo stesso bitcoin a C. Dato che manca un’autorità centrale (una banca) che verifichi il trasferimento di A, deve esistere un processo di verifica affidabile, gestito da un numero sufficiente di utenti del sistema, e gli utenti devono essere incentivati.

I trasferimenti sono divisi in blocchi e sottoposti alla verifica dell’intera comunità del bitcoin. Incentivati dalla possibilità di ricevere un certo numero di bitcoin nuovi, i membri della comunità cercano di risolvere problemi matematici complessi sui loro computer. Il vincitore condivide la soluzione con il resto della comunità, che conferma la risposta sulla rete. Ne conseguono due risultati: il primo è che il blocco di trasferimenti in attesa viene confermato; il secondo è che il sistema assegna al vincitore il premio, consistente in un piccolo numero di bitcoin (attualmente 12,5).

Ora è il caso di fornire la definizione di due termini associati al bitcoin:

Mining – in linea con la convinzione dei suoi fan che il bitcoin è «oro crittografico», gli sforzi per risolvere il problema matematico e vincere il premio in nuovi bitcoin sono definiti mining, estrazione;

Blockchain – affinché il processo di verifica funzioni come si deve, è importante che la comunità di «estrazione» sappia in quale ordine sono avvenute le transazioni, altrimenti potrebbe esserci confusione rispetto alla proprietà delle monete. Pertanto, ogni blocco della catena (la blockchain, appunto) include un puntatore che rimanda al blocco precedente.

Il bitcoin ormai è noto al grande pubblico

La tecnologia blockhain è ammirata da molti, al di là della sua associazione originaria con il bitcoin. Il filo conduttore di queste iniziative è la velocità, l’accuratezza e l’eliminazione dei singoli punti deboli, tutte cose che un sistema di registro distribuito può offrire rispetto ai database convenzionali. Vari imprenditori, in tutto il mondo, stanno lavorando agli utilizzi più diversi per questa tecnologia, e si calcola che negli ultimi 12 mesi i fondi di private equity abbiamo investito oltre 1 miliardo di dollari in idee legate al blockchain.

blockchain

Il sistema del bitcoin è stato progettato per rilasciare un blocco di monete ogni 15 minuti dal momento della sua creazione, nel 2009. Attualmente ne esistono circa 16 milioni, e a quanto pare il sistema si fermerà a 21. Il mese scorso, lo strabiliante aumento del prezzo del bitcoin, dai 1.000 dollari di inizio anno a circa 17mila ha attirato una grande attenzione da parte dei media, per lo più positiva. I commentatori cominciano ad accettare la tesi che il bitcoin sia una nuova forma di moneta.

Questo mese due Borse, la Chicago Mercantile Exchange e la Chicago Board Options Exchange, lanceranno dei future sul bitcoin. Questo potrebbe aver contribuito all’ascesa del prezzo della criptovaluta.

I banchieri hanno cominciato a prendere in considerazione il bitcoin, ma non ne sono entusiasti. «Se sei tanto stupido da comprare bitcoin, un giorno ne pagherai il prezzo», ha detto a ottobre Jamie Dimon, l’amministratore delegato della JP Morgan. Anche Paul Donovan, della Ubs, è scettico, perché il bitcoin, come tutte le criptovalute, non ha dietro strumenti di supporto e quindi non può essere considerato come una riserva di valore. Inoltre, non è un «mezzo di scambio largamente usato»[2].

L’amministratore delegato della Goldman Sachs, Lloyd Blankfein, è meno drastico. La sua preoccupazione principale è che non «dà la sensazione» di essere una valuta, vista la sua volatilità di prezzo, con oscillazioni, in certi casi, fino al 20 per cento in un giorno. È «troppo presto» perché la Goldman si doti di una «strategia sul bitcoin».

In compenso, i sostenitori della criptovaluta mettono l’accento sull’elemento «comunitario». Un’azienda può liberarsi di un software che non funziona, una banca d’affari può liberarsi delle sue attività tossiche in tempo di crisi, ma una comunità open source rimarrà fedele al suo progetto. Secondo loro, la comunità che circonda la moneta è la miglior difesa del valore del bitcoin nel medio termine. Ma potrebbe essere anche la maggiore minaccia nel lungo termine, perché c’è sempre la possibilità di dissensi interni. Se un gruppo sufficientemente ampio decidesse di separarsi («biforcarsi») in favore di un progetto nuovo e migliore, il valore del bitcoin potrebbe evaporare in breve tempo a favore di un possibile sfidante. Queste biforcazioni sono già avvenute (il bitcoin cash e il bitcoin gold), anche se non sono riuscite a spodestare l’originale. Una biforcazione futura potrebbe riuscire nell’impresa, perché la blockchain del bitcoin necessita di miglioramenti per gestire i sovraccarichi.

La nostra opinione riguardo al valore del bitcoin

Nonostante il suo successo, la nostra convinzione è che il bitcoin presenta una debolezza fatale. Come ha osservato Doug Jackson, «Tutti i gonzi impressionabili del pianeta (cioè tutti gli opinion leader, veri o sedicenti che siano) stanno saltando sul treno del bitcoin nella speranza di non fare la figura dei retrogradi se dovesse venir fuori che è il nuovo grande affare»[3]. Ma il bitcoin non ha nessun valore intrinseco, e il suo controllo probabilmente è molto meno decentralizzato di quanto viene detto. Inoltre, l’intero progetto si poggia sulla convinzione che il numero di persone che lo accettano come mezzo di pagamento aumenterà e che le persone che possiedono grandi quantità di bitcoin non se ne libereranno, facendone precipitare il prezzo. Insomma, i timori che il prezzo odierno del bitcoin rievochi la bolla dei tulipani del XVII secolo non sono del tutto infondati.

(Traduzione di Fabio Galimberti)

[1] Nakamoto, email del febbraio 2009.

[2] Cit. in Will Martin, There’s a ‘fatal’ flaw in cryptocurrencies which means they can never be real currencies, Business Insider, 30 novembre 2017, disponibile all’indirizzo: http://uk.businessinsider.com/bitcoin-cryptocurrency-ubs-wealth-management-economist-paul-donovan-2017-11?r=US&IR=T.

[3] Doug Jackson, fondatore di E-gold, corrispondenza privata, 2014.